Recensione: Forward & Beyond

Di ShredderManiac - 20 Giugno 2004 - 0:00
Forward & Beyond
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Anno: 2004
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Vitalij Kuprij rappresenta per me qualcosa di estremamente affascinante. Si tratta di un fenomenale pianista classico, appena trentenne, vincitore fin da bambino di innumerevoli concorsi pianistici, che normalmente se ne va in giro per il mondo a suonare Bach, Chopin, Liszt, Mozart, etc., e nei ritagli di tempo tra lo studio ed i concerti si dedica alla musica rock di chiara ispirazione neoclassica. Io fui letteralmente fulminato dal primo lavoro intitolato “High Definition” dove mi imbattei in questa specie di mostro che faceva coppia con un altro simile alla chitarra, uno tra i miei preferiti di sempre, quel genio di Greg Howe. Ma quel disco non era semplicemente un capolavoro squisitamente tecnico, era pieno di idee, farcito delle più accattivanti melodie che io abbia mai ascoltato. Di lì è iniziata una sorta di deriva musicale del nostro pianista ucraino cominciata col secondo album “Extreme Measures” e proseguita col terzo “VK3”, dove il titolo stesso mostrava la pochezza di idee del prodigio Kuprij, con temi ridondanti e prolissi, nel quale c’era uno spento Tony Macalpine alla chitarra costretto a snocciolare i soliti licks malmsteeniani triti e ri-triti, in cui infine la produzione era veramente scarsa con dei suoni pessimi. Ed io lì a chiedermi come sì tanto talento potesse sprecarsi in un opera così riduttiva. Quindi questo quarto lavoro “Forward & Beyond” doveva suonare alle mie orecchie come un riscatto, una sorta di rivalsa. Invece mi ha lasciato quella penosa sensazione di ottima occasione sprecata.
Per questo suo album Vitalij non si è servito di un unico chitarrista, bensì addirittura ne ha convocati otto, uno più bravo dell’ altro: George Bellas, che già aveva suonato con lui in “Extreme Measures”, Michael Romeo, che non ha bisogno di presentazioni, Michael Harris, che suona in 2 pezzi, Jeff Kollman, che normalmente è più impegnato in ambito fusion, Javier Leal, discepolo messicano di Bellas, Roger Staffelbach, che suona con Kuprij negli Artension, il nostro Francesco Fareri, uno shredder ormai di rilievo mondiale, e Borislav Mitic, che proviene dalla Serbia e si ispira alla vecchia scuola neoclassica. Ora nonostante questo esercito di axemen il suono di chitarra però sul disco appare fin troppo stereotipato, nel senso che è piatto, non coglie le differenze tra i diversi esecutori, sembra appartenere sempre alla medesima persona; quindi ci ritroviamo con il paradosso di avere 8 chitarristi che suonano come uno solo! Quindi se il desiderio di Kuprij era di uniformare il suono di chitarra, qual’ è il senso di mettere tutti questi fenomeni in vetrina? Inoltre quest’ album, a differenza di tutti i precedenti, manca di un batterista, cosicchè lo strumento è programmato dallo stesso Kuprij, anche bene se vogliamo, ma innegabilmente una batteria campionata, nel contesto di una musica così magistralmente suonata, appare quanto mai estranea ed indigesta. La produzione ha anche i suoi pregi innegabili però. Il suono delle tastiere, che Kuprij ha modificato addolcendolo, nonché del piano acustico, mi sembra assolutamente perfetto, anche se questo accentua il contrasto stridente con gli altri strumenti.
