Recensione: Genesis XIX
Bruce Dickinson, in occasione del concerto degli Iron Maiden all’Heineken Jammin Festival di Imola nel 2003, condivise col pubblico un ragionamento apparentemente banale. Nell’eccitazione del momento la questione mi lasciò indifferente, complici le molte birre tracannate prima del concerto; tutti quei bicchieri strizzati fino all’ultima goccia per prepararmi agli ‘Irons’ mi hanno sempre impedito di ricordare il discorso con chiarezza. Proverò a ricostruire nel miglior modo possibile la domanda che Bruce rivolse ai fans:
“Ci sono Heavy Metal, Death Metal, Thrash Metal, Black Metal,…in quale di queste scatole mettereste gli Iron Maiden?”
Sulle prime mi sembrò una domanda retorica, buttata lì come riempitivo in attesa del brano successivo: risposi dentro di me che gli Iron Maiden erano il gruppo Heavy Metal per antonomasia ed archiviai l’argomento. Non immaginavo che, col passare degli anni, quella domanda di Bruce Dickinson mi avrebbe tormentato ad ogni tentativo di etichettare la musica che ascoltavo. Mi resi conto, poco tempo dopo Imola, di aver assistito al frontman degli Iron Maiden che celebrava il suo ritorno a casa dopo gli anni di carriera solista. Il buon Bruce definiva la band come impossibile da etichettare e, in questo modo, lasciava intendere che fossero loro i veri primi della classe, i più copiati e i più indipendenti. Quella domanda, per quanto mi riguarda, produsse un altro effetto: instillò in me l’idea che le etichette sono limitanti. Necessarie per mettere un po’ d’ordine, questo sì, ma pur sempre limitanti. Negli anni seguenti ho iniziato a capire che nulla si crea dal nulla: man mano che la mia cultura musicale aumentava percepivo profonde influenze e sottili somiglianze che legavano i vari generi e sottogeneri. Estenderò la riflessione a due gruppi fondamentali per la comprensione della musica dei Sodom, soprattutto per quanto riguarda l’ultimo lavoro ‘Genesis XIX’. Che scatola riserviamo ai Motörhead? Spesso Lemmy introduceva i suoi concerti con questa frase: “We are Motörhead and we play rock n’ roll”. Se poi andiamo a esaminare la musica dei Venom, annoverati più volte nella corrente NWOBHM, le incertezze aumentano: non furono loro ad inventare il Black Metal, amalgamando tematiche e suoni tipicamente Heavy alla sfrontata immediatezza del Punk? Il mio intento è puramente provocatorio; certi argomenti scottano più delle fiamme scatenate dalla storica mascotte dei Sodom, Knarrenheinz, nella bella copertina di ‘Genesis XIX’. I Sodom si sono sempre ispirati ai Motörhead e soprattutto ai Venom: leggenda vuole che il nome della band sia stato estratto dalla canzone dei Venom ‘One Thousand Days In Sodom’, presente in ‘Welcome to Hell’ del 1981. I Sodom vengono spesso riconosciuti come capostipiti di un certo modo di intendere il Thrash Metal: il gruppo fondato nel 1981 in Germania a Gelsenkirchen, nel mezzo del bacino della Ruhr, si fa portavoce di quel desiderio di ribellione che, come nell’Inghilterra del Punk, affonda le sue radici nel decadimento sociale causato dalle crisi economiche e dall’esagerato sfruttamento delle risorse naturali. L’area della Ruhr, tra il 1960 e il 1980, viene descritta come un territorio profondamente ferito sia paesaggisticamente che socialmente, in cui la Natura umiliata, piagata dall’industrializzazione selvaggia, rispecchiava lo sconforto provato dai lavoratori, preoccupati da un altissimo tasso di disoccupazione. Ricordiamo come la zona della Ruhr, grazie alle sue abbondanti risorse minerarie, sia stata oggetto del contendere tra le potenze europee a cavallo delle due guerre mondiali; l’area, considerata “obiettivo sensibile” proprio per la sua vocazione industriale, insieme a molte altre regioni della Germania fu oggetto di intensi bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale. I Sodom nei primi anni ’80 individuano una valvola di sfogo per questa lugubre eredità: esasperando le incarnazioni più estreme della musica Rock dell’epoca, Heavy