Recensione: Fucking your Creation
È solo ed è marcio fino al midollo: non parliamo di Satanic Warmaster o di Ildjarn, ma del polistrumentista-cantante greco Wrath, il quale dopo un album di debutto passato leggermente in sordina decide di spremere fino all’osso l’americana Moribund Records per vomitare sulla faccia della terra un CD putrido, pestilenziale e soprattutto malato, malato in ogni sua cellula. Il promo sheet (anzi, in questo caso chiamarlo “shit” non è un errore) parla di una grande manifestazione di “Black ‘n’ Roll” all’ennesima potenza.
Poi, dove vedano il black ‘n roll esattamente non si sa. “Fucking your Creation”, ennesima amorevole allegoria anticattolica, si snoda attraverso cinque tracce di cui due sono vere e proprie fucilate al petto della durata di 10 minuti ognuna. Le ispirazioni sono abbastanza palesi: gli urli laceranti di cui si pregia il nostro Wrath sembrano emergere dalle profondità più maligne dei full di Burzum, accoppiate a riffing devastanti direttamente provenienti da dischi come Transilvanian Hunger o Under a Funeral Moon, il tutto chiaramente coadiuvato da una registrazione ai limiti dell’accettabile. Il che, francamente, non fa esattamente pensare a uno “skunk-putrid blackpunk”, come recita sempre la suddetta promozione. A parlare di black ‘n roll non può non venire in mente quella “Too Old too Cold” che tanto ha fatto chiacchierare i Darkthronisti, e qui sinceramente c’è poco roll e moltissimo black primordiale. Il che non è esattamente un difetto, sia chiaro.
Emergono più o meno chiaramente dalle tracce più lunghe delle velleità punkeggianti (emblematico l’inizio di “…and Disease was Spread in a Matter of Seconds“), ma queste percussioni sostenute e questi riff di chitarra incalzanti già erano presenti molti anni fa nei principali movimenti black scandinavi, per non parlare delle ultime produzioni black germaniche, quelle poche che hanno resistito alla fatale attrazione del suicide metal e che quindi mostrano raccolte di riff più movimentati.
Trattato come opera black, questo Fucking your Creation è un disco più che valido. Non è del tutto originale, ma nemmeno sprofonda nell’abisso del già sentito.
C’è modo e modo di reinterpretare il black più oscuro, e il nostro one-man dalla Grecia riesce a metterci del proprio, del proprio alla Nargaroth – per intenderci – per quanto riguare il puzzo di bile che permea ogni singola traccia, e del proprio alla Xasthur per quanto riguarda l’ossessionante ritmica che non abbandona l’ascoltatore se non durante l’opener “Die in Pain“, che illustra in un minuto abbondante lo strazio lacerante di un uomo in evidente agonia. Una traccia che ascoltata a tutto volume in mezzo a una strada terrorizzerebbe tutto un quartiere. Ed è questo il fulcro principale di Dodsferd: l’offesa all’umanità, alla creazione divina, il putrido, il fangoso, tutto il ribrezzo della società civile stampato nell’intervallo di cinque tracce. Non si può parlare di certo di disco indispensabile; tuttavia una manciata di euro in esubero potrebbero renderne meritevole l’acquisto, tanto più che nelle prime 3000 copie verrà aggiunto un secondo CD che conterrà 79 minuti di compilation direttamente dal manicomio della Moribund Records.
Un bel passo per una delle ormai innumerevoli one-man band che popolano il black metal. Da solo non conterà troppo nella storia della musica, ma di certo rinforzerà le fila del black più intransigente figlio della Madre Europa.
TRACKLIST:
1. Die in Pain
2. And Disease Was Spread in a Matter of Seconds
3. I Was Welcome Only by Death
4. Fucking Your Creation
5. Wrath