Recensione: Gestrandet in Nastrand / Der Tag Vergeht
I Wolfswinter nascono e muoiono in Germania dopo una breve carriera durata appena tre anni, ovvero il periodo intercorso tra il loro primo, trascurabile album “Nordal” e il momento del loro scioglimento nel 2004.
Sembra decisamente strano far uscire un album postumo a uno scioglimento, soprattutto se la band in sé non ha una grande storia alle spalle, eppure la Christhunt ha deciso di spremere fino all’ultimo il materiale a propria disposizione facendo uscire questo album che non è altro che la raccolta del primo EP “Gestrandet in Nastrand” e del demo “Der Tag Vergeht”, registrati rispettivamente nel 2000 e nel 1997.
Il contenuto di entrambi i lavori è lo stesso però: black metal ferale in stile Immortal, Mayhem e simili. Sinceramente mi aspettavo il demo di qualità decisamente inferiore rispetto all’EP, sia in termini di registrazione che di idee, invece ho potuto notare che nel demo le idee buone, per quanto scarse, non mancano, mentre è nell’EP che già si nota già quella certa stanchezza che troverà definitivamente uno sfogo in Nordal.
Tale stanchezza deriva probabilmente dal fatto che i Wolfswinter si sono incanalati fin da subito in un filone black metal estremamente mainstream. Le canzoni partorite in quel lasso di tempo peraltro lungo sono di una canonicità quasi imbarazzante, tanto che potrebbero essere state costruite con il generatore casuale di canzoni black metal. Percussioni martellanti fanno da sfondo a giri di chitarra ossessivi e violenti tra i quali emerge nitidamente un basso che compie il suo dovere nel rimarcare delle ritmiche canoniche con un vocalist (anzi, la leggenda vuole che sia una vocalist) gorgoglia e urla anatemi alla paganità più stravolgente.
I tentativi di alzare la testa dal marasma black sono brevi e abbastanza fiacchi: risultano degne di nota la canzone d’apertura, “Geborgenheit“, ben strutturata e abbastanza interessante, e la settima / ottava “Tempel der uralten Mythen“, pregiata di alcuni rallentamenti e stacchi in voce pulita che riescono a ridestare l’interesse generale fino allo sprofondare finale della quattordicesima traccia.
C’è veramente poco da dire su questa lunga raccolta: il materiale è nato già vecchio, e questo tentativo di tornare alla vecchia scuola del black metal scandinavo è seguito pedissequamente come fosse una lezione da ripetere a casa.
I crismi del pagan black ci sono tutti, sono tutti rispettati e sono tutti trascinati via da un’onda in piena di band concorrenti molto più valide. Gestrandet è un disco che farà felici sicuramente i fan sfegatati dei Wolfswinter, se ne esiste qualcuno, e farà felici gli amanti del black metal mainstream senza compromessi.
L’album di per sé non è malvagio, è solo piatto e privo di mordente, e soprattutto è adombrato da una miriade di band che suonano lo stesso genere, probabilmente anche meglio e probabilmente anche a tempo, cosa che spesso non si può dire dei Wolfswinter. L’assatanato black metaller fanatico di qualunque band urli anatemi satanici dentro un secchio di zanzare è sicuramente il benvenuto; gli altri stiano molto attenti prima di spendere una quindicina di euro su un disco che è già stato suonato, e probabilmente verrà anche suonato in futuro molto meglio di così. L’artwork e il “feeling” generale di oppressione sono tra i pochi aspetti che si salvano di quest’opera, peccato per uno scivolone finale da parte dei grafici, che sul retro del CD hanno omesso una canzone in una posizione indefinita, e quindi per l’ascoltatore casuale è impossibile capire che traccia si sta ascoltando. Peccato… il prossimo, prego.
TRACKLIST:
Gestrandet in Nastrand:
01. Geborgenheit
02. Gestrandet in Nastrand
03. Oednis
04. Schattenwelt
05. Eisnacht (traccia omessa dalla lista stampata sul retro del CD)
06. Ausklang
Der Tag vergeht:
07. War to the holy Whore
08. Tempel der uralten Mythen
09. Wolfszeit
10. Grab der Legionen
11. Dem Kaiser der ewigen Nacht
12. Verborgen
13. Wanderer im Schattenland
14. Der Quell des Unterganges