Recensione: Frozen Souls

Di Michele Carli - 12 Dicembre 2006 - 0:00
Frozen Souls
Band: Trasos
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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58

Demo d’esordio per i veneti Trasos: formazione guidata dal polistrumentista
Fudo pronta a lanciarsi nel folto, foltissimo panorama death metal italiano; un death che di italiano ha solo i dati anagrafici, visto lo stampo chiaramente svedese della proposta musicale contenuta in
Frozen Souls e dove però, oltre alle classiche influenze di In Flames e compagnia melodica, si fanno largo anche chiari riferimenti ad un certo black sinfonico, Dimmu Borgir in primis. La scelta di utilizzare anche un sottofondo di tastiere, oltre alla presenza di intermezzi più lenti e riflessivi, lascia intuire l’importanza data all’atmosfera glaciale e alle sensazioni trasmesse all’ascoltatore. Una scelta che sicuramente verrà apprezzata dagli amanti di questo tipo di sonorità scandinave ma che manca, a mio parere, leggermente dell’impatto caratteristico del death metal; niente di trascendentale, ma che forse avrebbe reso il lavoro nel complesso più incisivo.

Ma andiamo con ordine: Alone, la traccia a cui è affidata l’apertura delle danze, è purtroppo una delle tracce più deboli del lotto: poche idee nei riff di chitarra e gli evidenti limiti nel growl misto a scream del cantante sono le cause principali di questo risultato, anche se tutto sommato la traccia risulta orecchiabile e piacevole dal punto di vista delle sensazioni e riesce a coinvolgere bene l’ascoltatore. Il discorso migliora molto con
Undead, dove un bel riff principale e una costruzione del brano azzeccata alzano decisamente il tiro, rendendola una delle tracce più interessanti ed al tempo stesso la più legata al death melodico svedese. Si continua poi con
Nightmares e The Train Of The Damned: due pezzi aggressivi, in cui si sentono nettamente le influenze black metal soprattutto nelle atmosfere gelide e mistiche e che si possono vantare di un bel feeling tra chitarra e batteria. Bello e veramente riuscito lo stacco acustico nella traccia numero quattro, che ricorda alla lontana gli Opeth. La chiusura è poco degnamente affidata ad
Illusion: una traccia con qualche venatura thrash, semplice ma abbastanza piatta e ripetitiva, che non riesce a spiccare il volo in nessun modo.

Un lavoro piacevole, quindi, che riesce a combinare idee poco originali in modo però intelligente e che può essere considerato già un buon punto di partenza per cominciare a farsi largo tra i molti gruppi della stessa scena musicale. Una delle pecche più grandi è di sicuro la tecnica vocale, fattore su cui consiglio di lavorare molto. Una soluzione potrebbe essere quella di cercare direttamente un cantante solista in modo tale da lasciare
Fudo alla batteria, strumento che sa usare già discretamente bene. Una volta risolto questo problema e affinato tutto il resto, sono sicuro che il prossimo disco dei
Trasos farà parlare di se nell’underground italiano e magari anche in quello estero.

Tracklist:

1. Alone
2. Undead
3. Nightmares
4. The train of the damned
5. Illusion

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58