Recensione: Fragments Of Lust & Decay
Nati nel 1990 dalle menti di Fredrik Wallin e Melker Ryymin (rispettivamente cantante e bassista) e provenienti dalla lontana e fredda Svezia, gli Equinox Of The Gods si formano con l’intento di comporre un certo tipo di musica che si distaccasse da quelli che sono i trend correnti. Il nome della band e la maggior parte delle ispirazioni per i testi vengono tratte dalla figura dell’occultista britannico Aleister Crowley. Le esibizioni live sono spesso considerate come un qualcosa più di un comune concerto; il gruppo si sforza sempre di dare al pubblico un’esperienza che include l’impatto visivo con l’aiuto di spettacoli pirotecnici, scenari ricreati sul palco e costumi di scena. L’esordio discografico avviene nel 1992 con la pubblicazione del primo demo autoprodotto intitolato Songs From The Hill Of The Heartless Giant. Il vero è proprio salto di qualità arriva nell’anno 1996 con la pubblicazione del primo studio album Images Of Forgotten Memories, seguito nell’anno dopo dal secondo Fruits And Flowers Of The Spectral Garden. Il terzo album, Where Angels Dare Not Tread, viene ultimato nel 1999, ma per problemi legati all’etichetta discografica, viene immesso sul mercato solo nel tardo 2002. Nell’anno 2007, la band torna alla ribalta con Fragments Of Lust & Decay, uscito per la greca Burning Star Records.
Stravagante, teatrale e terribilmente affascinante: ecco come può essere definita questa nuova fatica degli Equinox Of The Gods. I testi rimangono sempre incentrati su arti magiche e occultismo in una versione poetica e decisamente accattivante; atmosfere grottesche ed evocative vanno a contraddistinguere un sound che si può accostare ai lavori dei lovecraftiani The Vision Bleak o ai Moonspell in una versione ancora più cattiva e tenebrosa. La voce possente del carismatico Fredrik Wallin guida agevolmente il lavoro del resto della band in un turbine fatto di arti magiche e visioni oscure che prende la forma di tracce che si alternano agilmente fra momenti più diretti e parti più tranquille ed evocative. Se da un lato abbiamo la voce di Fredrik a guidare le danze, dall’altro vi è la supremazia più totale delle tastiere, le quali sono il vero elemento dominante all’intero delle composizioni della band.
Già le iniziali The Wrath Of Angels e The Boy Who Dances With Ghosts accolgono l’ascoltatore con grinta e teatralità dove la voce urlante di Wallin va ad adattarsi perfettamente sulle sinfonie dal sapore nettamente gotico ricreate dall’ottimo lavoro delle tastiere. Se le prime due tracce mettono in mostra il lato più aggressivo del combo svedese con una serie di riff violenti che strizzano l’occhio al death metal scandinavo, la terza The Needle Twins rallenta la marcia spostandosi su territori decisamente più doom-oriented senza tralasciare quella componente sinfonica che caratterizza quello che è il vero marchio di fabbrica della band. Il resto della tracklist è un continuo alternarsi fra brani più diretti e parti più tranquille e riflessive; se la successiva Opus Umbrarum scorre violenta ed epica, investendo l’ascoltatore con un muro sonoro ricreato dall’ottimo lavoro delle chitarre, sempre pronte a dare man forte agli inserti operistici delle tastiere, le pregevoli The Ravens Flies e Until The Light Of Day ritornano a stabilizzarsi su quei territori più lenti ed evocativi tanto cari a Candlemass e simili. Più si và avanti nello scorrere delle tracce del disco e più ci si trova di fronte ad una band capace di osare e lasciarsi andare a sperimentazioni degne di nota; pregevoli gli inserti di voce femminile nella nuova versione di Necropolis (brano originariamente proposto nel primo disco della band), oppure l’uso del sassofono nella splendida Stigmata MMVII; il tutto a mettere in bella mostra le grandiose abilità compositive del gruppo svedese. Nessun calo si può registrare nei restanti brani che ci trascinano verso il finale riservato all’apocalittica No Life; traccia di una lentezza esasperante, caratterizzata da una serie di riff di chitarra semplici, melodici ed ossessivi.
Gli Equinox Of The Gods continuano a percorrere imperterriti la propria strada senza troppo badare all’evoluzione di un sound già abbastanza originale e affascinante, ma concentrandosi sopratutto sulla qualità media delle singole tracce e su un songwriting che è riuscito a raggiungere livelli eccellenti. Fragments Of Lust & Decay non è di certo un capolavoro, sia chiaro, ma risulta essere ugualmente un prodotto di valore e ben suonato, che si lascia apprezzare anche dopo una dose più sostenuta di ascolti.
Angelo ‘KK’ D’Acunto
Tracklist:
01 The Wrath Of Angels
02 The Boy Who Dances With Ghosts
03 The Needle Twins
04 Opus Umbrarum
05 Necropolis (Revisited)
06 The Ravens Flies
07 The Invisble
08 Stigmata MMVII
09 Until The Light Of Day
10 No Life