Recensione: Gift
Un’intro bagnata dalla pioggia e si parte. Un nuovo combo italiano si lancia
sulla scena metal con questo mini sicuramente promettente, ma per certi aspetti
ancora troppo ingenuo e scontato. Le prime note di As Burning Within
ricordano i Dark Tranquillity più distanti da questo giorno, in alcuni riff che
faranno drizzare le orecchie dei fedeli amanti di Skydancer. Si passa alla
traccia intitolata Cursed Menfolk: il pezzo più lungo di questo mini, è
anche quello più curato dal punto di vista atmosferico e strumentale, con
variazioni decadenti e malinconiche, unite alla validissima voce di Pillo
impegnato nel dar vita alle lyrics più suggestive del nastro.
Ci avviciniamo sempre di più alla fine di questi minuti. Nessuna variazione
particolare di intensità ed energia: il gruppo prosegue con melodie sempre più
acide e taglienti nella conclusiva Revelation (Dawn Of The Kindred),
rendendo evidenti le influenze svedesi tipiche dei primi anni 90. Molto
interessante in quest’ultima traccia, il lavoro delle chitarre di Luca e
Vinicio.
Insomma, penso siano presenti tutti i requisiti necessari allo sviluppo di una
band veramente grande, ma quello che non ho trovato nello scorrere di questi 22
minuti è stata una grandezza fondamentale, l’originalità. Sebbene l’efficacia e
la potenza del suono risulti ragguardevole, le tracce mancano della costante
presenza di elementi particolari e personali.