Recensione: G
Impeccabile, coinvolgente, dinamite pura. Siamo di fronte ad un album di uno spessore tale da rendere difficile critica ed analisi. Non perché la struttura sia particolarmente ingarbugliata o di difficile comprensione, ma più semplicemente perché giudicare un capolavoro risulta una cosa per nulla semplice. Trovare le parole per descrivere un fallimento, una caduta di stile o un fatto sgradevole mi risulta molto più semplice. Per un disco così, i superlativi assoluti potrebbero essere tali da far dubitare i più: far pensare a faziosità o a un mero interesse personale. È ovvio che così non è.
“G” è quello che ritengo uno dei migliori album Hard Rock mai usciti sul mercato: una perla rara che abbiamo la fortuna di conservare gelosamente nelle nostre collezioni. Senza dover scomodare sempre miti e leggende d’oltre oceano, possiamo parlare di questo platter come una vera e propria punta di diamante, lucente e cristallina come la cima innevata e irradiata dal sole che svetta nel massiccio delle Alpi Ticinesi.
Quattordici canzoni in un magico equilibrio. Perfette. Potenzialmente quattordici singoli, e non è poco. Dopo il primo ascolto i ritornelli sono già ben impressi nella memoria, dopo il secondo ricordi testi e melodie e, da qui in poi, dopo aver messo il disco nel lettore non hai bisogno d’altro. Cadere in banalità è facile, scrivere un disco di cui non ti stancheresti mai, non è proprio così scontato. Vivo, frizzante, un fiume in piena di energie positive e briosa voglia di vivere, ma anche duro, ruvido nei riff taglienti e coinvolgenti: una miscela assolutamente detonante di emozioni e scariche di adrenalina.
“Sister Moon” è chiamata a darci il benvenuto: armoniche e chitarre acustiche ci addentrano dolcemente in quest’apertura che inizia a girare a ritmi più sostenuti quasi da subito. E da qui è un crescendo inesorabile fino ad arrivare alla suggestiva “Let It Be”, dolce ballata dai tenui colori pastello. I Gotthard sanno come ingraziarsi l’ascoltatore, e questo brano n’è lampante dimostrazione. Ci si rende conto che nulla è lasciato al caso, ogni “mattone” è posizionato in maniera tale da rendere la struttura del disco solida e priva di crepe. Canzoni come “Father is that enough”, “Fist in your face” o “Ride on” giusto per citarne alcune, sono dei continui sussulti che accelerano le palpitazioni di un cuore già eccitato . Spazio per respirare un po’ i Nostri ce lo danno pure, il problema è che, semplicemente, non basta. “In the name” prova ad abbassare i ritmi, ma nulla può se nelle immediate vicinanze esplode il rock’n’roll di “Lay down the law” o della travolgente “Hole in one”.
Spazio all’incantevole “One life, one soul” come fosse un “titolo di coda”, un doveroso tributo anche alla parte più dolce e poetica del gruppo elvetico.
“…One Life One Soul
Forever I Know
Follow Me Follow Me
Wherever I Go
One Life One Soul
Just Waiting To Flow
Follow Me Follow Me
Don’t Let Me Go…”
A “He Ain’t Heavy, He’s My Brother” , cover degli Hollies, l’onere e l’onore di chiudere il disco e tramandare ai posteri questo capolavoro d’arte compositiva e dell’hard rock d’ogni tempo.
Magistralmente suonato e interpretato in maniera fantastica, “G” resta una pietra miliare nella storia della musica continentale e non solo, uno di quegli inossidabili riferimenti stilistici che rende questa musica la protagonista assoluta del passato, e si spera, anche del prossimo millennio.
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Tracklist:
01. Sister Moon 3:55
02. Make My Day 3:45
03. Mighty Quinn (Quinn the Eskimo) 3:15 (Manfred Mann Cover)
04. Movin’ On 3:23
05. Let It Be 6:17
06. Father Is That Enough 4:01
07. Sweet Little R’R’ 3:19
08. Fist In Your Face 3:50
09. Ride On 4:08
10. In The Name 5:25
11. Lay Down The Law 3:38
12. Hole In One 3:11
13. One Life, One Soul 4:18
14. He Ain’t Heavy, He’s My Brother 4:35 (The Hollies Cover)
Line Up:
Steve Lee – Voce
Leo Leoni – Chitarra / Cori
Marc Lynn – Basso
Hena Habegger – Batteria