Recensione: Gallows Gallery

Di Riccardo Angelini - 13 Luglio 2006 - 0:00
Gallows Gallery
Band: Sigh
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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80

Fanno black? No, non più. Death allora? Neanche. Prog? Non proprio. Power? Per carità! Heavy? Assolutamente no. Ma allora che cosa suonano? Probabilmente non lo saprebbero dire chiaramente  neanche loro, ma non importa. Se la qualità è questa, va benissimo così.

Ogni volta che esce un disco dei Sigh, le domande sono le stesse, e le stesse sono le risposte. Gallows Gallery non fa eccezione. Peccato che dalle nostre parti la band sia tutt’altro che seguita: Peccato per il pubblico, si intende, perché la formazione di Tokyo è una delle poche per le quali l’aggettivo “geniale” non vada sprecato.

I Sigh non sono esattamente una band di primo pelo: guidati dal vulcanico frontman e tastierista Mirai Kawashima hanno visto la luce nel lontano 1990, ispirati dall’heavy dei Black Sabbath e dal movimento proto-black che faceva capo ai precursori Celtic Frost. Nel giro di tre-quattro anni hanno messo in cantiere tre demo e un EP, che in un modo o nell’altro devono aver fatto il giro del mondo: tant’è che nel 1993 Euronymus li scritturava per la sua Deathlike Silence Productions. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia. Il black metal crudo e affilato di Scorn Defeat è ormai alle spalle, trasmutato in un composto organico che qualcuno, per tagliar corto, potrebbe sbrigativamente definire avantgarde. Che ciò basti a rendere la complessità – stilistica più che tecnica – del sound degli odierni Sigh, può essere oggetto di discussione, ma che la loro proposta sia a tutti gli effetti all’avanguardia non è dubbio. Black, Thrash, Heavy e Speed Metal, Prog Rock, Hard Rock, musica classica, jazz. E poi fusion, rock psichedelico, funky, blues, elettronica, ambient. C’è da perdere la testa a rintracciare uno per uno tutti i giacimenti dai quali i Sigh estraggono le proprie idee, e ancora non si riuscirebbe a ritrarre un quadro men che indicativo di quello che è stato il loro oceanico retroterra da sedici anni a oggi.

Oggi: dopo aver toccato quello che può considerarsi l’apice sommo della propria storia musicale nel 2002 con il pezzo d’arte Imaginary Sonicscape, i Sigh si trovarono davanti a un trivio: tornare indietro verso le origini estreme, restare fermi e assestarsi sulle nuove terre scoperte, o andare avanti alla ricerca di nuovi orizzonti. Inutile che vi dica qual è la via imboccata a testa bassa da Kawashima e soci.

Gallows Gallery si lancia in avanti, e cambia ancora. La prima innovazione – radicale, spregiudicata – è al microfono. Kawashima abbandona il suo caratteristico screaming, o meglio lo assottiglia, lo sovrappone al pulito e ne spreme un succo acido e pungente, sporco e spritato, quasi un coro a voce singola. L’impatto è straniante e sulle prime sgradevole. E’ facile immaginare un sorriso sardonico sulle sue labbra, di fronte ai lamenti dell’ascoltatore con le viscere che si contorcono per gli effetti di un veleno cui non è preparato.
Ma è solo il primo passo. Lo sgomento continua, o meglio, inizia con Pale Monument. Subito in primo piano l’organo di Mirai, che strappa il cuore degli anni settanta e lo conficca in seno a una cavalcata irrefrenabile, guidata dallo scatenato nuovo acquisto Junichi Harashima alle pelli. C’è spazio anche per un bell’assolo di Paul Groundwell, dei doomster inglesi Thine.
Non sarà lui l’unico ospite: dal primo all’ultimo minuto sfileranno ben sette musicisti, provenienti da band di mezzo mondo. Decisivo, tra gli altri, il contributo di Bruce Lamont degli statunitensi Yakuza al sassofono, frequente protagonisti di interventi e assoli deliziosi, come avviene sulla siderale Confession to Be Buried. Sotto al riffing irresistibile di Shinichi Ishikawa, affiancato in fase di assolo dall’ex-Dream Evil Gus G., sbuca perfino il folcloristico koto del solito poliedrico Mirai; sublime l’esodo orchestrato, la cui marzialità è tradotta in parole dalla voce narrante di Frank “Killjoy” Pucci, storico singer dei veterani del death Necrophagia. Una curiosità riguardo al finale del brano: al di là della registrazione capovolta del chorus, pare che le insolite modulazioni sonore poste in chiusura siano state riprodotte attraverso una tecnologia utilizzata per la prima volta dall’esercito tedesco nella seconda guerra mondiale, durante la sperimentazione delle cosiddette armi soniche. L’utilizzo di tale strumentazione poco convenzionale è stato aspramente contestato dalla Century Media, che per quasi due anni ha impedito la pubblicazione del disco, pronto già nel 2004. Immagino che l’espressione perplessa sui vostri volti rispecchi in qualche modo quella del sottoscritto; quel che è certo è che nessun essere umano, animale o macchina è stato maltrattato o abbattuto durante la registrazione di questo disco. Inevitabile la conclusione del braccio di ferro tra band e label: divorzo e nuovo matrimonio, celebrato con la Baphomet di Killjoy.
Ma tornaniamo alla musica suonata. Le sezione centrale presenta alcuni dei passaggi più interessanti del lotto: si va dalla psichedelia ammantata di classicismi dell’onirica Tranquilizer Song, dominata dall’eclettismo di Kawashima e riproposta nel finale in una versione che ne accentua l’elemento elettronico, a Gavotte Grim, incubo allucinato tra riff di sabbathiana memoria, fiati sinfonici e sussurri elettrici, che in più d’una mente rievocherà i ricordi illustri di Arcturus e Ulver utima maniera. In mezzo spunta una Midnight Sun, visionaria galoppata tra i fumi di una sbornia ilare e festosa, imperlata di un sudore tutto ottantiano. Non sono molte le band dotate dell’estro, oltre che dell’impudenza, necessari per scrivere un pezzo del genere.

