Recensione: Fragments of Death

Di Tiziano Marasco - 6 Luglio 2012 - 0:00
Fragments of Death
Band: Graveworm
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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70

Ridendo e scherzando i Graveworm, gruppo altoatesino fondato sul finire dei Novanta, ha raggiunto il traguardo dei quindici inverni di attività. Ed egualmente, con questo “Fragments Of Death”, si presenta in ottima forma al traguardo del settimo album.
Gruppo interessante i Graveworm, che anni addietro aveva dato alle stampe due full length davvero affascinanti come “Scourge Of Malice” ed “Engraved in Black”, impostati su un gustoso black metal atmosferico che mischiava i Dimmu Borgir più leggeri, quelli di Puritanical Euphoric Misantropia, ed i Cradle Of Filth meno pacchiani (quelli di Midian), per un risultato non certo originale ma qualitativamente notevole.

Ora il gruppo di Brunico, col passare del tempo, ha continuato ad evolversi in maniera costante ed è oramai arrivato ad un death/black metal dalle vaghe tinte gotico-atmosferiche che si rifà molto da vicino agli ultimi Behemoth, con vaghi echi di Dark Tranquillity.
“Fragments Of Death” è un disco di canzoni energiche, montate su riff massicci, rapidi e martellanti. In tal senso la grandine sonora di “Insomnia“, opener del disco, è un esempio più che sontuoso, sviluppata com’è su drumming burrascoso e chitarre a zanzara; per le manifeste citazioni ai blackster polacchi si ascolti poi “The World Will Die In Flames”, mentre i deathster di Svezia emergono prepotenti in “Living Nightmare”.
Canzoni energiche e pestate, che conservano al contempo un songwriting solidissimo ed un gusto per la melodia di facile presa, con giri di chitarra che rimangono in testa sin dal primo ascolto. “See No Nature” e “Forgotten Song” sono altri due brani che conquistano sin da subito, sviluppandosi su un giro di base ripetuto all’infinito, risultando vincenti ed impossibili da ignorare. Notevole poi la maturazione di Stefan Fiori, che ormai padroneggia signorilmente sia il growl tipicamente death che lo howl proprio del black sinfonico, utilizzato sin dagli inizi, passando dall’uno all’altro senza particolari problemi.
Dall’altro lato, permangono le ottime tastiere atmosferiche, che vanno anche a costituire un buon passaggio di clean vocal femminili su “Anxiety“, o creano un’oasi idilliaca come “The Prophecy”, unico episodio strumentale ed unico momento di requie del lotto.
Proprio su “The Prophecy” l’evoluzione degli altoatesini risulta lampante. Nelle uscite nominate in precedenza, infatti, il gruppo si manteneva comunque distante dagli standard del black/ death italico. Non che si voglia aprire una parentesi sull’argomento ma, complice probabilmente la provenienza semi austriaca dei nostri, infatti, “(N)utopia” ed altre dischi avevano un respiro marcatamente europeo, che se da un lato garantiva al gruppo una certa vetrina internazionale, dall’altro ne rendeva un poco anonima la proposta, escludendo passi mirabilmente riusciti come la splendida cover di “Fear Of The Dark”.
Ora il quintetto si è arricchito di quelle atmosfere a volte conservatoriali, spesso e volentieri gotiche, malinconiche e decadenti, che caratterizzano buona parte dei gruppi metal estremi di casa nostra, dai Novembre ai Dismal e agli Hortus Animae.

Insomma, una volta ritagliatisi il loro spazio, i Graveworm si confermano una delle più piacevoli band di casa nostra e con “Fragments Of Death” proseguono su una carriera onestissima ed impeccabile. Probabilmente non svilupperanno mai un loro sound peculiare ma saranno sempre in grado di regalare ottima musica agli appassionati del genere.

Tiziano Marasco


Line up:
Stefan Fiori – Voce
Martin Innerbichler – Batteria
Florian Reiner – Basso
Stefan Unterpertinger – Chitarra
Eric Righi – Chitarra

01. Insomnia
02. Only Death In Our Wake
03. Absence Of Faith
04. Living Nightmare
05. The World Will Die In Flames
06. Anxiety
07. See No Future
08. The Prophecy
09. Remembrance
10. Old Forgotten Song
11. Where Angels Do Not Fly

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