Recensione: Gate Of The Gods

Di Carlo Passa - 27 Marzo 2022 - 10:50
Gate Of The Gods
Band: New Horizon
Etichetta: Frontiers Music Srl
Genere: Power 
Anno: 2022
Nazione:
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78

Reso famoso dal talent show svedese Idol, che vinse nel 2009, Erik Grönwall è entrato nelle orecchie dei rocker in virtù della sua militanza negli H.E.A.T. che, iniziata nel 2012, si è conclusa nel 2020 dopo quattro album, di cui almeno due (Address the Nation e Tearing Down the Walls) di valore assoluto.
Il dotatissimo Erik è purtroppo salito alla cronaca negli ultimi anni anche a causa della leucemia contro cui sta lottando, ma che non sembra riuscire a tenerlo lontano dal microfono, se è vero che lo svedese è recentemente negli Skid Row e ha dato alle stampe questo Gate of The Gods sotto il monicker New Horizon. La band è, in vero, il progetto di un duo di ex compagni negli H.E.A.T.; accanto a Grönwall, infatti, c’è Jona Tee, tastierista nella band madre e polistrumentista, oltre che autore, in Gate Of The Gods.
Il risultato è un disco di power metal dalle forti aperture melodiche, marcatamente debitore nei confronti dei classici del genere, su tutti Helloween ed Edguy, con qualche accenno anche agli Stratovarius. Niente di nuovo, dunque, ma certamente un gran livello di scrittura e la solita prova maiuscola di Erik Grönwall, che alla fine ci mette sul piatto un disco power metal iperadrenalinico.
Certo, la brillante freschezza di un Address the Nation non è facile da replicare e, va detto, Gate Of The Gods non riesce ad avvicinarla. Tuttavia, ciò non significa che il disco non sia bello. Anzi: proprio evitando ogni sorta di, in vero immotivato, confronto con il passato del duo, il prodotto dei New Horizon si fa apprezzare proprio perché innesta nella cifra stilistica rodatissima del power metal massicce dosi di melodie tipicamente hard rock, creando così una commistione affascinante e coinvolgente. Ne consegue che Gate Of The Gods si ascolta (e si riascolta) volentieri, anche in virtù di una diversità intrinseca delle canzoni, in termini di suoni, arrangiamenti e atmosfere.
We Unite apre il disco e inganna l’ascoltatore facendogli immaginare che tutto Gate Of The Gods sarà fatto di doppie casse sparate a gran velocità e ritornelloni da urlare a gran voce: piacevole, ma a gran rischio di già sentito. Per fortuna, non è così fin da Stronger Than Steel, un cadenzato metallone dal riff che più Hammerfall non si può, davvero impreziosito da una gran prova di Erik e miracolato da un ritornello preso in prestito da qualche sala prova degli H.E.A.T.
Cry For Freedom torna sugli stilemi power di We Unite, regalando un buon refrain ma niente di più. E in questo continuo alternarsi si incastona bene Call Of The Underground, che accosta velocità e melodia, senza mai eccedere in durezza: e qui sono i Masterplan fare capolino.
Con Stardust si torna alla doppia cassa sparatissima: ed è subito aria di Stratovarius. Event Horizon, invece, è un hard power eccitato nel refrain e, al contempo, evocativo nella strofa, mentre The End Of All ci delizia con una cavalcata epicheggiante (in effetti, mancava) tra Hammerfall e, latatamente, Manowar.
Con Fearless si torna dalle parti di Timo Tolkki, mentre la title track Gate Of The Gods è una mini suite di sette minuti capace di alternare atmosfere diverse, a tratti quasi da musical. Il modello di rierimento principale sono gli Edguy e, ovviamente, gli Avantasia: ma, pur riconoscendole le nobili discendenze, Gate Of The Gods sa essere personale e distintiva di quanto i New Horizon potranno (forse) proporci in futuro.
Nel complesso, Gate Of The Gods è un bel disco di power metal contemporaneo, capace di imporsi soprattutto grazie alla ottima qualità scritturale ed esecutiva di Erik Grönwall e Jona Tee.
Se è vero che in Gate Of The Gods non ci sono filler, vanno riconosciute in Stronger Than Steel e, soprattutto, nella title track due gemme di notevole fattura, che mi auguro non finiranno nel tritacarne della fruizione mordi e fuggi odierna. In attesa di ascoltare la voce di Erik Grönwall urlare su 18 And Life, godetevi i New Horizon: potrebbe essere una cosa più piacevole.

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