Recensione: Fuck the Universe

Di Giorgio Vicentini - 24 Novembre 2005 - 0:00
Fuck the Universe
Band: Craft
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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87

Spesso etichettati un po’ sterilmente come cloni di lusso, i Craft tornano nel 2005 per assestarci un bel calcio dove non batte il sole, sfruttando indubbiamente la matrice “darkthroniana” ma ampliandone le visioni, rivedendo e rinnovando con personalità un canovaccio senza ucciderlo o storpiarlo.
Ecco come nasce Fuck the Universe, disco paradossalmente poliedrico, basato su atmosfere oscure, pregne d’un alone di malignità naturale ben rappresentato dall’opener “Earth A Raging Blaze” o dalla conclusiva “Principium Anguis“, coppietta musicale inquietante.

I Craft, però, sanno essere anche dannatamente strafottenti, sprezzanti, altezzosi, volgari, scorretti, quasi una stoner band posseduta che vomita i liquami neri di “Demonspeed“, capace di smuovere gli ascoltatori più pachidermici con il tiro diabolico di “Fuck The Universe“, che farebbe gettare nel “pogo” anche Lazzaro, salvo poi congelarlo con un risvolto finale raggelante, inquietante, sfumato.
La buona mutevolezza di Fuck the Universe è la sua anima, un insieme riuscito di ogni idea che il black metal sa partorire: ritmiche rallentate, riff durissimi ed heavy che si accompagnano ad altri sinonimo di tecnica, dosati cambi di tema e tocchi dissonanti (“Assassin 333“). 
Un’alternanza di sensazioni, prima prendendo a calci una lattina di birra e mostrando il dito medio, poi con gli occhi rovesciati all’indietro al cospetto del potere “Thorns In The Planet´S Side” e “According To Him“, due brani che varrebbero da soli “il prezzo del biglietto”, tetri, ammalianti. 

Pur immaginando che sonorità più rozze avrebbero fatto felici i blacksters più depravati, godo nell’ascoltare la chiara ruvidità, la potenza energica di una produzione lussuosa, compatta, dai risvolti gelidi pronti ad emergere quando il riffing tende in quella direzione; un vestito buono da sporcare suonando black metal moderno ma non per questo traditore.

Fuck the Universe cresce e diminuisce di portata come un fiume nero (“Xenophobia“), mentre il basso lavora ogni minuto del disco rendendolo pieno e corposo; brani da ascoltare, vivere, imparare a memoria e ripetere come un karma che non purifica, ma sporca l’anima e la maledice. Fuck the Universe colpisce duro, in certi frangenti arriva quasi ad insegnare l’arte nera e per questo può permettersi una copertina che non vuole comunicare nulla se non ciò che è, tanto semplice quanto un titolo che dimostra il totale, sprezzante menefreghismo di chi l’ha composto. 

Dopo attenta analisi, dopo vari consulti con esperti di settore, mi sento di asserire con lucida fermezza che i Craft sono, a loro modo, dei fo**u*i geni; chiudere il 2005 senza questo disco sarebbe gettare alle ortiche un anno intero, un errore da non commettere… MAI!

Tracklist:
01. Earth A Raging Blaze
02. Thorns In The Planet´S Side
03. Fuck The Universe
04. Assassin 333
05. Demonspeed
06. Terni Exustae; Queen Reaper
07. Xenophobia
08. The Suffering Of Others
09. Destroy All
10. According To Him
11. Principium Anguis

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