Recensione: Gears Of The Machine: A New Beginning

Di Riccardo Angelini - 9 Luglio 2008 - 0:00
Gears Of The Machine: A New Beginning
Band: Sacred Dawn
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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62

Nuovo inizio come da titolo per gli statunitensi Sacred Dawn, che a due anni dal quasi omonimo debutto ‘Gears Of The Machine’ approdano su Nightmare Records.  Punti di riferimento dei quattro di Chicago sono senza dubbio i Savatage più diretti e, soprattutto, i Circle II Circle di Zak Stevens, per un ibrido fra power (all’americana) e prog che tenta di riscattare la scarsa originalità con le armi della potenza e della melodia.

Se infatti la spezia prog aiuta a variare il sapore dei brani, il focus è sempre incentrato sull’efficacia di riff, soli e refrain, onde mantenere una presa salda sull’attenzione dell’ascoltatore. Un grosso aiuto in questo senso dal cantante e chitarrista Lothar Keller, in possesso di un timbro pieno e avvolgente, che nello stesso Zak Stevens – pur nelle differenze di timbrica – vede il modello principe verso cui orientare i propri percorsi vocali.
La partenza è positiva, con la rocciosa ‘World Apart’ e la ficcante ‘Master Of Thought’ che suggeriscono inizialmente vaghi intenti epici, precocemente abbandonati dall’hard rock di ‘I’m The One’. Mentre i riferimenti ai Circle II Circle si fanno via via più insistenti, i brani cominciano poco a poco a perdere di efficacia: il primo flop è la fortunatamente breve ‘Walls Of Jericho’, massiccia sì ma altresì piatta e troppo prevedibile. Parimenti scarso il mordente di pezzi come ‘Asmodeus’ o la maideniana ‘Soldier’s Plea’, in cui il sound dei Sacred Dawn comincia a farsi un po’ troppo ridondante. La pseudo-ballad ‘Shadows’ riporta parzialmente la band in carreggiata con un Keller che si esibisce in un falsetto convincente, ‘Time Will Tell’ riscatta la fiacchezza ritornello grazie alla destrezza della chitarra solista. Il sound è ancora una volta molto compatto: i più maliziosi potrebbero dire monotono. ‘White Road, Black Sun’ è a questo punto il pezzo che non ti aspetti: con un cantato impostato su tonalità insolitamente basse e persino un accenno di growl al momento del refrain. Esperimento forse non esaltante ma a questo punto bene accetto. Il finale è per fortuna tutto in salita con l’ottima title track che si erge a pezzo più oscuro e drammatico del lotto e una brillante cover del pezzo country ‘Devil Went Down To Georgia’.

Dotati indubbiamente di mezzi interessanti, i Sacred Dawn realizzano con ‘Gears Of The Machine: A New Beginning’ un disco all’altezza del mercato, ma ancora privo dei requisiti necessari per sfondare. Indispensabile lavorare su una maggiore personalità – i riferimenti ai Circle II Circle sono a tratti troppo sfacciati – e scremare i pezzi figli di genuina ispirazione dai per ora troppi filler. Per ora una buona proposta per chi ama il power americano e per chi stravede per la band di Zak Stevens. Diamo tempo al tempo, e potrebbe uscirne qualcosa di intrigante anche per gli altri.

Riccardo Angelini

Tracklist:
01. The Desire
02. Master Of Thought
03. I’M The One
04. Hatred
05. Walls Of Jericho
06. Approval
07. Asmodeus
08. Soldier’S Plea
09. Shadows
10. Time Will Tell
11. White Road, Black Sun
12. Gears Of The Machine
13. Devil Went Down To Georgia

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