Recensione: Gaia 2 – La Voz Dormida
INTRODUCCION
Spesso il successo e il fallimento -quei due maledetti impostori- affacciano la testa dalla crepa dell’ispirazione e, ti bisbigliano all’orecchio che cosa devi e che cosa non devi fare…
Là comincia la battaglia di un compositore e quella di uno scrittore! Placando l’angoscia scrivendo su un foglio bianco, tacendo quelle voci interessate al successo e al fallimento, ascoltando soltanto, in modo lento ed onesto, il tuo cuore…
In questo nuovo lavoro “La Voz Dormida (la voce sopita)”, con l’aiuto inestimabile dei miei compagni di viaggio, ai quali tanto devo in quanto così poco ricevono da me, abbiamo provato a far cantare il cuore, abbiamo provato a far suonare alle chitarre la nostra illusione e abbiamo fatto scrivere le parole alla penna più pura che conosco: la nostra anima…
Sono soltanto un ladro di parole, un rapitore d’idee e di melodie e, come riscatto, chiedo solo il tuo sorriso.
La musica è la lingua dell’anima ed i romanzi sono i baci che l’immaginazione porge alla nostra vita.
L’autore scrive soltanto la metà di un’opera, dell’altra metà deve interessarsi chi la riceve e, ora, tocca a te, non giudicare con leggerezza questo lavoro… è impregnato di sforzo duro e di rinnovata illusione. Speriamo di non defraudarti e farti sentire fiero di noi: il vecchio Mago è tornato!
Ringraziamo la musica per amarci e ringraziamo voi perché… senza… saremmo silenzio…
We must be over the Rainbow!!
Il Cairo, 25 settembre 2005, Txus di Fellatio
Si lo so, avete già dato uno sguardo al voto che ho riservato al disco vero? Novantatre, il più alto mai registrato dal sottoscritto. Bene, come giustificare un numero simile? Molto probabilmente con una recensione degna ti tale nome: Gaia II – La Voz Dormida dei folk metallers (catalogazione estremamente riduttiva) spagnoli Mago De Oz è un cimelio irrinunciabile per tutti coloro che amano la musica e vivono intensamente questo tipo di sonorità.
La versione limitata in digibook appoggiata sulla mia scrivania è stata importata direttamente dalla terra iberica a fine 2005 anche se, per dovere di cronaca, vi comunico che inseriremo il disco tra le novità del 2006 in quanto distribuito in Italia nell’anno corrente.
Oltre cinque mesi dunque, cinque mesi utili per la vivisezione del doppio cd (doppio come accadde con Finisterra), cinque mesi indispensabili per comprenderne ed assaporarne l’eminente livello sonoro di portata, debbo ripetere, astrale.
Se qualcuno si affaccia per la prima volta sulla galassia ispanica gradirà un piccolo riassunto delle “puntate” precedenti.
Tenete presente che la discografia del Mago è corposa e variegata, il sound contemporaneo è il risultato di un processo di crescita lungo dodici anni nei quali mai si sono verificati passi falsi, dischi più o meno acerbi “Mago de Oz” (1994) e dischi che avrebbero potuto sfondare, “Jesus de Chamberì” (1996) e l’EP “La Bruja” (1997) se preparati con l’aiuto dell’esperienza odierna ma, da “La Legenda de la Mancha” (1998) in avanti, la consacrazione globale e la conseguente possibilità di attingere da un budget sempre più abbondante, hanno patrocinato un’escalation inarrestabile.
Badate bene, stiamo parlando di un gruppo che presenta un cantato esclusivamente in lingua madre, lo spagnolo, potrete quindi perlomeno immaginare le maggiori difficoltà (in ogni settore) che non hanno comunque impedito di raggiungere, su tutta la linea, un risultato importante prima ed imponente poi.
“Finisterra” (2000) è la vera scommessa (vinta e stravinta); oltre un’ora e quaranta di musica distribuita su 2 differenti compact che alterna numerosi cavalli di battaglia tra i quali Satania, La Danza del Fuego, La Cruz de Santiago, Fiesta Pagana, Astaroth: segno che la vena compositiva è una costante profusa e resa concreta a fiotti incessanti.