Metal e Punk in primis, danno vita a opere seminali per il Black Metal come l’ EP ‘In the Sign of Evil’(1985) e l’album ‘Obsessed by Cruelty’ (1986). In questi primi lavori la predominanza di tematiche “sataniche”, sfruttate come forma di protesta nei confronti di una religione priva di significato in un mondo sofferente, lascia comunque spazio all’altro grande tema trattato dai Sodom negli anni successivi. Parlo della guerra, perfetto esempio di intervento diabolico, talmente insensata da rivelarsi come la vera incarnazione del Male sulla Terra. Il leggendario ‘In the Sign of Evil’ ospita ‘Burst Command Till War’, brano che denuncia la follia della guerra, mentre la storica ‘Outbreak Of Evil’ parla della morte in attesa dietro alle nostre porte, incarnata da demoni combattenti inviati da Satana a muovere guerra all’umanità. Fin dagli inizi i Sodom intrecciano la religione al tema della guerra: un ottimo esempio di questa dualità si ritrova nella già citata copertina di ‘Genesis XIX’, illustrata dall’artista Joe Petagno, già al lavoro coi Sodom nel 2016 in occasione di ‘Decision Day’. Knarrenheinz, promosso al livello di angelo vendicatore, dispensa dal cielo saette e fiamme senza dimenticare l’uniforme d’ordinanza e il suo fidato M-16. In ‘Genesis XIX’ i Sodom mescolano guerra, religione e critica sociale in una ricetta irresistibile, rinforzata da inedite sfuriate in blast-beat e taglienti sonorità Thrash che scivolano talvolta verso quel Punk-Hardcore tiratissimo, grezzo e malsano che i Nostri non hanno mai abbandonato. Un giovane lettore curioso, rendendosi conto a questo punto di non conoscere a fondo la nutrita discografia dei Sodom, potrebbe tentare di colmare le sue lacune con qualche clic ben piazzato sul Web. Se il suo primo ascolto fosse ‘Ausgebombt’, brano preso dall’album ‘Agent Orange’ del 1989, si troverebbe di fronte a un pezzo in pieno stile Motörhead adulterato da un generosa dose di Punk. Potrebbe poi rintracciare facilmente la versione in lingua tedesca di questo brano, in cui le “iniezioni vocali”, come recita la copertina dell’omonimo EP in cui è contenuta, sono state affidate a Bela B., cantante della band Punk berlinese Die Ärzte. A questo punto il nostro lettore curioso potrebbe proseguire con l’album del 1992 ‘Tapping the Vein’: sentirebbe i Sodom avvicinarsi al Death Metal in un periodo in cui la maggior parte dei gruppi Thrash prendeva le strade più disparate, allontanandosi dal percorso tradizionale per esplorare nuove sonorità. Il fatto che io riesca a stendere una recensione di un disco dei Sodom mescolando i vocaboli Thrash, Punk, Death e Black ci fa capire fino a che punto Tom Angelripper, storico mastermind del gruppo tedesco, sia riuscito ad adattare la sua creatura al mondo che lo circondava. I frequenti cambi di formazione a cui Angelripper ci ha abituati hanno periodicamente contribuito ad apportare idee fresche, tanto da permettere la pubblicazione col marchio Sodom di 16 full-length e 8 EP. In ‘Genesis XIX’ ritroviamo la stessa coppia di chitarristi dell’EP del 2019 ‘Out of the Frontline Trench’. La ripresa di sonorità old school garantita dallo storico chitarrista Frank “Blackfire” Gosdzik, presente nei full-length ‘Persecution Mania’ (1988) e ‘Agent Orange’, viene rinforzata dall’intervento del secondo axeman, il trentaseienne Yorck Segatz, attivo anche nella band Heavy Metal Neck Cemetery. Una forte ventata di novità viene assicurata dall’inserimento del batterista trentunenne Toni Merkel: il giovane batterista presta servizio nel gruppo Death Metal Sabiendas e introduce nei Sodom esperienze pregresse in campo Black Metal: lo si rintraccia, con lo pseudonimo di Tynn, nella formazione dell’unico full-length all’attivo dei Pestlegion, combo Black Metal tedesco tuttora in attività. La nuova linfa apportata dal batterista non tarda a farsi sentire in ‘Genesis XIX’, nonostante la scelta dei primi due singoli abbia fatto pensare a un deciso ritorno dei Sodom alla vecchia scuola.
