Recensione: Glean

Di Alessandro Di Clemente - 24 Maggio 2004 - 0:00
Glean
Band: Echobrain
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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60

Artefici di un hard rock psichedelico che richiama in numerose occasioni alcune sonorità grunge, gli Echobrain tornano con questo Glean (dopo un ep ed un album omonimo), privi della presenza, in qualità di bassista, del sempre più impegnato Jason Newsted, ma comunque attivo come produttore esecutivo.
In molti hanno asserito sulla fondamentale importanza del nome dell’ex bassista dei Metallica per l’esposizione che ha caratterizzato gli ultimi due anni della vita degli Echobrain, come se, con le proprie capacità, forse non sarebbero riusciti ad arrivare dove sono ora.
Con la sostituzione del bassista (ruolo ora ricoperto dal fratello del cantante/chitarrista) la musica non cambia: il loro hard rock psichedelico minimalista continua ad essere il punto focale attorno al quale ruotano le dodici composizion, più ghost song.
Composizioni che non si fa fatica a riconoscere come derivative dei vari Soundgarden (complice anche la voce del bravo Dylan Donkin, anche se Chris Cornell risulta inarrivabile), Black Sabbath ma anche Neil Young, Radiohead, Jeff Buckley.
Canzoni pacate, lisergiche se vogliamo, eteree nel loro procedere calme, ariose fino alla fine.
Anche nei momenti più aggressivi, come “Out Of Reach” o “Hardheaded”, i Nostri, che sembra vogliano rifare il verso a certi Nirvana, non spingono mai sull’acceleratore, le chitarre non vengono mai caricate più di un fuzz/overdrive, come tradizione hardrock psichedelico vuole.
Mentre le composizioni non spiccano per originalità (fino a dieci anni fa vi fu l’ondata revival grunge che ripescava a piene mani in quel calderone settantiano che negli ottanta venne quasi rinnegato, e anche oggi lo stoner non fa nient’altro che esagerare la componente aggressiva) gli elementi caratterizzanti la band sono gli strumenti.
I quattro ragazzi provenienti dal nord della California, polistrumentisti, si avvalgono di moog, mellotron, synth, flauto, ecc… per impreziosire con trovate tipiche del prog rock (a livello austico e non di modus operandi) le canzoni che, nude e crude, risultano tediose e prive di mordente.
Sicuramente non una band fondamentale, anzi, arrivare a fine cd è un’impresa.
Una band di mestieranti: è clamorosa la troppa somiglianza di un brano come “Arsenic Of Love” con un qualsiasi pezzo presente in Superunknown dei Soundgarden…erano esattamente dieci anni fa.
In America si sta assistendo, da un paio d’anni a questa parte, all’esplosione del fenomeno post grunge, gente come Nickelback o Staind sta riscuotendo un notevole successo, che, pur non essendo originale, risulta più fresco ed accattivante rispetto ad una scopiazzatura come questa, ma se anche vogliamo tirare fuori i Queen Of The Stone Age (senza scomodare il paragone con i Kyuss), è ovvio come l’appeal commericale della band di Homme rende le composizioni dei QOTSA decisamente superiori rispetto a queste degli Echobrain.
In definitiva, un album, questo Glean, riservato agli amanti di un sound vicino ai vecchi Soundgarden, ma anche Alice In Chains… gli altri se ne tengano alla larga.

Tracklist:

1. Jellineck
2. Knock’em Out
3. You’re Sold
4. Heroic Dose
5. Out of Reach
6. Seven Seconds
7. Arsenic Of Love
8. Beat As We Go
9. Modern Science
10. Hardheaded Woman
11. Nowhere Too Long
12. Nobody

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