Il successo si inizia a intravedere senza l’ausilio di un binocolo e l’etichetta storica, la Locomotive Music, non si lascia scappare l’opportunità di lanciare sul mercato il primo live cd “Folktergeist” (2002) ed i primi DVD “A Costa da Rock” (2003) e “Finisterra” (2003) appena prima della tripletta definitiva: il mezzo capolavoro (facciamo tre-quarti) “Gaia” (2003), con le determinanti La Costa del Silenzio, La Rosa de Los Vientos, El Atrapasuenos, La Veganza de Gaia e la title track, “Belfast” (2004), album che include qualche rivisitazione di pezzi propri e pieno zeppo di cover allettanti e, infine, il concerto sostenuto nella capitale spagnola “Madrid Las Ventas” (CD 2005 e DVD 2006). Ricordo ancora un DVD, “Resacosix en Hispania” (2004).
Il pubblico è stato raggiunto in pieno petto, la label si lustra gli occhi per le cospicue vendite, il gruppo realizza un masterpiece dietro l’altro: le premesse per quello che si presenta come il vero capolavoro, se non sbaglio, ci sono tutte…
E’ giunto il tempo di “Gaia 2 – La Voz Dormida”, in fondo, tre anni dopo l’ultima vera produzione di pezzi propri: andiamo a scoprirne l’essenza e ad assaporarne il gusto.
MUSICOS Y MUSICOS INVITADOS
Già saprete che i Mago de Oz sono composti da nove membri tra i quali spicca, e non mi riferisco al valore meramente tecnico, il batterista Txus Di Fellatio che, è il principale compositore di musiche e testi: spulceremo i segreti brano per brano provando ad elencare i passaggi chiave che rendono Gaia II un’opera d’arte.
Fondamentali per la realizzazione finale, il caliente vocalist Josè Andrea e l’egocentrico violinista Carlos Prieto “Mohamed” ma mi è impossibile dimenticare i tre chitarristi del gruppo: Frank, Carlitos e Jorge Salàn, visionati ed apprezzati sul recentissimo e già citato DVD “Madrid Las Ventas”.
Come non menzionare il Bajo di Pedro Dìaz, le parti di Piano del magico Sergio Cisneros “Kiskilla”, il Flauto Traverso e il Wistle di Ferndando Ponce?
Progetto enorme come il cast che completa l’opera, composta da una trentina di elementi provenienti dalle più disparate realtà iberiche, inutile elencarli tutti, li troverete citati uno per uno sul magnifico booklet.
CANCION POR CANCION
La vera forza del nuovo disco sta nella stravaganza dei suoi passaggi chiave e nell’estremizzazione dei parametri base.
Faccio un esempio: quando il gruppo vuole melodia, riesce ad esprimersi concedendosi totalmente ad essa, esaltandola esponenzialmente. Stesso discorso quando il Mago sceglie la strada dell’aggressività, vi accorgerete che ci sono molteplici punti nei quali l’heavy metal sgorga freneticamente e senza limitazioni accondiscendenti, senza strizzate d’occhio e senza i noiosi schemi pre-calcolati.
La formula, seppur ben collaudata, si presta spesso e volentieri a stravolgimenti e/o a parziali cambiamenti che la rendono fresca e scorrevole; l’architettura ritmica è costruita su fondamenta solide, sostenuta con vigore dagli strumenti base, cementata dalle sovraesposizioni parietali di violino, piano, flauto e tastiere ed infine, affrescata dalle più disparate orchestrazioni.
Insomma, una meraviglia acustica.
La limited edition offre la possibilità di ascoltare diciassette pezzi, due in più rispetto alla versione jewel case, includendo di fatto le due cover. Inutile vi dica che, non collezionarle, rappresenterebbe una ingente perdita.
Le Strumentali
Quattro, perfettamente distribuite: due nel primo disco e due nel secondo.
