Recensione: From The Ashes Of Deceit
Gli Aries Descendant sono il risultato della collaborazione tra due virtuosi musicisti come il tastierista Jonah Weingarten (noto per la sua militanza nei Pyramaze) e il chitarrista, bassista (e, in precedenza, pure batterista) Nicklas Sonne, che in questo From The Ashes Of Deceit si accomoda anche dietro al microfono, con risultati indubbiamente ottimi.
La band suona un metal sinfonico che non si discosta dal canone del genere, alternando momenti di pomposità cinematica a parti intimiste e aggressive. Il pregio del disco è che scorre senza pesantezze, grazie soprattutto all’esperienza dei due musicisti, evidentemente abili ad arrangiare partiture complesse in modo da evitare il trabocchetto della noia.
In vero, un certo grado di ripetitività c’è nei brani di From The Ashes Of Deceit, fortunatamente mitigato da una buona dinamica e, cosa notevole, da un calore esecutivo che accompagna per mano lungo il minutaggio del disco.
Tra i pezzi meglio riusciti sono da annoverare Oblivion e, soprattutto, Renewal Of Hope, che ha un bel tiro tipicamente metal, pur non rinunciando alle consuete svisate sinfoniche che il genere impone.
Meritevoli di menzione sono anche la teatrale Echoes of Betrayal e Aflame The Cold, dalle belle melodie. Ma ognuno di voi avrà le proprie preferenze, dato che From The Ashes Of Deceit non mostra cedimento alcuno nella qualità di scrittura dei brani che lo compongono.
Insomma, anche questo è il nostro amato heavy metal nel 2024. Gli amanti della sua varietà più sinfonica apprezzeranno gli Aries Descendant. Gli altri potranno riconoscerne le indubbie qualità, pur forse rimpiangendo i tempi in cui le produzioni non erano cristalline e le atmosfere meno hollywoodiane. Nel complesso, From The Ashes Of Deceit va annoverato tra i buoni dischi che escono ogni anno: non ha alcuna ambizione rivoluzionaria, ma soltanto la volontà di condividere emozioni attraverso la musica. Può bastare.