Una sola pecca di rilievo va ascritta all’album nel suo complesso: per dirla in poche parole, la produzine fa acqua da tutte le parti. Non è dato sapere se la disputa con la casa discografica possa avere in qualche misura influito sulla qualità del suono, quel che certo è che un disco del genere avrebbe meritato tutt’altro trattamento. I più penalizzati in questo senso pare il buon Satoshi Fujinami e il suo basso, ritrovato dopo oltre tredici anni anni trascorsi a massacrare le pelli: un compito nel quale è stato impeccabilmente sostituito dal già citato Hirashima, noto nel campo estremo giapponese per le collaborazioni con i brutali Hellchild e gli schizofrenici Gonin-ish.

Alle orecchie di chi già conoscesse l’imprevedibilità dei Sigh, Gallows Gallery potrebbe apparire il loro disco più immediato, quello più facilmente fruibile. Nulla di più sbagliato. Come in passato, più che in passato saranno necessari molti e molti ascolti prima di potersi impossessare dell’anima di queste composizioni, spericolate e visionarie come vuole la tradizione dei pionieri nipponici. Prevedibilmente una buona metà degli ascoltatori scapperà con le mani tra i capelli già al primo contatto, mentre un’altra buona fetta difficilmente sopravviverà dopo una manciata di ascolti. A quanti si dimostreranno tanto determinati, o tanto folli, da insistere senza recedere, il privilegio di assaporare il frutto probito del giardino dell’estremo oriente.

In tutti i casi, maneggiare con cautela.

Lineup:
Mirai Kawashima – Vocals, All Keyboards & Organs, Sampling, Sitar, Tabla, Glockenspiel, Gong,  Taisho-Koto, Tibetan Bells
Shinichi Ishikawa – Guitar
Satoshi Fujinami – Bass, Guitar
Junichi Harashima – Drums, Brush snare

Guest musicians:
Gus G. (Firewind): Guitar Solo [Confession To Be Buried, Silver Universe]
Niklas Sundin (Dark Tranquility): Guitar Solo [In a Drowse]
Killjoy (Necrophagia): Voices, Narration [Confession To Be Buried, Silver Universe, Gavotte Grim]
Gunface (The Red Chord): Guitar Solo [Messiahplan]
Bruce Lamont (Yakuza): Saxophones [In a Drowse, The Enlightenment Day, Confession To Be Buried, Midnight Sun]
Metatron (Meads of Asphodel): Narration [Confession To Be Buried]
Paul Groundwell (Thine): Guitar Solo [Pale Monument]

Tracklist:
1. Pale Monument (3:53)
2. In a Drowse (3:27)
3. The Enlightenment Day 3:33)
4. Confession to Be Buried (6:21)
5. The Tranquilizer Song (3:20)
6. Midnight Sun (3:45)
7. Silver Universe (3:51)
8. Gavotte Grim (7:27)
9. – (2:12)
10. Messiahplan 3:47)
11. The Tranquilizer Song [David Harrow Mix] (4:02)

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