Due irrinunciabili, Volaverunt Opus 666 che introduce Gaia 2 e El Callegòn del Infierno che taglia a metà il primo dei due supporti. Le rimanenti Incubos y Sùcubos (36 secondi) e il flamenco richiamato da El Principe de la Dulce Pena (1 minuto e 35 secondi) sono le classiche aperture ad effetto dei brani consecutivi.
Concentriamoci sulla prima, Volaverunt Opus 666, che, se possibile, sostituisce migliorando quella Obertura MDXX che aveva fatto sognare, tre anni or sono, nel primo capitolo della storia.
Qualcuno di voi ricorda la bellissima “Regalis Apertura” tratta dall’album Karma dei Kamelot? I primi cento secondi la richiamano con vigore e lo splendido motivo costruito su una base di archi sintetizzati si ripete una seconda volta ingigantito dall’ausilio del coro che, reclama la parola “Gaia” per cinque volte prima di lasciare il posto ad una voce femminile squarciata dal grezzo suono di una chitarra distorta dove l’orchestra si incontra e si scontra con l’heavy metal: l’eccentricità è l’arma vincente.
El Callegòn del Infierno, è una semplice dimostrazione tecnica della durata di sei minuti scarsi, le tre chitarre si inarcano e si intersecano su uno sfondo dipinto da quasi tutti gli strumenti a disposizione; la batteria si accosta su un asse del tutto secondario lasciando spazio ad un nugolo di note provenienti dalle keys. Un momento sicuramente rilassante che si lascia godere nella sua totale tranquillità.
Passaggi Chiave:
Volaverunt Opus 666: la chitarra di Pepe Herrero che “distrugge” per pochi secondi l’immane dimensione teatrale; un passaggio geniale e inaspettato.
El Gallegòn del Infierno: il cortissimo assolo di basso centrale seguito dalle solite candide note di pianoforte concedono un attimo di respiro alla manovra non certo elaborata.
Incubos y Sùcubos: nessun passaggio chiave da segnalare, è una semplice riproposizione di una piccola parte dell’intro iniziale, riarrangiata e rielaborata per aprire il secondo disco.
El Principe de la Dulce Pena: la chitarra flamenca crea un’atmosfera del tutto particolare, è uno dei due soli brani nei quali viene utilizzata. E’ lei la vera protagonista.
I Lenti
Due, Desde Mi Cielo e Creo (La Voz Dormida – parte II).
Il primo si incentra, almeno inizialmente, sulle carezze contraccambiate di voce e pianoforte, fino a raggiungere una chitarra elettrica che accende la passione di un brano da brividi sulla schiena. Lo spagnolo, in questo specifico caso, riesce a creare l’atmosfera pretesa, quella triste e nostalgica di un lento che si rispetti ma fate attenzione al contrappunto vocale che comincia ai tre minuti e venti, se non fosse per la lingua, avrei potuto confondere i Mago de Oz per i Pooh. Che ne dite?
Dimensione da Signore degli Anelli quella di Creo (La Voz Dormida – parte II), con il motivo principale che assomiglia alla colonna sonora del film citato (quella delle sequenze iniziali, quando Gandalf e Frodo raggiungono Contea Baggins) ma che si rivela essere la versione acustica della mirabolante title track che andremo ad esaminare più avanti. La cornamusa centrale rievoca atmosfere celtiche e, ancora una volta, è la voce di Josè ad incantare, perfettamente incastrata nell’ancestrale puzzle sonoro.
Passaggi Chiave:
Desde Mi Cielo: le partiture di pianoforte di Cisneros sono da lacrime, il pezzo è totalmente sostenuto da questo strumento.
Creo (La Voz Dormida – Parte II): qui non ci si può sbagliare, il “piper” fa letteralmente “cantare” quella cornamusa: da ascoltare con gli occhi chiusi, indimenticabile la melodia composta.
I Singoli
Il Mago ha scelto due brani ruffiani e mielosi ma estremamente efficaci.
