Recensione: Fortitude
Imagine your guardian ghost deep within your heart that guides you through this darkening world, your Spirit of the Future Sun.
Con il moniker basato su un’antica leggenda cinese, che tuttora si tramanda di generazione in generazione, i tedeschi Spirit Of The Future Sun giungono, dopo dieci anni esatti di carriera, al traguardo del secondo full-length, intitolato “Fortitude”.
Il genere? Modern melodeath, cioè la versione 2.0 del melodic death metal. Certamente la 1.0 è tuttora valida, e ci sono comunque band dal livello eccezionale, nel cimentarsene. Ma il tempo scorre inesorabile e allora, come avviene in tutti i campi delle attività umane, l’evoluzione assume carattere ordinario. Musica compresa. Che, trascinata nel caso specifico dal melodic metalcore, ha subito un leggero depotenziamento e un discreto arricchimento armonico, nel passaggio dall’uno all’altro dei su citati tipi.
Gli Spirit Of The Future Sun, comunque, pestano ancora ben sodo e, in certe occasioni, rare, non disdegnano di varcare i territori dei blast-beats, come in ‘Letters from Cancer Mainlands’; oppure di accelerare sui ritmi classici del gothenburg metal à la In Flames, come invece in ‘When the Link Becomes Missing’. Tuttavia, i cinque di Alfdorf prediligono le forme meno veementi, quindi più ragionate anzi maggiormente dedicate all’introspezione, come accade nella stupenda ‘Imitation of Life’, dolcissimo mid-tempo accarezzato dalla meraviglia di un coro di bambini. L’umore, si percepisce, è triste e malinconico, e, ciò, proprio, per l’idea di aver pensato a dei bimbi, per riprendere il leit motiv della song. Song, che, comunque, mantiene una rudezza non indifferente, data dal DNA death insito della formazione del Baden-Württemberg.
Probabilmente l’origine teutonica dell’ensemble aiuta la sfumatura romantica, melanconica, che si coglie nei vari brani del platter come per esempio in ‘Architects of God’. Come tutti i pezzi, esso presenta un ritornello catchy, tuttavia il mood complessivo della composizione non sfugge praticamente mai da una vaga mestizia che, apparentemente, non si spiega se non rimandando all’ereditarietà culturale dei popoli.
Mood che diventa addirittura buio, oscuro nella conclusiva ‘Crystal Mountain’, ma non poteva essere altrimenti, giacché trattasi di una cover dei Death. In ogni caso, per riproporre in maniera così personale e riuscita la canzone di una band così incisiva, nella Storia del metal, occorre possedere, dentro, le corde giuste per suonarla. E, i Nostri, le hanno.
Manca, in “Fortitude”, ancora, la necessaria compattezza del songwriting, leggermente altalenante nel proporre segmenti decisamente riusciti in tutti, ad altri più anonimi e fiacchi. Così, diventa un po’ difficile assimilare lo stile personale degli Spirit Of The Future Sun, al momento ancora acerbi e bisognosi di trovare la vera, giusta via del proprio percorso artistico.
Ma, come più su scritto, Aiko Semler e i suoi compagni hanno, in sé, tutto quanto necessario per riuscire bene. Si tratta, forse, solo di tempo. In fondo, il famigerato terzo full-length, quello della consacrazione o dell’oblio, ha ancora da venire.
Daniele D’Adamo