Recensione: Get your wings
Eccovi serviti i veri Aerosmith , gli Aerosmith che di diritto si sono meritati lo status di “one of the greatest USA bands” e che proseguono in questi mesi la loro trionfale cavalcata live attraverso tutto il Nord America, tanto per ribadire che lo scettro “hard-rock” stelle e strisce e’ loro, e non lo mollano. Nel momento in cui scrivo, la band e’ in procinto di dare in pasto ai suoi fan il nuovo lavoro, “Honkin’ on bobo”, in cui i cinque di Boston rendono il dovuto omaggio ai classici del blues, quel blues immortale che, assieme ai Rolling Stones, e’ sempre stato il punto di riferimento e di ispirazione per questa band agli inizi della carriera. Mi sembrava quindi il momento giusto per rivalutare questo “Get your wings”, secondo Lp della loro florida discografia, proprio quando loro stessi ritornano, piu’ maturi e piu’ saggi di prima, alle loro vere origini. Intendiamoci subito, io ritengo validi tutti i dischi degli Aerosmith, ma negli anni 80 e 90 i nostri hanno basato il loro successo su singoli dal fortissimo impatto commerciale, che io stesso apprezzo, ma che non trasudano (nella maggior parte dei casi) nemmeno un’oncia dello spirito reale della band. Lo stesso Tyler, in un’intervista di qualche anno fa, dichiaro’ il suo profondo odio verso la canzone “Love in an elevator”. D’altronde la band, senza questi successi al fulmicotone degli anni ’80, probabilmente non sarebbe mai riuscita ad uscire dal tunnel nero della crisi iniziata alla fine del decennio precedente, e di questo si deve tenere conto. “Get your wings”, invece, non e’ certamente il disco piu’ venduto ne’ comunque il piu’ popolare della band, ma forse e’ proprio quello piu’ rappresentativo, e da’ il via alla stretta collaborazione con il produttore Jack Douglas, il quale prendera’ per mano gli ‘smith fino “Draw the line” del 1977 e, guarda caso!, figurera’ come produttore della loro prossima fatica in studio, il gia’ menzionato “Honkin’ on bobo”. Diciamo subito che “Get your wings” e’ pieno di grandi canzoni, pieno di “classici” per ogni vero amante del gruppo dei “toxic twins” Tyler e Perry. Il suo punto di forza e’ certamente la voce del singer, inconfondibile, ruvida al punto giusto, sempre calda e graffiante. E’ indubbio che il vocalist sia dotato anche di una intensa componente di sensualita’, che arricchisce la sua ugola di sfumature feline. Attorno a lui ruotano quattro musicisti perfettamente oleati, colti proprio nel loro periodo di piu’ intenso splendore: purtroppo (opinione personale) negli anni successivi al 1976 non sono mai riusciti ad esprimersi su questi stessi livelli, se non in qualche rara circostanza (e mi vengono in mente certi episodi di “Get a grip”), laddove invece il buon Steven Victor Tallarico ha saputo mantenersi su alti livelli di prestazione per piu’ decadi. Quello che colpisce subito l’ascoltatore e’ la grinta, la forza d’urto della band, che vuole dimostrare al mondo di essere la vera risposta americana al fenomeno Rolling Stones. Non c’e’ un punto debole su questo Lp, e l’attenzione non scema mai, dalla opener “Same old song and dance”, cavallo di battaglia on stage, fino alla conclusiva “Pandora’s box”, che tra l’altro dara’ poi anche il nome ad un loro box-set antologico molti anni dopo. Il sound e’ curato nei minimi dettagli, cosi’ elegante e ricco da superare le barriere del tempo e risultare ancora oggi attuale. Un incredibile numero di gruppi ha tratto ispirazione da “Get your wings”, soprattutto in epoca grunge. Indimenticabile l’armonica di Tyler in “Woman of the world”, e pure la versione anabolizzata di “Train kept a rollin'” con la quale il quintetto onora al meglio gli Yardbirds e che per decenni riproporranno dal vivo.
Per concludere , ritorno all’incipit: eccovi serviti i veri Aerosmith.
Tracklist:
- Same Old Song And Dance
- Lord Of The Thighs
- Spaced
- Woman Of The World
- SOS (Too Bad)
- Train Kept A Rollin’
- Season Of Wither
- Pandora’s Box