Immaginiamo il nostro lettore curioso imbattersi nei lyric video dei primi due singoli estratti da ‘Genesis XIX’: le fulminanti ‘Sodom & Gomorrah’ e ‘Indoctrination’. ‘Sodom & Gomorrah’ condivide con i Venom immediatezza, velocità e aggressività, arricchendo il tutto con testi sulfurei che riprendono le scandalose tematiche del Black Metal anni ’80. Il secondo singolo ci colpisce con un inaspettato incedere Hardcore-Punk grezzo e veloce, introdotto da un orecchiabile giro di basso di Tom Angelripper ed appesantito da un testo carico di critica verso la società contemporanea. A questo punto il nostro lettore curioso avrà già alzato il volume oltre i limiti della decenza; una volta convinto di aver trovato pane per i suoi denti deciderà di procurarsi l’intero album, desideroso di frantumare definitivamente le orecchie di parenti e vicini di casa. Troverà il brano ‘Sodom & Gomorrah’ in seconda posizione, preceduto da un brano introduttivo strumentale poco degno di nota, ‘Blind Superstition’.
Fortunatamente il tiro, subito aggiustato da ‘Sodom & Gomorrah’, viene ulteriormente corretto con la terza traccia, ‘Euthanasia’, classico assalto Thrash confezionato appositamente per essere sparato dritto nelle coscienze di congiunti e dirimpettai. Segue la title track, già anticipata in ‘Out of the Frontline Trench’, che viene qui riproposta con qualche piccola variazione. Tom Angelripper ci stupisce alzando il tono del suo grido e finendo con l’avvicinarsi pericolosamente allo stile vocale di Tom Araya degli Slayer. A metà brano la furia lascia spazio a un momento di calma, anticipato da un piacevole growl con cui Angelripper scandisce il titolo del brano. Ci viene presentato un arpeggio cupo e riflessivo che, pur attenuando i toni, appesantisce l’atmosfera: la pausa permette di prendere fiato per una manciata di secondi poco prima della tempesta. Come già fecero i Kreator nel brano ‘World War Now’ di ‘Gods of Violence’, la melodia vene interrotta a tradimento da una devastante raffica Thrash che ci lascia con le orecchie doloranti, pronti a fare qualche decina di rewind per riascoltare uno stacco così delizioso. Il titolo ‘Genesis XIX’ rimanda direttamente alla Bibbia e al capitolo 19 del Libro della Genesi, in cui si narra la distruzione di Sodoma e Gomorra, tema caro ai Sodom fin dai tempi di ‘Fall of Majesty Town’, brano contenuto in ‘Obsessed By Cruelty’. I Sodom non sembrano mai perdere di vista il loro passato: ricordiamo, a questo proposito, la canzone ‘Gomorrah’ nell’album ‘Get What You Deserve’ del 1994. Come tradizione vuole, anche in ‘Genesis XIX’ troviamo un brano cantato in tedesco: dopo la title track arriva ‘Nicht Mehr Mein Land’, sorprendente col suo rabbioso blast beat piazzato in apertura e deludente nell’alternanza di parti in blast beat e parti cadenzate, pesanti come macigni, che soffocano la tensione scatenata da un’apertura così violenta. Parti in mid tempo come queste suonerebbero bene in ‘God Hates Us All’ degli Slayer, grazie alla voce di Onkel Tom che anche in questa sede si avvicina alle strazianti grida proprie dell’omonimo Tom Araya. Angelripper, nella seconda scarica di blast beat che chiude la canzone, si lancia in uno scream che farebbe bella figura in un brano di moderno Black Metal, facendo sperare in un più abituale e consapevole utilizzo di questa tecnica vocale nei prossimi dischi. Queste prove generali di scream sono disseminate lungo tutti i brani del disco, compreso il sesto titolo del platter intitolato