La Posada De Los Muertos è quanto di più allegro e brillante ci sia oggi giorno sul mercato anche se, per certi versi, si fa fatica ad affiancare questo pezzo ad un genere come l’heavy metal.
Il ritornello rimbalza sul cervello di chi ascolta come un’ossessione dalla quale si diventa dipendenti, l’accostamento con la “vecchia” ed immortale “La Costa del Silencio” è d’obbligo.
Un sussulto al cuore ha introdotto il primo ascolto di Hoy Toca Ser Feliz, se possibile, ancora meno “metallica” dell’altro singolo ma, con certezza, il massimo esponente folcloristico di questo Gaia 2.
Il flauto dolce si materializza come le carezze di una brezza primaverile e la fisarmonica lo insegue nella sua corsa alla ricerca della melodia sintomo di felicità, quasi d’impiccio l’intercalare vocale per un pezzo che avrebbe meritato la palma di “secondo singolo” anche se fosse stato interamente strumentale.
Passaggi Chiave:
La Posada De Los Muertos: la fisarmonica finale che precede l’inimitabile “Cabroneeeeeeeees” urlato da Josè è vera e propria carica esplosiva, il ricercatissimo ritornello è, a tutti gli effetti, da singolo.
Hoy Toca Ser Feliz: il break centrale è il riassunto dell’esplosione melodica della band, impossibile, anche qui, non canticchiare il ritornello.
Long Live Rock & Roll:
Come saprete, rock e hard rock, sono, insieme all’heavy metal classico, le influenze principali del mago-sound. Il debole per gli Iron Maiden è palese e, i richiami ai Rainbow di Ritchie Blackmore ed in generale ai mostri del rock di un paio di epoche fa sono “visibili ad occhio nudo”, le parentesi folk sono uno smisurato contorno che spolverano, ricoprono e fortificano il nucleo.
Un ascolto approfondito e studiato della realizzazione in esame, accompagnerà i fan di vecchia data a recuperare alcuni passaggi-tributo e tendo a far rientrare in questa categoria diversi brani che si estendono da un estremo all’altro dei generi riportati.
Primo fra tutti Hazme Un Sitio Entre tu Piel che si presenta come un mezzo tempo rozzo e allo stesso tempo delicato, allegro, aperto dall’invincibile ritornello e sconquassato ancora una volta da una masnada di strumenti acustici pronti a lasciare posto all’irruenza della chitarra distorta sino alle soglie dell’ammiccante bridge semi-conclusivo.
El Poema De La Iluvia Triste è forse la traccia più originale e di difficile comprensione, l’introduzione d’acciaio sembra indicare un sentiero che, inaspettatamente, si biforca più di una volta concentrandosi su una soluzione vocale dissonante nei punti dove, il pezzo pare stia per spiccare il volo.
Splendida nelle tonalità agro-dolci e anticonformista (come tutte le liriche del Mago d’altronde) nei testi El Paseo de Los Tristes, presentata da un organo solenne e guidata dalla prova di Josè al microfono che si supera ancora una volta esaltando il carattere epico di un pezzo heavy-rock da divorare millesimo per millesimo.
Si passa quindi al secondo disco e a Diabulus in Musica che non mi ha convinto ai primi ed ai successivi ascolti sebbene non esente da passaggi scintillanti. Forse troppo poco grintosa e diversa da tutto il resto per essere apprezzata in un contesto così brillante.
Aquelarre, invece, ha le caratteristiche tipiche di un brano hard rock e si fa apprezzare per l’egocentrico giro di chitarra a volte accarezzato, a volte schiaffeggiato dalla batteria dell’eminente Txus (grande protagonista di questo Gaia 2) e sublimato dalla solita sviolinata centrale. Il cambio di tempo finale è esaltante.
Passaggi Chiave:
Hazme Un Sitio Entre tu Piel: pochi dubbi anche in questo caso; il ritornello è l’arma vincente di un brano che è tipico nella forma e semplice nella struttura.
