Recensione: From Days Unto Darkness
Tornano gli Hatriot con un nuovo album ed un tornado si abbatte su noi poveri metallari indifesi.
‘Orfani’ del padre Steve ‘Zetro’ Souza, tornato nel 2014 a far sfracelli con gli Exodus, i due figli Cody e Nick non demordono e riorganizzano la band, sostituendo Justin ‘J.C.’ Cole con la nuova ascia Justin Sakogawa e mettendo dietro al microfono Cody stesso, superando così la difficoltà di trovare un degno sostituto del genitore.
Kosta ‘V’ Varvatakis, chitarrista e membro fin dagli esordi, rimane al suo posto.
Il risultato è un combo molto compatto, esperto, che sa cos’è il Thrash e cosa rappresenta. Soprattutto è un gruppo che non sta seduto sugli allori ma vuole evolversi e farsi sentire e lo fa dando alle stampe ‘From Days Unto Darkness’, album disponibile dal 26 luglio 2019 via Massacre Records.
Il nuovo lavoro, il terzo per la precisione, ha argomenti non proprio positivi: la fine del mondo, i suoi orrori, la teoria del complotto, l’instaurarsi di un nuovo ordine mondiale … insomma ancora le paure che i Thrasher degli anni ’80 esprimevano con quanta più aggressività potevano solo che con il passare degli anni, sembrano sempre più reali.
Tanta cupezza e nefandezza vengono sottolineate da un sound roccioso, la cui forza sta in una ritmica serrata, decisa e con pochissime pause, che accompagna un cantato violento, determinato e prepotente (molto sullo stile del padre). Gli assoli sono frequenti e lunghi e le linee melodiche, precise e taglienti, danno al disco il giusto tocco di precisione tecnica e musicale.
Più specificatamente l’album spara fuori, a grande propulsione, un Thrash allacciato al passato, in particolare alle produzioni Bay Area, ma al contempo reso moderno con l’introduzione di penetranti blast beat e di importanti inserti cantati in growl, in molti casi alternati ad urla lancinanti ed abrasive.
Niente di nuovissimo o di stra-originale, dunque, ma fatto molto bene.
‘From Days Unto Darkness’ penetra l’anima con brani lunghi, corposi e densi, estraendo l’essenza del Thrash: la furiosa contestazione contro il lento processo di annichilimento che stiamo subendo.
Non basta un passaggio per assimilarlo, il lavoro è tutto tranne che diretto: necessitano più ascolti per rimanere coinvolti, ma una volta che ci si entra dentro, diventa difficile uscirne rimanendo incatenati alla furia di brani come ‘One Less Hell’, potente e deflagrante, praticamente senza pause, od alla prepotenza della cadenzata ‘Daze Into Darkness’, dove la ritmica infiamma seguendo una voce strafottente quanto irosa.
Momenti spasmodici irrompono in ‘Carnival of Execution’, brano complicato dove l’ira prende corpo nelle frenetiche urla laceranti che si contrappongono a maligne strofe growl.
‘Organic Remains’ è un altro attacco al vetriolo, ‘World, Flesh & Devil’ non da tregua ed anticipa il brano più lungo dell’album, di sette minuti: ‘Frankenstein Must Be Destroyed’, di una violenza sopra le righe, con cambi di tempo devastanti, un cantato insolente ed un assolo complicato, in esso si riassumono tutte le qualità tecnico e compositive degli Hatriot.
‘In the Mind of the Mad’, ‘Delete’ e ‘Ethereal Nightmare’ chiudono l’album nella migliore tradizione Thrash: potenza, violenza e furore a profusione, legate da una manciata di pazzia Hardcore per rendere il tutto determinato e prepotente.
Concludendo, ‘From Days Unto Darkness’ è un album più che buono, in certi punti un po’ troppo ridondante, ma non al punto da annoiare. E’ positiva la volontà di uscire dagli schemi e di voler assumere un’anima propria, dando il giusto prosieguo alla storia del Metal estremo che Papà ‘Zetro’ ha iniziato a raccontare tanto tempo fa.
Giudizio più che positivo per una band che si ritiene non deluderà nel prossimo futuro.