Recensione: Game Of Faces

Di Manuel Gregorin - 11 Marzo 2025 - 16:04
Game Of Faces
Band: Dynazty
Etichetta: Nuclear Blast
Genere: Power 
Anno: 2025
Nazione:
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79

Magari ai Dynazty piace piazzare certe croste come artwork, ma sta di fatto che le copertine non paiono proprio essere il loro punto forte. Fortunatamente però, la cosa che più conta in un album è la qualità dei brani, ed almeno su questo, la band svedese è sempre stata generosa. Lavori come The Dark Delight, Titanic Mass o Renatus (in questo caso anche un titolo un po’ atroce da sentire) sono sempre andati a segno attirando un certo interesse attorno al nome della compagine di Stoccolma.
Così, a due anni dal precedente Final Advent, con il vento in poppa e la solita ciofeca in copertina, eccoli tornare con un nuovo capitolo intitolato Game Of Faces. Il disco è stato prodotto dalla band stessa e mixato da Jens Bogren, e vede la formazione invariata rispetto agli ultimi anni. Le tematiche si pongono l’obiettivo di compiere un viaggio esplorativo nella mente e nell’esistenza umana, affrontando temi come la scoperta di sé stessi, morte spirituale e rinascita. Tutti argomenti ricercati ed impegnativi, con cui i Dynazty provano a distinguersi da altre band che invece affrontano tematiche molto più ricorrenti. Dal punto di vista strettamente musicale abbiamo di fronte il solito power metal sfumato di hard rock misto a tastiere dal sapore eurodance. Una sorta di euro-power o metal-techno che va ad abbattere la barriera insormontabile (almeno fino a qualche anno fa) tra metallo pesante e la musica da discoteca ed elettronica. Una soluzione questa già sentita da formazioni come Beast In Black o, in maniera differente, dai Rammstein. Un percorso, se vogliamo, forse iniziato addirittura dal nostro Fabio (Lione) nazionale, quando con lo pseudonimo di J-Storm faceva ballare i ragazzetti del sol levante con spensierate canzoncine disco music (provate a cercare in rete se non ci credete).

Le danze metalliche si aprono con Call Of The Night un pezzo vigoroso con suoni pompati che ruota attorno ad una melodia accattivante. Squadra che vince non si cambia, ed infatti anche questa volta ritroviamo la formula già rodata dell’heavy-power misto a suoni elettronici e ritornelli di forte impatto. La title track Game Of Faces è una traccia ad alta tensione con chitarre corpose accompagnate da gelidi synth nel creare un suono poderoso e moderno. Con Devilry Of Ecstasy i Dynazty sfoderano ancora le loro armi più efficaci mettendo sul piatto potenza e melodia appaiate in una traccia attraente.

Die To Survive e Phoenix partono con riff compatti, la strofa rimane poi sospesa tra batteria e tastiere per esplodere in un ritornello clamoroso. Una formula che a Nils Molin e soci deve piacere parecchio visto la frequenza con cui ne fanno uso. Certo che a volte, si può avere la sensazione che i Dynazty tendano a fare i brani con il copia e incolla. Poi però, ecco che ti piazzano un pezzo come Fire To Fight dove tutto fila alla perfezione. Una canzone esplosiva con melodie avvincenti, magari un po’ ruffiane, ma che può farti innamorare fin da subito della band.

Dark Angel esce un po’ (ma non troppo) da questo schema, mostrando una struttura più tradizionalmente power metal, mentre Fortune Favors The Brave ruota su soluzioni sinfoniche ed una melodia che pare la suoneria di un videogame. Tutte le canzoni hanno un approccio diretto e paiono studiate per il contesto live. Il cantante Nils Molin poi, si dimostra abile nel ricamare soluzioni che restino impresse nella mente a partire dai primi ascolti.

Sole Survivor è un tempo medio dall’aspetto fiero e trionfale dove la band svedese calca ancora la mano sulla pomposità. Una batteria dall’andatura quasi marziale introduce Dream Of Spring, una ballata solenne di forte impatto che va a costruire il momento soft del disco. Giungiamo alla conclusione con Mystery, una cavalcata dai toni gloriosi e roboanti, dove i Dynazty paiono provare a fare le veci dei Powerwolf.

Niente di nuovo in casa Dynazty quindi, la band non cerca di intraprendere nuove strade, e probabilmente nessuno si aspettava qualcosa di diverso.
Game Of Faces è il disco che tutti si immaginavano avesse potuto uscire dalla penna della formazione scandinava. Un lavoro essenzialmente senza troppe sorprese, che magari potrebbe peccare di una certa prevedibilità e, se vogliamo, anche staticità.
Tutto questo però, non pare essere un problema, visto che nei loro album, tutto fila alla perfezione e gli elementi sono sempre sistemati al loro posto.
Se l’obiettivo dei Dynazty è quello di farsi piacere ci riescono ancora abbastanza bene.
Un po’ ruffiani? Potrebbe anche essere, ma finché i loro album continuino a funzionare, sarà sempre un piacere ascoltarne di nuovi.

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