Recensione: Four Letter Word
Anche ai fuoriclasse, capita di sbagliare.
No, non stiamo parlando dei Silent Rage, simpatica combriccola di rockettari, attivi sin dal 1985 ed autori, sin qui, di quattro album. Almeno, non in riferimento ai fuoriclasse…
L’errore di valutazione questa volta, lo ha commesso la nostra benemerita Frontiers Records, responsabile dell’immissione sul mercato di un disco che, sfortunatamente, ha ben poco a che vedere con l’alto standard qualitativo raggiunto da tempo dalla label partenopea.
Parliamoci onestamente senza troppi preamboli: “Four Letter Word” è un vero e proprio giro a vuoto, il classico dischetto che si ascolta tre o quattro volte inseguendo il miraggio di carpire qualche spunto godibile e poi, persa la speranza, si abbandona a se stesso nella polvere del più remoto scaffale.
Un vero peccato, perché qualche segnale positivo era ravvisabile e lasciava sperare in ben altri risultati. La presenza di ospiti di caratura elevata ad esempio, segnatamente Bobby Blotzer e Bruce Kulick nel ruolo di guest e di Gilby Clarke dietro al mixer. Ma soprattutto l’anteprima di un pezzo, la title track del platter, che era sembrato piuttosto buono ed era apparso nella compilation promozionale di casa Frontiers qualche mese fa, pezzo poi rivelatosi come uno dei pochissimi highlights dell’intera scaletta.
Cosa non va sostanzialmente?
Su tutto, più grande ed evidente motivo di critica, il songwriting. Canzoni poco ispirate, prive di mordente e, in una sola parola, noiose, aspetto questo, già più che sufficiente a far intendere lo scarso valore del disco.
Brani come “Man Or Machine”, “Trouble”, “Feel My Love”, “Sinister Man” e “I’m not Lonely”, infatti, non sollevano l’animo più di tanto e non divertono, mancano del giusto approccio ed offrono cori ben poco efficaci e per nulla memorabili, chiedendo, dopo un paio di ascolti appena, l’utilizzo forzato del tasto “skip”.
Non particolarmente più ficcanti i restanti episodi, lontanissimi da un qualsivoglia profilo d’eccellenza e perpetuamente assestati su di un hard rock di mediocre e scialbo livello, disperso su stilemi banali e ripetitivi pur se dotati di un barlume d’energia, tale da farli preferire ed accettare come i migliori del lotto.
Unico pezzo ben fatto, guarda caso, la title track di cui sopra, traccia meglio assortita e confezionata dell’intero panorama.
Salvano in parte il disco, il discreto lavoro di Clarke in sede di produzione e l’attitudine, patrimonio della band americana sin dagli esordi (decisamente migliori di questo scolorito ritorno), scanzonata, senza pretese ed abbastanza genuina, fattori questi, comunque insufficienti per garantire il successo all’operazione.
In buona sostanza, “Four Letter Word” appare come un disco poco convincente e farraginoso su cui sarebbe forse uno spreco investire risorse che potrebbero essere spese meglio.
Se proprio volete informarvi sul gruppo, meglio dare un ascolto ai primi album, quelli targati eighties.
La qualità, sebbene non da capogiro, era comunque nettamente superiore.
Tracklist:
01. You Could Be The One
02. Four Letter Word
03. Man Or Machine
04. Feel My Love
05. Close Your Eyes
06. Sinister Man
07. Hard Habit To Break
08. Nobody Knows
09. Bona Fide
10. I’m Not Lonely
11. Trouble
Line Up:
EJ Curse – Voce / Basso
Jesse Damon – Chitarra / Voce
Mark Hawkins – Chitarra / Voce
Rodney Pino – Batteria / Voce
Bruce Kulick – Chitarra
Bobby Blotzer – Batteria