Il primo pezzo, la title-track Forward & Beyond, dove troviamo George Bellas alla chitarra, presenta ottime idee nella sua stesura e questa per me è stata una dolce scoperta. Certo all’ apertura l’ascoltatore viene subito investito da muro di note, così da capire di che pasta è fatto il disco, ma un soave tema dominante, che il tastierista riprende più volte nel corso dei quasi sei minuti del brano, contribuisce ad addolcire l’ impatto e a stemperare la spigolosità dei botta e risposta chitarra/tastiera. Nel seguente Piano Overture c’è Michael Romeo che si adopera alla chitarra. Il pezzo è una rivisitazione da parte di Kuprij del terzo movimento della Moonlight Sonata #14 composta da Beethoven. Il risultato che ottiene il tastierista è veramente brillante, grazie anche all’ aiuto di Romeo che tra tutti i chitarristi, insieme a Kollman, è quello che maggiormente lascia il suo segno nelle armonizzazioni con cui accompagna la tastiera di Vitalij. Mi sembra che, quando il nostro autore si trova a comporre e a suonare su di una partitura già scritta, il risultato che se ne ottiene all’ ascolto sia nettamente migliore. E così anche quello del chitarrista che lo affianca. Così infatti è in questa traccia, come pure nella quarta Variations In D Minor che è una variazione sul tema della sinfonia di Mozart #40 in sol minore K550. Alla chitarra qui troviamo Jeff Kollman che certamente non può essere considerato un axeman neoclassico, come i precedenti, e che pure è quello che probabilmente interpreta meglio la parte che gli è data da suonare.
Altro pezzo molto interessante è il settimo Solar Impact con un Michael Harris aggressivo e diretto, dove la tecnica è finalizzata a suonare musica e non solo ad eseguire esercizi circensi sugli strumenti. L’ altra traccia in cui suona Harris, Time Will Tell, è meno brillante, le soluzioni melodiche assomigliano troppo a quelle del primo pezzo, il refrain di tastiere è scontato, sa molto di già sentito, e nel suo complesso risulta eccessivamente prolissa. Così anche la nona traccia Message Of Hope mi sembra poco pensata e molto riempitiva: le trades-off che eseguono Fareri, Mitic e Staffelbach rendono giustizia solamente alle loro capacità pirotecniche con la sei corde, soprattutto quelle del primo, ma il brano è freddo, senz’anima. Molto bella anche la quinta fatica dell’ album, Far From Home, più intimistica e riflessiva, alterna temi puramente neoclassici a ritmiche più prog.
L’ operato di Javier Leal alla chitarra in questo brano mi appare leggermente inferiore a quello dei suoi colleghi. Le altre piste dell’ album danno modo a Vitalij Kuprij di far capire a che genere di artista ci troviamo di fronte. Si tratta di esecuzioni sul pianoforte di pezzi propri, oppure di temi classici cari all’ autore ri-visitati, come nella splendida ultima traccia Idol Tribute. La tecnica è mirabile, non c’è nulla da dire.
Se fosse solo per le capacità puramente tecniche Kuprij non andrebbe valutato, o meglio io non sarei degno di valutarlo. Ma un musicista deve lasciare il segno anche per le emozioni che è in grado di suscitare, e deve essere giudicato per quanto vicino all’ arte riesce ad arrivare. Quest’ album mi si è presentato con luci ed ombre. E’ comunque un passo in avanti rispetto al precedente. La produzione è senz’ altro da migliorare. Poi la mia opinione è che l’ autore dovrebbe concedere più spazio interpretativo, se non proprio nella stesura dei singoli pezzi, ai chitarristi che lo coadiuvano, come avveniva nel primo album, dove la chitarra era in primo piano e c’era una produzione mirabile curata dallo stesso Greg Howe. In questo disco c’ erano bei pezzi che con la giusta collaborazione di musicisti del calibro di Romeo e Kollman sarebbero potuti divenire ottimi. E qui sta secondo me l’ occasione mancata.

Tracklist:

  1. Forward & Beyond (5:40)
  2. Piano Overture (5:37)
  3. Time Will Tell (6:50)
  4. Variations In D Minor (5:02)
  5. Far From Home (6:32)
  6. Phantom Flurries (1:06)
  7. Solar Impact (5:02)
  8. Illusions (2:57)
  9. Message Of Hope (5:54)
  10. Idol Tribute (6:47)

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