Recensione: Fred & The Living Deads

Di Stefano Burini - 24 Agosto 2014 - 14:33
Fred & The Living Deads
Etichetta:
Genere: AOR 
Anno: 2014
Nazione:
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75

L’apparenza inganna. Un popolare detto con cui di solito si indicano persone, oggetti e situazioni che, a dispetto delle apparenze, sotto sotto nascondono in realtà più di quanto non sia dato scorgere ad una prima occhiata.
 
Un detto che si applica alla perfezione ai francesi Fred & The Living Deads, band originaria di Sarre-Union -Alsazia – e dedita, nonostante un monicker che lascerebbe pensare di prim’acchito a tutto il filone schock rock, da Alice Cooper a Rob Zombie, ad un Heavy/AOR di grande pregio. Ascoltando i pezzi contenuti nell’omonimo EP di recente pubblicazione, il primo nome che vi balenerà in testa sarà certamente quello dei Magnum, mentre il coté orrorifico rimarrà confinato alle sole liriche. I transalpini paiono, in effetti, aver assorbito al 100% la grandeur melodica, “spaziale” e raffinatissima, tipica della band di Tony Clarkin e, sostenuti da un’ispirazione non da tutti, sciorinano una sestina di pezzi che non sfigurerebbero su capolavori quali “Vigilante” e “On A Storyteller’s Night”.
 
La somiglianza è certamente agevolata dalla timbrica e dallo stile di canto di Fred Laboudka (colorato anche da qualche leggera inflessione à la Klaus Meine), davvero davvero degna di rivaleggiare con quella del grandissimo Bob Catley, il resto lo fanno canzoni sorrette da melodie da mille e una notte e da arrangiamenti elegantissimi. Su tutte vale la pena di citare le favolose “Strawberry Joe” e “Live My Life”, senza tuttavia dimenticare gli accenti più contemporanei della superba “Shelter” o dell’opener “Fever”, nelle quali il lato più epic della musica dei francesi viene fuori in maniera a dir poco prepotente.
 
L’ottima chiusura riservata a “Compare You To Me” e “Infection” lascia addirittura l’amaro in bocca: peccato poter godere di una tale qualità di songwriting ed esecuzione per soli venticinque minuti scarsi; la durata di un EP che, pur non inventando nulla di nuovo, lascia ben sperare, in ottica futura, i fan di queste sonorità. Consigliatissimo.

Stefano Burini

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