Recensione: From The Brink Of Infinity

Di Luca Dei Rossi - 3 Dicembre 2009 - 0:00
From The Brink Of Infinity

“Pensate ad una enorme orchestra e ad un immenso coro sinfonico che si intrecciano con riff potenti e con l’incantevole melodia di una voce femminile eterea e coinvolgente, e avrete un’idea di cosa i Whyzdom sono riusciti a creare.”  

Così la Ascendance Records presenta il suo nuovo acquisto: i Whyzdom.  

Ed in effetti la descrizione appena data rappresenta abbastanza bene la band francese. Ma facciamo un piccolo salto nel 2007: il chitarrista/compositore Vynce Leff decide di creare una band con l’intento, tanto per cambiare, di unire le imponenti orchestrazioni dei film hollywoodiani ai riff martellanti del Power Metal, il tutto contornato da cori maestosi ed unito alla voce di una ragazza. Ed è qui che entra in gioco Telya Melane, cantante versatile e dal timbro particolare, capace di adattarsi a qualsiasi situazione musicale con naturale scioltezza. In seguito si uniscono Regis Morin (chitarra), Tristan Demurger (basso), Nicolas Chaumeaux (batteria) e Marc Ruhlmann (tastiera). Dopo sei mesi dal completamento della line-up la band dà alla luce “Daughter Of The Night”, EP acclamato in Francia e nel resto del mondo, grazie alla quale ricevono buona visibilità e riescono a fare i loro primi live. La loro storia prosegue tra esibizioni dal vivo, premi (miglior EP, primo posto al “Metal Female Voices Fest Contest” del Belgio, ecc.) e tra la scrittura di quello che sarebbe diventato il loro primo full: “From The Brink Of Infinity”, appunto. Un viaggio introspettivo tra “i sentimenti dell’essere umano quando si trova davanti al mistero della vita e della morte”.  

Ma passiamo alla musica. Come si classifica questo album tra i tanti che ormai vengono concepiti da altrettante band di Power sinfonico? Andiamo con ordine. Quelle proposte dalla band sono canzoni caratterizzate da un sound particolare, si sente subito che le orchestrazioni e le parti corali non sono le solite trite e ritrite ormai da anni. Il rovescio della medaglia, se vogliamo, è l’eccessiva lunghezza delle track: alcune volte si rischia di perdere l’attenzione, soprattutto quando la band si dilunga sulle stesse tempistiche e sugli stessi temi per troppo tempo, senza offrire all’ascoltatore un punto di stacco per il quale non annoiarsi.  

The Witness mette subito in mostra ciò che la band ha da dire: l’intro corale fa da preludio alla prima strofa, nella quale Telya dimostra subito le sue capacità canore. Ogni tanto viene in mente Anette Olzon, soprattutto quando la cantante francese va a toccare di potenza note alte. La song si sviluppa tra un duello in cui il coro si scontra con la possenza dei riff e tra le buone linee vocali della singer accompagnate dall’imponenza dell’orchestra. Il costante uso del doppio pedale però crea una certa monotonia di fondo, che viene purtroppo percepita per quasi tutta la durata della canzone. Freedom è un intermezzo musicale davvero interessante: i canti gregoriani e gli archi fanno da apertura creando un atmosfera di stampo religioso che dura per circa un minuto, terminato il quale entra in gioco un assolo di chitarra suggestivo, unito a tempi di batteria lenti e ossessivi e a riff aventi le medesime caratteristiche. Per tutta la durata della canzone gli strumenti e le voci si intrecciano in un affascinante gioco di ossimori musicali. Se le prime quattro song mostrano una costante ma sottile ripetitività di fondo, a partire dalla track appena descritta si inizia a fare sul serio. Escaping The Ghosts Of Reality ci sbatte in faccia un riff potente e inaspettato, stavolta unito ad una death voice ben impostata e minacciosa, voce che ritroveremo più volte all’interno di questa canzone, come fosse un grido di disperato aiuto che viene soffocato da una forza misteriosa. Violente e veloci Atlantis e The Seeds Of Chaos, nelle quali troviamo ancora la contrapposizione del coro con l’impenetrabile muro sonoro prodotto dalle chitarre.  

In definitiva posso dire di trovarmi ad un buon lavoro, caratterizzato da idee particolari e da una buona dose di personalità. Purtroppo però in alcuni casi la mancanza di stacchi improvvisi o di accelerazioni repentine, a mio avviso importanti se l’obiettivo è quello di creare canzoni della durata media di 6-7 minuti, rende l’ascolto abbastanza monotono. Ci troviamo comunque davanti ad una band appena nata e che avrà sicuramente tempo per aggiustare le cose che non vanno, di rendere il sound ancora più particolare e affinare il processo di songwriting. Per cui se le premesse sono queste direi di aspettarci parecchio dal prossimo full, sicuri che i Whyzdom sapranno ritagliarsi un’importante fetta di notorietà nel Metal sinfonico, che ha ultimamente tanto bisogno di nomi che tirino su il morale di un genere ormai eccessivamente abusato. Ben fatto!  

Luca Dei Rossi  

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Tracklist:
1 – The Witness
2 – The Train
3 – Everlasting Child
4 – The Power And The Glory
5 – Freedom
6 – Escaping The Ghosts Of Reality
7 – Atlantis
8 – The Old Man In The Park
9 – The Seeds Of Chaos
10 – Daughter Of The Night part I
11 – Daughter Of The Night part II
12 – On The Wings Of Time

Line-Up:
Telya Melane – Vocals
Tristan Demurger – Bass
Nico Chaumeaux – Drums
Vynce Leff – Guitar/Orchestration
Regis Morin – Guitar
Marc Ruhlmann – Keyboard