Recensione: Free

Di Fabio Vellata - 27 Maggio 2006 - 0:00
Free
Band: O.S.I.
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 2006
Nazione:
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80

Ha un seguito il progetto progressivo – avanguardista di Kevin Moore e Jim Matheos, già presenti sul mercato qualche anno fa con un primo, omonimo, album della loro multiforme creatura intitolato semplicemente O.S.I., acronimo di “Office Of Strategic Influence”.

I puristi e gli amanti della tradizione saranno già fuggiti su altre pagine e ad altri argomenti: anche questa volta infatti, come già nel primo platter, siamo alle prese con una concezione musicale di “confine”, che difficilmente si incatena ad una prospettiva univoca o facilmente interpretabile, a tutto vantaggio di una modalità di espressione che lascia libero spazio alla creatività degli artisti ed al loro modo di comunicare.

L’entità chiamata O.S.I. deriva in effetti da due personaggi particolarmente singolari, che mai hanno permesso alla forma “musica” di prendere il sopravvento sul loro estro, conducendoli a manifestazioni troppo “commerciali” o prive di personalità. Kevin Moore, è ai più noto per essere stato sino al 1994 il tastierista della più famosa heavy – prog (o come vogliate chiamarla) band presente oggigiorno sul pianeta, i Dream Theater, abbandonata senza alcun rimorso l’indomani del successo planetario di “Awake” per seguire le proprie “voglie” sperimentali, sfociate dapprima nelle soluzioni ambient dei Chroma Key e quindi nei qui presenti O.S.I., passando per recenti comparizioni in forza ai “cugini” Fates Warning.
Dai Fates Warning giust’appunto chiamati in causa proviene invece Jim Matheos, l’altro deus ex machina del combo, una vita spesa al servizio del genere progressivo – metallico più ricercato ed intransigente.

La risultante è, come già ascoltato nel precedente album, una perfetta miscellanea tra le due individualità artistiche. Una componente ambient – avanguardista in stile Chroma Key, risalente a Moore, mitigata nei propri impulsi cerebrali ed astratti dal chitarrismo tipicamente heavy di Matheos, in un dualismo che così assortito ha l’ardire di prendere come punti di riferimento atmosfere addirittura pinkfloydiane, frammiste ad umori dark dal vago sentore decadente e dall’incedere talvolta ipnotico.
Funzionale in tal senso la voce di Moore, come già nei Chroma Key, recitativa e quasi sommessa, perfettamente integrata nel muoversi sinuoso e stordente delle trame musicali.

Come facile intuire, il disco non è dunque un distillato di sensazioni dall’impatto divertito o brillante; la narrazione ci racconta di immagini plumbee e brumose, con riferimenti industrialoidi (I Pitchshifter di “Desensitized” emergono ad esempio dall’iniziale “Sure You Will”) in alcuni frangenti, o più semplicemente affini alla produzione recente dei Fates Warning ( lo sperimentale “A Pleasant Shade Of Grey” e “Disconnected” su tutti) in altri episodi.

Abbiamo così brani dalla veemenza più metallica come “Free”, “All Gone Now” e “Better”, sempre però filtrati da un stile proprio e fuori dagli schemi, e situazioni dal profilo decisamente più astratto e sfuggente come “Go”, “Kicking”, “Home Was Good”, “Simple Life” e “Once”, a cavallo tra modernismi electronic-ambient, sprazzi meditativi a la Pink Floyd e riferimenti a qualche corrente modern rock di più ampio richiamo.

Difficile non lasciarsi affascinare.
Il titolo del cd è già di per se un manifesto programmatico ed insieme un avvertimento agli eventuali ascoltatori.
“Free”, libero, come il concetto di musica espresso in un prodotto dalla natura cangiante e ricchissima di sfaccettature.
“Free”, libero, come libera deve essere la mente di chi si pone all’ascolto di un disco di questa natura per poterne godere appieno, cogliendone sfumature, echi ed immagini.

Musica intesa come arte, o elucubrazioni fini a se stesse prive di significato ed identità?
Personalmente propendo per la prima ipotesi, ma lascio ad ognuno la libertà, come da titolo, di scegliere e decidere in merito.

Un ultima cosa.
Sono della partita in qualità di semplici esecutori anche Mike Portnoy alla batteria e Joey Vera al basso, sezione ritmica pure in questo caso derivata dall’accoppiata Dream Theater – Fates Warning.
Ricordo anni fa, quando capitava a volte di discutere su cosa avrebbe potuto nascere dalla fusione dei due gruppi. Sicuramente qualcosa di geniale e inconsueto.
Qualcosa esattamente come gli O.S.I.

Tracklist:

01. Sure You Will
02. Free
03. Go
04. All Gone Now
05. Home Was Good
06. Bigger Wave
07. Kicking
08. Better
09. Simple Life
10. Once
11. Our Town

Line Up:

Kevin Moore – Voce, Tastiere, Programming
Jim Matheos – Chitarra, Tastiere, Programming
Joey Vera – Basso
Mike Portnoy – Batteria

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