Recensione: Future Ice-Age

Di Alessandro Calvi - 24 Aprile 2010 - 0:00
Future Ice-Age
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Anno: 2010
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65

A quattro anni dall’esordio per la neo-nata etichetta Rising Symphony con “Synthphony 001”, ecco tornare a farsi sentire i Synthphonia Suprema. Caratteristica principale del gruppo, e del precedente disco, era quella di fondere il metal, in particolare il power sinfonico, con abbondanti dosi di elettronica. In effetti l’elettronica era presente, ma non veniva (quasi) mai usata come ci si aspetterebbe dopo aver sentito gruppi come Samael e Dødheimsgard. Piuttosto la band era solita comporre brani semplici e lineari, molto in linea con la produzione di Rhapsody of Fire e gruppi similari, per poi sostituire gli strumenti orchestrali con suoni elettronici. L’innovazione, quindi, era più formale che sostanziale.

Quattro anni fa vi erano ampi margini di miglioramento. Sia sotto il profilo del songwriting, che avrebbe potuto maturare molto e rendersi più originale, sia per quanto riguarda l’uso dell’elettronica che avrebbe potuto/dovuto essere ripensata per non limitarsi a suonare le parti sinfoniche, ma assumere una dimensione più profonda e importante in sede di stesura delle canzoni.

Con questo “Future Ice-Age” vedremo se i Synthphonia Suprema avranno fatto tesoro dei consigli e del tempo trascorso.
L’apertura “Future Hammerblows” è una semplice intro strumentale, naturalmente completamente elettronica, che dovrebbe calarci nell’atmosfera cyber di questo nuovo album.
Per iniziare a giudicare davvero l’operato di Dany All e soci dobbiamo attendere la prima vera canzone: “Dominatron”. Il pezzo è una cavalcata power di sapore classicissimo. Naturalmente c’è l’elettronica, così come c’era sull’esordio, ma la sensazione di stare ascoltando ne più ne meno un pezzo di power sinfonico filtrato attraverso un sintetizzatore, rimane. Non che ci sia nulla di male, ma per un gruppo che si riprometteva di essere originale oltre ogni aspettativa e di rivoluzionare il concetto di elettronica, ci si sarebbe aspettati forse qualcosa in più.
Pur rimanendo profondamente aggrappata agli stilemi già espressi su “Synthphony 001”, la canzone qui e là riesce a esprimere qualcosa di nuovo. In primo luogo qualche passaggio leggermente più cupo e poi, in maniera ancora saltuaria, delle chitarre che riescono a emergere e a graffiare le orecchie dell’ascoltatore.
Con il procedere del disco, poi, le cose sembrano leggermente migliorare.
In più punti fa quasi capolino qualche rimando thrash che dona maggiore spessore e varietà ai brani. L’elettronica in certi frangenti riesce a staccarsi da quanto sentito finora e ad ottenere il ruolo che le spetterebbe. Le canzoni stesse presentano una certa varietà pur continuando a pagare il proprio tributo al power meno ricercato (da ascoltare almeno “Electrodoom”, la song che probabilmente più si distacca quanto appena scritto). L’ascolto dell’album non risulta, quindi, ostico e si lascia ben seguire, pur senza brillare di luce propria.

Per concludere il nuovo disco dei Synthphonia Suprema ripresenta molti degli stilemi che avevano contraddistinto il loro esordio e i fan della prima ora saranno sicuramente felicissimi di ritrovare i propri beniamini. Qualche evoluzione c’è stata, in grado di variare un po’ il sound della band, ma ancora troppo poco perchè chi li aveva osteggiati quattro anni fa possa cambiare idea. Il risultato complessivo è, dunque, quello di un timido mezzo passo avanti. Ancora troppo poco, però, rispetto a quelle che sembrano essere le potenzialità di questi ragazzi.

Tracklist:
01 Future Hammerblows
02 Dominatron
03 Beyond the Next
04 I, Storm
05 Iced Waterfalls
06 Phoenix’ Return
07 Electrodoom
08 Future Ice–Age
09 Synthetic Aurora
10 Nos
11 My Enemy = Loser
12 Aurora Symphonica (bonus track)

Alex “Engash-Krul” Calvi

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