Recensione: Fragments Of D-Generation
E’ completamente inutile girare intorno a un discorso tanto semplice: I Disarmonia Mundi, come chi di voi già li conosce sa benissimo, sono palesemente ispirati alla scena Thrash / Death svedese, in primis a Soilwork e simili. Non sono granchè originali e sono l’ennesimo gruppo Scarlet a cimentarsi in tale campo. Ma ascoltando il Cd non si può non ammettere che questo gruppo ha una marcia in più: sanno suonare e hanno grinta da vendere, nonchè alcune buonissime idee. Insomma, per quanto le somiglianze con altri nomi più famosi siano ovvie, non è possibile definirli un gruppo clone: e in quello spazio di dissimilarità che si sono ritagliati hanno saputo inserire tutto il necessario per fare un leggero salto di qualità.
L’impatto iniziale gioca su due fronti opposti, uno negativo e l’altro positivo. Al primo ascolto infatti si attraversano momenti in cui viene quasi da irritarsi per la palese ispirazione all’abusato sottogenere, con tanto di clichè in posizione dominante. Ma allo stesso modo vengono subito captati quegli stacchi killer su cui il gruppo ha saggiamente puntato. Impossibile poi non rimanere almeno parzialmente colpiti dalla melodicità di alcuni ritornelli, che viaggiano sempre da perfetti equilibristi sul confine “banale / gradevole”. Come un po’ tutto il cd: vi è una continua tensione tra il rigetto per la mancanza di originalità e l’esaltazione di alcune parti sinceramente accattivanti. Ci troviamo davanti al classico caso in cui la verità sta nel mezzo. Parlare di capolavoro è avere le fette di salame sugli occhi, ma, allo stesso modo, non rimanere colpiti dalla violenza di “Common State Of Inner Violence” è ottusaggine sul fronte opposto.
Parlando dei punti negativi potrei citare l’abuso della classica struttura che alterna strofe incazzate e ritornelli melodici. Alla lunga l’impressione è che il gruppo abbia fatto di questa impostazione un dogma. Non voglio con questo implicare che le canzoni siano uguali dalla prima all’ultima; sicuramente una somiglianza di fondo c’è, ma spulciando le 10 tracce si trovano episodi piuttosto eterogenei. Passando con questo anche attraverso momenti un po’ piatti (“Oceangrave” o “Come Forth My Dreadful One“) e altri molto buoni (la già citata opener o “Colors Of A New Era“). E’ poi efficace l’uso che il gruppo fa di alcuni sampler: molto discreti, assolutamente in secondo piano rispetto alle strutture portanti delle canzoni, sono una finezza che sottolinea intelligentemente certi passaggi. Finezze un po’ in contrasto con alcuni momenti allegrotti che possiamo trovare, per esempio, all’inizio di “Quicksand Symmetry“.
Lavoro dunque da considerare con estrema attenzione per tutti gli amanti di questo filone; un filone che sembra invadere sempre più l’intera scena, ma che stenta a rinnovarsi. Fragments Of D-Generation in tal senso non si può certo elogiare, visto il modo cocciuto con cui si impunta sul già sentito. A questa considerazione fa fronte la grande capacità dei musicisti, che spiazzano per l’estrema professionalità. Se quest’album fosse uscito 5-6 anni fa sarebbe stato azzardato non riconoscerne la grandezza; ma siamo nel 2004, e di acqua sotto i ponti ne è già passata parecchia… Questo giustifica la mia (relativa) severità nel voto finale. Un buon lavoro, ma viste le potenzialità è ben altro quello che è lecito aspettarsi dai Disarmonia Mundi.
Matteo Bovio