Recensione: Giving Yourself Away

Di Giuseppe Abazia - 26 Maggio 2007 - 0:00
Giving Yourself Away
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Anno: 2007
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65

Nonostante siano giunti ormai al quarto full-length, gli Officium Triste non sono mai riusciti a ritagliarsi uno spazio di rilievo al fianco di altri grandi nomi del death-doom come Evoken, Mourning Beloveth, Morgion (R.I.P.), Esoteric, o My Dying Bride. Complici un sound piuttosto derivativo, mancanza di spunti originali, testi spesso alquanto banali e blandi, e un generale pedissequo adeguamento ai canoni del genere, la band olandese non ha mai saputo crearsi una propria personalità distinta e non è mai uscita dal suo limbo di mediocrità, nemmeno col seppur sufficiente Reason del 2004. Tre anni dopo la loro ultima fatica, rieccoli con un nuovo album, Giving Yourself Away. La domanda sorge spontanea: sono finalmente riusciti a dare una svolta alla loro carriera, ad elevare lo standard qualitativo della loro musica e ad emergere rispetto alla massa? La risposta è, purtroppo, solo in parte.

La prima novità che salta alle orecchie è la presenza piuttosto consistente di voce pulita, il che ahimè segna la prima nota negativa dell’album. Fuori luogo, apparentemente forzata, quando non addirittura stonata in alcuni passaggi, la resa della voce pulita negli Officium Triste è distante anni luce dalle interpretazioni di altri illustri vocalist del genere. E’ un vero peccato dover parlare male della voce pulita del cantante, perchè invece il growl è molto potente ed espressivo, e probabilmente il risultato sarebbe stato molto migliore se fosse stato lasciato da solo a tenere le fila della musica. Musica che, d’altra parte, pure avrebbe bisogno di rifiniture per riuscire ad emergere, sebbene i miglioramenti rispetto agli album passati siano stati indubbiamente consistenti. Le melodie, per quanto ancora un po’ scontate in certi passaggi, sono stavolta più coinvolgenti, e supportate da un lavoro di tastiere e di pianoforte che crea un’ottima atmosfera; canzoni come My Charcoal Heart e Signals sono l’esempio migliore della malinconia che gli Officium Triste sono in grado di evocare. Presenti anche frangenti belli tosti, dove le chitarre fanno da padrone, ed esprimono con efficacia rabbia e brutalità; una maggiore presenza di sfuriate del genere non avrebbe guastato, ed avrebbe contribuito a rendere più interessante lo svolgersi delle canzoni. I testi infine, sebbene generalmente più seri e ispirati, anche stavolta scadono di tanto in tanto in quelle frivolezze che ormai sono diventate un marchio di fabbrica del gruppo.

Ancora una volta duole constatare che gli Officium Triste riescono solo a metà nei loro intenti, sfornando un album assolutamente non brutto, ma che rientra solo nella media e non supera la sufficienza, e non riesce a tenere il passo coi numerosi piccoli capolavori che sono usciti di recente nel panorama death-doom ad opera di gruppi giovani come Keen of the Crow, Process of Guilt, Indesinence, e The Fall of Every Season. Giving Yourself Away degli Officium Triste può essere un buon riempitivo per chi proprio abbia una fame insaziabile di doom, ma gli altri possono pure continuare a sollazzarsi con gli album di cui sopra.

Giuseppe Abazia

Tracklist

1 – Your Eyes (9:48)
2 – My Charcoal Heart (5:27)
3 – Signals (7:25)
4 – On The Crossroads Of Our Souls (8:04)
5 – Inside The Mind (8:48)
6 – Master Of Your Own Demise (8:14)

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