El Poema De La Iluvia Triste: provate a dare un ascolto all’assolo di chitarra che parte al minuto 5:31 e si conclude al minuto 6:05… Da solo vale il classico “prezzo del biglietto”.
El Paseo de Los Tristes: sembra scontato ma, devo scegliere anche qui il break centrale di chitarra, di chiara estrazione ottantiana. Grandioso!
Diabulus in Musica: le tastiere esibiscono le geometrie di questo brano che ha il suo punto forte nei versetti cantati da Patricia Tapia (Nexx).
Diabulus in Musica: complicato ma non troppo, giusto citare l’assolo di Manuel Moreno e la sua chitarra flamenca ai cinque minuti, ed il fantastico cambio di tempo finale.
Cover Time:
Una nel primo e una nel secondo supporto. Potevano mancare i Rainbow? L’inchino al cospetto di Ritchie Blackmore e Ronnie James Dio è emblematico; la lunga En Nombre De Dios, ai tempi Gates of Babylon, cambia radicalmente nella sostanza (liriche totalmente diverse e rapportate al concept) e relativamente nella forma anche se la produzione, gli strumenti contemporanei e l’approccio moderno non fanno altro che sottolineare il numero degli anni di distanza che separano l’una dall’altra.
E chi si aspettava gli Ultravox? Ricordate Himn degli Edguy? Ecco a voi la superba versione spagnola intitolata Manana Empieza Hoy, vincitrice ai punti nel duello con l’alter-ego tedesco per merito della componente orchestrale che qui, e ditemi se non è vero, emula le prestazioni dei mitici “Rondò Veneziano”… Ascoltare per credere…
Heavy Metal (is the Law):
Ci siamo; ho tenuto per ultima la descrizione delle sfuriate decisive perché, per queste, c’è bisogno di concentrazione totale: il resto è stato ampliamente scritto e descritto, è l’ora de “il meglio del meglio”, due diamanti che superano i trenta minuti di musica… e che musica signori…
La Voz Dormida ci travolge con gli acuti dell’ugola ispanica e adotta un sopraffino coretto di strumenti a fiato su una suite up-tempo dai mille colori e dai dieci mila risvolti acustici. Il gruppo mette a disposizione tutto ciò che è stato in grado di costruire in questi anni e riassume il “potere della melodia” in questo brano dai contorni power, dalle reminiscenze heavy metal e dal sapore neo-classico. Come farete a non accompagnare Josè nel “coro da stadio” posto agli 8 minuti, dopo l’incontaminata orgia di metallo puro?
Provo estrema difficoltà nel tentativo di scrivere qualità e peculiarità de “La Cantata Del Diablo”, ottava meraviglia terrestre che mi ha lasciato incredulo dopo i primi ascolti e basito ancora oggi, dopo aver raggiungo un picco di, più o meno, mille ascolti… Detto questo, non mi resta che elencarvi i momenti che racchiudono questo viaggio della durata di ventuno minuti a mo’ di telecronaca.
(da 0 a 1′ e 25”) – Si comincia col coro dell’orchestra stoppato dal giro di chitarra acustica adornato dal flauto e cesellato dalla voce suadente di Leo Jimènez (Saratoga e Stravaganzza).
(da 1′ e 26” a 3′ e 55”) – Chitarra elettrica e batteria ipnotiche e cadenzate alla ricerca della voce “piratesca” di Victor Garcìa (Warcry) che regala, con la sua prova, un momento davvero speciale all’intero disco. Il Wisthle e il Flauto Traverso cominciano a delineare la melodia portante sino ad una fase di “tira e molla” con la batteria di Txus, duello senza vincitori e vinti che ci accompagna sino alla prima vera esplosione del brano.
(da 3′ e 56” a 7′ e 14”) – Cambio di tempo sfolgorante dettato dalla batteria con la chitarra elettrica indemoniata nella simulazione della strofa killer (Hoy La Libertad se ha quedado dormida y en silencio…) cantata di lì a poco da Josè e dagli elementi del coro. Un muro sonoro invalicabile ci consegna minuti di goduria appena prima del meritato relax.
