Recensione: Gangrene

Di Giuseppe Abazia - 14 Maggio 2008 - 0:00
Gangrene
Band: Mirrorthrone
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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80

Chitarroni pesanti, batteria velocissima. Ma anche stacchi acustici, melodie barocche, tempi più dilatati. Atmosfere aggressive, ma inframezzate da meravigliosi passaggi di tastiere e pianoforte. Ragionata brutalità, mediata da una tecnica di assoluto rilievo. Cantato in scream e growl, ma anche vocalizzi puliti. L’aspetto più sorprendente di cotanta abbondanza musicale? Che dietro il progetto Mirrorthrone non c’è un’ensemble di navigati musicisti, ma una sola persona: un ragazzo svizzero di nome Vladimir Cochet, che registra i suoi dischi interamente a casa propria. Ma andiamo con ordine.

La one-man band Mirrorthrone nasce nel 2000, quando Vladimir, già mastermind di gruppi come Unholy Matrimony (black metal) e Weeping Birth (death metal), decide di dar vita ad un progetto che gli permetta di sfogare liberamente le proprie velleità sinfoniche e melodiche. Registra due demo che gli varranno, poco tempo dopo, un contratto con la Red Stream; da lì al primo full-length il passo è breve, e Of Wind And Weeping vede la luce nel 2003. Lo stile dei Mirrorthrone è già ben delineato: black metal moderno, d’avanguardia, dal forte sapore sinfonico, che fa dell’atmosfera uno dei suoi maggiori punti di forza. Il successivo Carriers Of Dust, del 2006, mostra una padronanza compositiva ancora maggiore, con canzoni estremamente lunghe e articolate; i Mirrorthrone riescono a ritagliarsi uno spazio di rilievo nella scena black sperimentale. Ora, nel 2008 è la volta di Gangrene: la progressione artistica di Vladimir si fa ancora più sorprendente, e il risultato è un album eclettico, dalle numerose sfaccettature, composto e suonato in modo ricercato ed elegante.

La base di partenza della musica dei Mirrothrone è il black metal, quello sinfonico, ben prodotto, suonato con perizia tecnica; ci sono i blastbeats, e le chitarre, pur col loro suono pieno e cristallino, sono taglienti al punto giusto; lo stile vocale prevalente è uno scream potente, corposo, dall’ottima carica espressiva. Notevole importanza è riservata alle tastiere, che fungono ora da tappeto atmosferico, ora da strumento portante che definisce la melodia; se ci fermassimo qui, probabilmente ci troveremmo di fronte a un “regolare” gruppo black sinfonico. Ma non è così.
Ciò che distingue i Mirrorthrone è la capacità di fondere in modo perfetto la componente metal con orchestrazioni che affondano le proprie radici nella cultura musicale classica di Vladimir. Dunque, fra un blastbeat e uno scream, abbiamo lunghi e bellissimi intermezzi di pianoforte, passaggi di violino (che, seppur opera del sintetizzatore, ha un suono molto realistico), organi maestosi e cori epici, in un grandioso tripudio che a tratti fa pensare che dietro i Mirrorthrone ci sia una piccola orchestra. Lussureggianti cavalcate pianistiche accompagnano riff potenti e asciutti, duetti di chitarra acustica e tastiere tessono melodie malinconiche e raffinate, tappeti di tastiere fanno da contraltare a barocchi assoli di chitarra, e inserti di voce pulita rendono l’atmosfera ora più dolce, ora più epica. Proprio la voce, d’altra parte, è un altro degli aspetti migliori dell’album: come si è detto, lo scream è lo stile maggiormente utilizzato, ma non mancano sezioni cantate con un profondo growl, mentre le sopracitate clean vocals hanno il notevole pregio di somigliare a quelle di Garm in Aspera Hiems Symfonia degli Arcturus. L’album contiene sei canzoni molto lunghe (la più breve 6 minuti e mezzo, la più lunga 15 minuti), piene di cambi di tempo, e durante le quali il registro atmosferico subisce numerose variazioni; sei tracce che tengono sempre desta l’attenzione dell’ascoltatore con la loro originalità, la loro varietà, la loro eclettica potenza. Sarebbe difficile descrivere efficacemente ognuna di esse: la loro notevole complessità strutturale mal si presta a brevi sintesi che rischierebbero di svilire il monumentale lavoro che – è evidente – c’è dietro.

Purtroppo c’è un solo difetto che impedisce a Gangrene di raggiungere il rango di capolavoro, ossia la batteria, che è in realtà una drum machine. Mettiamo le mani avanti: i Mirrorthrone non sono afflitti dal flagello che colpisce molte band che ricorrono alla batteria elettronica, ossia suoni plastificati e artificiali. Fortunatamente, nei Mirrorthrone le campionature sono di qualità eccellente, rendendo il risultato finale sufficientemente simile a ciò che si otterrebbe con una vera batteria. Il problema risiede, invece, nel modo in cui è stata programmata: all’inizio della recensione ho definito il drumming “velocissimo”, ma il punto è che, in certi frangenti, il buon Vladimir si lascia prendere un po’ troppo la mano, facendo correre le sue pelli virtuali a velocità francamente impossibili per un batterista in carne ed ossa. Questo, e qualche fill un po’ troppo tentacolare, rendono piuttosto evidente la natura elettronica della batteria. Una programmazione più attenta e ragionata avrebbero giovato alla resa finale, che invece così è inficiata da alcuni passaggi che fanno storcere un po’ il naso.

Nonostante questo difetto, Gangrene merita ugualmente di essere premiato per le sue canzoni coraggiose, intricate, che mettono in luce capacità compositive molto al di sopra della norma. Il fatto che dietro ai Mirrorthrone ci sia una sola persona rende il risultato finale ancora più apprezzabile, e la lieve “nota stonata” rappresentata da certe esagerazioni dietro le pelli elettroniche non deve impedire di godere a pieno di un disco che si distingue per la pura bellezza delle sue melodie, per la genuina pesantezza dei suoi versanti più estremi, e per il certosino lavoro che c’è dietro a canzoni dalla complessità non comune. Mancava poco perchè si potesse parlare di Gangrene in termini di capolavoro, ma per raggiungere tale rango Vladimir ha bisogno o di un vero batterista, o di una maggiore padronanza nella programmazione della drum machine; quel che abbiamo fra le mani adesso è comunque un album ottimo, al cui interno sono racchiuse perle estremamente pregiate. Gangrene è altamente consigliato a chiunque sia alla ricerca di metal ambizioso, d’avanguardia, capace – ed è un pregio non da poco – di regalare all’ascoltatore musica innovativa, interessante, e dal forte impatto emotivo.

Giuseppe Abazia

Tracklist:
1 – Dismay (11:34)
2 – No One By My Side (10:26) (sample)
3 – The Fecal Rebellion (15:02)
4 – Ganglion (08:51)
5 – Une Existence Dont Plus Personne Ne Jouit (12:05)
6 – So Frail (06:40) (sample)

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