Recensione: From the Ashes
Al di qua e al di là delle sponde dell’Adige, da sempre, si è abituati a vivere di fatti e non di proclami. L’ultimo esempio in ambito musicale è rappresentato dai Black Star, nuova realtà metallica che vanta fra le proprie file il batterista degli Skanners Davide Odorizzi, uno che di mazzate HM se ne intende.
Il gruppo nasce nel 2007, proprio sulla spinta siderurgica del drummer Dave, allora quattordicenne, che in poco tempo riesce a raggruppare sotto il capezzale della Stella Nera un gruppo di amici amanti delle sonorità dure che possano condividere le sue idee. Dopo la solita gavetta costruita tramite la riproposizione di brani di altri – Saxon, Judas Priest, Megadeth, Metallica, Motley Crue e Iron Maiden – nel 2012 licenziano il promo demo intitolato Burnin’ Game, che serve a spargere il verbo all’interno della regione. Le più grandi soddisfazioni alive vengono raccolte in veste di supporter dei CS/SC di Chris Slade (Ac/Dc) e al Sun Valley Metal Fest di Asiago (BL). Interessante anche la scelta del nome che, benché semplice, porta in sé la giusta dose peculiarità. Infatti, a memoria, tale moniker non riporta ad altre band che abbiano effettivamente combinato qualcosa di concreto.
From the Ashes è la prima uscita ufficiale griffata Black Star, sotto forma di Ep e vede la luce nel dicembre del 2014. La line-up del combo trentino schiera: Andrea “Andy” Barchiesi (voce), Samuel “Sam” Fabrello (chitarra), Mattia “Pex” Pessina (chitarra), Gianluca “Gian” Nadalini (basso) e Davide “Dave” Odorizzi (batteria). Il disco si accompagna a un booklet ben curato di otto pagine con i testi dei vari pezzi e le foto del gruppo.
Scream costituisce il biglietto da visita del lavoro: batteria incessante, chitarre affiliate e velocità sostenuta. Nota di merito per il cantante, che tira quanto e come può senza strafare, evitando così di cadere nel classico tranello degli screamer ancora privi della malizia necessaria. Fottuto british HM anni Ottanta in Close your Eyes, all’insegna della tradizione, perpetuata nella successiva Love Passion, nella quale si evidenzia la timbrica di Andrea Barchiesi: un mix, con le evidenti dovute proporzioni e la necessaria reverenza, fra Joacim Cans degli Hammerfall e il “Tronco” dei Rain di qualche line-up fa. Ancora chitarre belle spesse a sorreggere le trame siderurgiche di Evil Heart, arricchita da cori belli carichi, con questi ultimi vagamente di derivazione Skanners.
Fight rompe leggerissimamente con l’ortodossia HM palesata nei pezzi precedenti, grazie ad asce più morbide e aperture tipicamente hard rock nell’impianto portante. Il classico pezzo da cantare live all’unisono con il pubblico, insomma, sulla spinta di riusciti chorus anthemici.
Black Star: un nome da segnare nell’agendina per il futuro; un nuovo, interessante, tassello a servizio dell’heavy metal di stampo classico made in Italy.
Stefano “Steven Rich” Ricetti