(da 7′ e 15” a 8′ e 26”) – Tutto affievolisce per pochi ma fondamentali secondi, il pianoforte attenua la tensione che si è creata con l’appagante putiferio precedente e il flauto traverso torna ad accarezzare le orecchie messe a dura prova. Metto un attimo in risalto la partitura di piano che comincia ai 7 minuti e 29 e termina 15 secondi dopo: provate a canticchiarci il ritornello della ballad Glory To The Brave degli Hammerfall (registrata sul live Madrid Las Ventas)… non si tratta forse di una geniale finezza?
(da 8′ e 27” a 11′ e 57”) – La potentissima Cantata del Diablo comincia ad assumere le sembianze di una ballata infatti, in questo tratto, la chitarra acustica diventa padrona e le dolci vocals di Josè si alternano con quelle altrettanto morbide di Aurora Bèltran. Uno spiraglio si intravede con l’arrivo delle distorsioni della chitarra di Carlitos e l’adrenalina prende forma quando gli acuti di Josè tornano a splendere e, soprattutto, quando il bridge conclusivo ci accompagna al top del pezzo.
(da 11′ e 58” a 12′ e 38”) – Passaggio folcloristico da sensazioni inimmaginabili, veloce, trasversale, tagliente e, irresistibile. Violino, flauto, shawn, whistle, tastiere, c’è tutto: buon divertimento.
(da 12′ e 39” a 13′ e 30”) – Ritorno di fiamma della melodia dei primi minuti eseguita allo stesso modo e con gli stessi strumenti e conclusa con il coro che apre a…
(da 13′ e 31” a 16′ e 09”) – Coro che apre agli elettrizzanti assoli di tutte e 3 le chitarre elettriche presenti, quella di Carlitos, Frank e Jorge affiancati ai patterns da 12/8 di Txus. Tecnicamente, i 3 moschettieri, si dimostrano ineccepibili, un po’ poco vario (forse) il batterista, ma non importa. Ricordatevi questi 2 minuti e mezzo perché, certamente, rappresentano la “creme metallica” di La Voz Dormida.
(da 16′ e 10” a 18′ e 10”) – Parte conclusiva dedicata all’accecante bagliore dell’insuperabile ritornello che darà la possibilità a questo disco di entrare, stra-meritatamente, nei classici.
(da 18′ e 11” a 21′ e 12”) – La quiete dopo la tempesta, il piano prende le “redini del gioco” e attende che il narratore, agli atti Leo Jimènez, cominci a predicare “El Salmo de Los Desheredados”, la preghiera libertina che chiude definitivamente Gaia 2. A voi il compito di tradurla.
EL FINAL
Siamo al termine di questa enciclica e ho esaurito le parole da spendere a favore di questo che, se non l’avete ancora capito, è un doppio cd del quale si sentiva la mancanza, all’interno del suo genere, perlomeno da una decina di anni. Ogni particella, ogni singolo momento e ogni dettaglio, aiutano ad innalzarlo affinché possa sovrastare tutto il resto e scorgerlo, forte e fiero, dall’olimpo dell’heavy metal.
Padre Nuestro, de todos nostros, por què nos has olvidado? Padre Nuestro, ciego, sordo y desocupado, por què nos has abandonado?
Gaetano “Knightrider” Loffredo
Tracklist:
CD1
01.Volaverunt Opus 666
02.La Voz Dormida
03.Hazme Un Sitio Entre tu Piel
04.El Poema De La Iluvia Triste
05.El Callejòn Del Infierno
06.El Paseo De Los Tristes
07.La Posada De Los Muertos
08.Desde Mi Cielo
09.En Nombre De Dios
CD2
01.Incubos Y Sùcubos
02.Diabulus In Musica
03.Manana Empieza Hoy
04.El Prìncipe De La Dulce Pena
05.Aquelarre
06.Hoy Toca Ser Feliz
07.Creo (La Voz Dormida – Parte II)
08.La Cantata Del Diablo (Missit Me Dominus)