ironicamente ‘Glock and Roll’ (Glock è il nome di un’azienda austriaca specializzata nella produzione di pistole semiautomatiche). Angelripper racconta la storia di un serial killer ritornando a sonorità Thrash più tradizionali, restituendo altre suggestioni slayeriane nel cantato e nelle parti più lente. Il settimo brano ‘The Harponeer’, dedicato al Capitano Achab del romanzo di Herman Melville Moby Dick, parte con un breve attacco piacevolmente doom, riprende velocità con un mid tempo spaccaosssa e si evolve in una sfuriata Thrash che tanto avrei voluto sentire in ‘Nicht Mehr Mein Land’. Segnalo un altro collegamento con l’album ‘Get What You Deserve’, in cui incontriamo la traccia ‘Tribute to Moby Dick’. Arrivati all’ottava canzone, ‘Dehumanized’, veniamo travolti da un’altra serie di blast beat piazzati con maggior saggezza rispetto a ‘Nicht Mehr Mein Land’: le parti più indiavolate stavolta rispettano a dovere l’economia del brano. La pressione sull’acceleratore viene alleggerita nella nona traccia, ‘Occult Perpetrator’, sviluppata su tempi più cadenzati, in cui di nuovo si sentono richiami a certi episodi degli Slayer. La guerra ritorna nel successivo brano, ‘Waldo & Pigpen’: la canzone indica nel titolo i nomi in codice di due soldati statunitensi, saliti alla ribalta dopo il ritrovamento e la diffusione di una registrazione audio effettuata durante una missione di salvataggio nella guerra del Vietnam. Il brano, introdotto da un arpeggio malinconico, ci offre dopo qualche minuto una serie di riff veloci e irruenti che ben rappresentano il fuoco nemico indirizzato alla volta dei due elicotteristi. Dopo l’intermezzo Punk di ‘Indoctrination’ i Sodom riprendono le ostilità con ‘Friendly Fire’, ultima cannonata di ‘Genesis XIX’ e terzo singolo estratto dall’album. Il brano è particolarmente vario e brutale e il batterista Toni Merkel, vero valore aggiunto protagonista di ‘Genesis XIX’, dimostra di saper padroneggiare una grande varietà di stili, passando con facilità da furibondi blast beat di derivazione Black Metal al classico d-beat nato in ambito Punk.
Giungiamo alla fine dell’album appagati e sicuri di esserci sfogati a sufficienza, consci di aver ascoltato uno dei migliori dischi dei Sodom degli ultimi anni. ‘Genesis XIX’ è un buon lavoro, curato nella produzione e molto vario rispetto agli ultimi dischi, tanto da farne sembrare un po’ riduttivo l’inserimento nella sola “scatola Thrash Metal” evocata da Bruce Dickinson a inizio recensione. Il disco è tanto ancorato alla gloria del passato quanto rivolto alle contemporanee incarnazioni del Metal estremo: Tom Angelripper cavalca, sicuramente con molto piacere, la tendenza all’estremizzazione sonora a cui il Thrash è stato sottoposto negli ultimi anni, sperimentando un’imprevedibile varietà nell’uso della voce e nella scelta dei ritmi. Le parti in blast beat affidate al nuovo batterista talvolta necessitano di una distribuzione più oculata, pena la perdita di coesione di alcuni brani, ma la direzione presa è sicuramente quella giusta, sperando in una maggior stabilità di line-up almeno per i prossimi due o tre album. Sembra che Onkel Tom non abbia alcuna intenzione di crogiolarsi sugli allori, come dimostra la ricerca di sonorità nuove che si sviluppa per tutte le tracce di ‘Genesis XIX’. Nella attesa di scoprire le future evoluzioni del Sodom-sound auguro a tutti di non farsi troppo male alla cervicale: il bisogno di fare headbanging in certi momenti sarà incontrollabile. Buon ascolto!