Recensione: Genesis Revisited: Live At The Royal Albert Hall 2CD+DVD
Prologo
Sulla strada tra aeroporto e porto di una città da qualche parte dello stivale, un giorno qualsiasi di un giugno in cui nuvole e pioggia non si decidono a lasciare definitivamente al sole d’estate il posto che gli spetta. L’autoradio è accesa, una conversazione si propaga insieme al suono di una canzone anonima.
“Ma a lei che musica piace?”
“Il rock, quello più classico, fino al metal…”
“I Guns’n’Roses, i Rolling Stones?”
“Naturalmente!”
“Sì, però, “Selling England By The Pound”….quello era un vero capolavoro!”
Ah, i Genesis!
Per legioni di appassionati di progressive rock, e di rock music tout court, i Genesis (perlomeno quelli di prima della svolta pop degli anni Ottanta), sono stati un amore assoluto e non paragonabile ad altri, e persino, in qualche caso, troppo esclusivo. Questo innamoramento ha attraversato intatto le decadi, nonostante il disprezzo dei punk e degli indie-rockers, non solo restando incastonato per sempre nel cuore degli antichi ammiratori, ma pure conquistando nuovi fans tra le più recenti generazioni che si sono approcciate al prog magari attraverso il viatico dei suoi incroci bastardi col metal.
La musica dei Genesis degli anni Settanta, però, non viene in sostanza più suonata dal vivo da chi l’ha creata a suo tempo, giacché, nel corso della rare reunion con Phil Collins dietro il microfono, i Genesis hanno privilegiato le canzoni del su citato periodo pop, predilette dalle masse indistinte. Di un nuovo tour con Peter Gabriel, poi, si favoleggia da tempo (se ne sta riparlando proprio in questi giorni) senza che tale agognata ipotesi si concretizzi. La voglia di ascoltare dal vivo certi brani, però, è palpabile grazie al successo riscosso dalle tribute band che dedicano ai Genesis il proprio entusiasta lavoro.
Ci pensa, allora, Steve Hackett, chitarrista della band fino al 1977, e, tra l’altro, titolare di una carriera in qualità di solista con picchi d’eccellenza, anche molto recenti (si veda Beyond The Shrouded Horizon) a riproporre, in studio e dal vivo, con ospiti d’onore di gran prestigio, quel suono immortale.
In particolare, nell’ottobre del 2013, l’axeman inglese ha tenuto un concerto sold-out alla Royal Albert Hall, accompagnato da una band con Nad Sylvan alla voce, Rob Townsend ai fiati e alle percussioni, Roger King alle tastiere, Lee Pomeroy al basso e Gary O’Toole alla batteria.
La serata, dedicata alla rivisitazione dei classici dei Genesis, vede ora la luce in versione doppio CD e DVD, con il titolo “Genesis Revisited: Live At The Royal Albert Hall”, in uscita in questi giorni per Inside Out.
In questi casi, si presenta per il recensore prepotentemente l’immancabile interrogativo circa il senso e l’utilità di operazioni come questa, in cui sono riproposte composizioni arcinote in versioni che non sempre migliorano gli originali (e immagino i die hard fans, soprattutto se musicisti, andare a scovare, sorprendendosi od indignandosi, le affinità e le divergenze con gli originali).
Al di là di tutto, la cosa migliore per approcciare lavori live o antologici, forse, è quella di abbandonarsi alle emozioni che musica che contiene sa trasmettere, come avranno fatto gli spettatori che sono accorsi quella sera alla venue britannica.
Come non entusiasmarsi, infatti, all’ascolto, proprio all’inizio, dell’imperituro arpeggio di Dance On A Volcano, o, più tardi, con le note, dolcissime prima ed infine epiche, di Afterglow? Come non lasciarsi trasportare dai ricordi che suscita l’ascolto di The Musical Box, dal suo arpeggio iniziale attraverso il magnifico crescendo tra discese e risalite fino all’impetuoso finale (ma che nostalgia della voce di Peter Gabriel!) o di The Fountain Of Salmacis, favolistica e magica con le sue tastiere come onde che si sollevano e s’infrangono?
Godiamo senza indugio, poi, della magnifica voce di John Wetton in Firth Of Fifth, e, nello stesso brano, degli indimenticabili suoni del piano iniziale e del succedersi sbalorditivo ed incantevole di assoli di tastiere, di piano e di chitarre che sono il cuore palpitante di tale superba composizione.
Certo, qualche piccola ombra qua e là fa capolino: Carpet Crawlers con Ray Wilson, cantante dei Genesis per un solo, rovinoso album prima dello spit, è sempre emozionante, ma ci lascia il rimpianto per l’impareggiabile Gabriel e perché no, anche per la voce di Collins. La versione di Ripples, poi, con dietro il microfono quell’Amanda Lehman che ha spesso collaborato con Hackett, non rende pienamente giustizia a questo meraviglioso scorcio acustico.
Ci si consola, comunque, grazie all’accoppiata Uniquiet Slumbers For The Sleepers… (tra epicità e delicatezze incentrate sui tasti d’avorio) e … in That Quiet Earth (imperniato su una ora liquida ora grintosa chitarra ma pure su note di synth che disegnano inconfondibili sequenze di note) e ancora grazie a I Know What I Like, con alla voce ancora Ray Wilson. Il primo successo mainstream dei Genesis appare qui particolarmente spiritoso anche grazie ad un assolo di sax che conferisce un tono piacevolmente jazz.
Non mancano all’appello Supper’s Ready, celeberrima suite dalla straordinaria varietà d’atmosfere, ritmi e suoni, e Watcher Of The Skies, grintoso e aperta dall’epica ed inquietante intro di tastiere.
Questo è il prog per antonomasia, signori!
Ribadendo, in conclusione, la perplessità di fondo circa queste “operazioni nostalgia” (che influenza il voto conferito dal recensore al CD – nulla possiamo dire del DVD essendo il nostro promo solo audio), nonché rispetto alla sensazione di trovarci di fronte ad una pur legittimata tribute band di lusso, e lamentando suoni e volumi nel complesso non scintillanti, non possiamo che inchinarci di fronte alla maestria di Steve Hackett e soci (in The Return Of The Giant Hogweed fa capolino pure Roine Stolt di Flower Kings e Transatlantic) in questo “live”, ed alla torrenziale cascata di emozioni e di ricordi che queste musiche ci suscitano.
Epilogo
Stessa città di prima, stesso giorno nella serata, stesso aeroporto, da qualche parte un barista spara in sequenza Iron Maiden, AC/DC, i Guns…
Devo tornare più spesso da queste parti.
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