Recensione: Freiheit Macht Frei

Di Vittorio Sabelli - 15 Aprile 2012 - 0:00
Freiheit Macht Frei
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Genere:
Anno: 2012
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80

Se un quarto di secolo fa alcuni teenager di Birmingham sconvolgevano il panorama musicale con l’uscita di un disco che avrebbe fatto storia, ecco che dagli stessi ambiti underground, ma non nella brumosa Inghilterra bensì dall’altrettanto nebbiosa Pianura Padana, i Jesus Ain’t In Poland danno alla luce il seguito del full-length d’esordio “Holobscene”, che li ha portati in poco tempo all’attenzione degli esperti del settore, complice anche un tour europeo nel 2008 che ha toccato Germania, Polonia, Slovacchia e Ungheria.

Rispetto al precedente lavoro la formazione è cresciuta sotto il profilo del collettivo e, acquisita maggiore coscienza delle proprie capacità, delinea un proprio stile che non la farà passare in secondo piano rispetto ai cosiddetti ‘Grandi’. Se nel primo lavoro era preponderante l’influenza dei Nasum, in “Freiheit Macht Frei” il quartetto modenese riesce a miscelare in maniera interessante influenze che derivano da più generi e, seppur la matrice base rimanga di stampo Napalm Death – sia per l’intensità prodotta che per la breve durata delle tracce – il risultato sono trenta minuti di ottima fattura.

L’ intro “Don’t Ask” è solo la calma prima della tempesta, perché da “Lurid Perverted Hypocrites” impatteremo contro un muro sonoro impressionante che si protrae per le successive “Pray For The Bugs” e “The Kingdom”, dove i Jesus Ain’t In Poland ci martellano sotto violenti colpi inflitti dalla batteria, sopra la quale chitarra e basso tracciano linee e riff incastrati alla perfezione; il tutto atto a sostenere quella che è senz’altro la marcia in più della band: la voce di Julli.
L’intro slow di “Scarlet Tongues” e gli elementi death metal presenti in “My God Is My Will”, a mio avviso tra i brani migliori insieme a “Pedophagia”, ci conducono a “Blessed Be” che, oltre alla sua inusuale durata (sei minuti), è caratterizzata da una seconda sezione che ci permette di tirare il fiato per proseguire col martellamento assistito, poiché dalla successiva “Shelter Grave” si riparte con scream, blast beats e riff al fulmicotone che ci terranno inchiodati per i restanti minuti.
Lo screaming introduttivo di “Pedophagia” è il preludio di un delirio collettivo, dove le backing vocals di Rigetto e Aksam fanno da contraltare a quella del singer, così come nelle tiratissime “Mother Abscess”, “Reptile Pigs” e “The Hole With God Around”, dove elementi thrash e death metal sono inseriti ottimamente nel contesto sonoro.
La prima parte di “Amber the Great” è l’ultimo respiro prima dell’ennesimo richiamo da parte del vocalist, che è una sorta di segnale sonoro cui tutti rispondono ripartendo a mille verso i brani finali (“Degeneration Healers” e “Curse You”) che non lasciano tregua fino all’ultimo secondo: ed ecco che arriva il silenzio e un misto di consapevolezza e confusione si alternano tra illusione e realtà di ciò che è stato.

Ottima prova dei Nostri e un plauso particolare al singer Julli, che caratterizza in maniera distintiva i vari momenti con una duttilità e un range vocale degni dei grandi screamer. Eccellente la produzione e l’artwork che contribuiscono a rendere “Freiheit Macht Frei” una delle migliori uscite italiane in ambito grind degli ultimi anni e, senza dubbio, a designare i Jesus Ain’t In Poland i degni eredi nazionali degli acclamati e storici Cripple Bastard.

Vittorio “VS” Sabelli

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Tracce:
1. Don’t Ask 0:47
2. Lurid Perverted Hypocrites 1:46
3. Pray For The Bugs 1:39
4. The Kingdom 1:20
5. Scarlet Tongues 2:06
6. My God Is My Will 2:54
7. Blessed Be 6:08
8. Shelter Grave 2:03
9. Pedophagia 2:31
10. Mother Abscess 0:39
11. Reptile Pigs 2:29
12. The Hole With God Around 1:20
13. Amber The Great 1:33
14. Degeneration Healers 1:52
15. Curse You 1:01

Durata 31 min.

Formazione:
Sieg Julli – Voce
G.I. Joker – Chitarra
R. Rigetto – Basso e voce
A. Aksam – Batteria e voce
 

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