Recensione: Forgotten People
Esordienti su Shark Records questi Hallowed provengono dagli Stati Uniti, ma il nucleo centrale del gruppo rappresentato dal chitarrista e songwriter Ian O’Sullivan è originario delle terre irlandesi. I nostri si affidano a un metal piuttosto veloce e potente, di chiara matrice statunitense, strizzando l’occhio in più occasioni al power metal degli Hammerfall sopratutto nella produzione delle chitarre. Sotto il profilo tecnico questo “Forgotten People” ha poco da invidiare alle produzioni dei gruppi più blasonati della scena metal odierna, il sound preciso e limpido del gruppo emerge nettamente in ogni frangente del platter in modo indiscutibile. A differenza di quanto si potrebbe immaginare gli Hallowed non si affidano a un cantato particolarmente pulito e acuto preferendo un singer dalla timbrica vibrante e decisamente bassa e sporcata, questa scelta si rivela azzeccata ma in certe occasioni scopre diversi difetti e sbavature nell’esecuzione delle parti vocali più tecniche.
Il disco si apre con una, fin troppo lunga, introduzione in gaelico, poi i suoni metallci delle chitarre irrompono con prepotenza aprendo la successiva “Feed the machine” che si rivela un brano ispirato e grintoso, non particolarmente innovativo, comunque una prova decisamente convincente di metal veloce e pesante. Già con la title track i nostri alzano il piede dall’acceleratore sforando una canzone più cadenzata e lenta che non mi convince affatto, qui risento le soluzioni melodiche discutibili dei Maiden di “Virtual XI” e questo dice tutto, in più il brano risulta troppo prolisso e finisce con lo stancare già al primo ascolto. Cambia poco anche con “To see is to believe” dove il gruppo cerca di colpire con un ritornello trascinante ma a causa di evidenti carenze vocali il risultato finale è decisamente mediocre, ancora una volta le chitarre ricordano in tutto il sound degli Hammerfall di “Glory to the brave”. Più convincente e fluida “Seed of hope” si riallaccia ai ritmi veloci dell’opener e grazie a un riffing davvero ispirato non annoia e rialza sensibilmente il tiro del cd, anche le linee vocali risultano molto più bilanciate rispetto alle precedenti. Purtroppo una rondine non fa primavera e “Blind saviour” precipita nuovamente in un refrain prevedibile e sterile poco incisivo, anche i ritmi si allungano e così il gruppo perde in concretezza e cattiveria. La successiva “Impact” si presenta come un brano decisamente riuscito nei primi frangenti ma presto perde tutta la sua verve a causa di passaggi troppo ripetitivi che allungano il brano in maniera impropria rovinando quanto di buoro fin lì era stato composto. Assolutamente anonima “Mask of sanity” ripercorre la falsa riga dei brani meno ispirati del disco e non aggiunge nulla di buono a quanto suonato dal gruppo. Più graffiante, ma nulla di incredibile, “No escape” è una discreta prova di carattere che riporta gli Hallowed su livelli accettabili, in questo caso le linee vocali si allacciano bene alle parti chitarristiche e tutto il brano viaggia in maniera fluida senza annoiare. La chiusura del disco è affidata alla brutta “End of time” che oltre a essere poco riuscita sotto il profilo compositivo è pure allungata in maniera eccessiva e quindi finisce per lasciarti lì a guardare il display dell’hi-fi sperando che l’ascolto finisca al più presto.
Insomma non ci troviamo di fronte a un esordio di cui essere particolarmente fieri, direi proprio che non vale la pena di sprecare soldi per far vostro questo platter. In ogni caso il gruppo potrebbe in futuro migliorare la sua produzione puntando decisamente su un sound più personale e su un song-writing molto più incisivo, al momento sono troppe le lacune artistiche di questo disco.
Tracklist:
1. Caoineadh/Lament
2. In The Beginning
3. Feed The Machine
4. Forgotten People
5. To See Is To Believe
6. Seed Of Hope
7. Blind Saviour
8. Impact
9. Mask Of Sanity
10. No Escape
11. End Of Time