Recensione: Free Spirit Soar

Di Stefano Ricetti - 13 Maggio 2024 - 8:28
Free Spirit Soar
Band: Warlord
Etichetta: High Roller Records
Genere: Epic 
Anno: 2024
Nazione:
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80

Come la mitica Araba Fenice, Warlord rinasce per l’ennesima volta dalle proprie ceneri grazie alla perseveranza del geniale drummer Mark Zonder.

Questo nonostante la prematura morte avvenuta nel 2021 del mastermind William J. Tsamis, comunque autore di gran parte del materiale presente in Free Spirit Soar che fin dall’iconica cover richiama l’incommensurabile Deliver Us, capolavoro assoluto dell’epic metal targato 1983.

Il trittico iniziale “Behold a Pale Horse” ,”The Rider” e “Conquerors“, contenuto nell’album griffato High Roller Records richiama infatti proprio l’inarrivabile debutto, sia nel sound che nell’assunto sonoro: la prima è purissimo epic metal old litteram graziato dal drumming di  Zonder, dal riffing guitar simil Tsamis del nuovo arrivato Eric Juris davvero bravo nel riprodurre il sound del maestro, senza dimenticare l’ottima prova del nuovo singer Giles Lavery che si ripetono pure nel brano successivo che, pur conservando il magico imprinting di Deliver Us, è assai più dinamica nel solenne incedere heavy epic che si sublima nella veloce ma sempre elegantissima “Conquerors“.

Immaginatevi l’entusiasmo del vecchio scribacchino, per l’occasione riesumato dal ricovero, a cotanto inizio,  sennonché la seguente “Worms of the Earth” raffredda almeno in parte lo slancio emotivo, in quanto, pur se buona è davvero troppo pomposa e satura d’enfasi per i miei gusti. “The Watchman” risolleva il tutto riportando sulle coordinate sonore del sacro trittico iniziale, grazie alle improvvise accelerazioni che caratterizzano l’ispiratissimo refrain, anche se il singer, pur bravo, ricorda un po’ troppo  Joacim Cans, dallo scrivente mai sopportato in ambito Warlord. Per la cronaca il resto della formazione si completa con Philip Bynoe al basso e Jimmy Waldo alle tastiere.

Free Spirit Soar” è invece perfetta nel suo essere epic heavy sodomizzato da inserti power speed di assoluta qualità, mentre “The Bells Tools” è fin troppo sinfonica esulando non poco dal contesto sonoro del lavoro, per fortuna mia spazzata subito via da “Alarm“, dinamicissima epic power track di squisita fattura e dall’altrettanto ficcante “Twin” graziata da solos guitars di pregevole fattura e da digressioni epic che ne spezzano l’arrembante incedere.

Conclude il tutto l’altrettanto grandiosa “Revelation XIX“, ancora heavy epic allo stato selvaggio. Resta da ricordare che quest’ultima, al pari dell’iniziale “Behold a Pale Horse“, era già  presente nei due lavori dei Lordian Guard, altro progetto di Williams J. Tsamis al quale è sicuramente dedicato questo lavoro che, pur nel suo essere “non perfetto” dà prova ai musicanti coinvolti di essere all’altezza del blasone… o quasi.

Prosit!

 

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