Recensione: Glory Bound
Velocità, follia, rock n’roll: tre termini calzanti e perfetti per la proposta dei Revolution Mother, band statunitense messa in pista dalla star dello skateboard Mike Vallely
Infarcita da eccessi, violentata da suoni iperamplificati ed immersa in repentini incupimenti al limite della dark wave, la musica dei quattro musicisti è un crogiolo di ferocia e schiettezza, diretta come uno schiaffone in pieno volto, senza compromessi, sporca, rabbiosa e satura di tutto ciò che possa andare d’accordo con una visione intransigente ed intollerante della vita.
Rock n’roll, thrash, accenni stoner e spruzzate industrial sono gli espedienti musicali utilizzati dall’ensemble americano, in un ipotetico crocevia che vede fondersi in un’unica soluzione i cari vecchi Suicidal Tendencies con le cupe atmosfere di Glenn Danzig, i Motorhead andare a braccetto con i Killing Joke ed i Ramones unirsi ai primi Pitchshifter.
Un autentico calderone ribollente, i cui effluvi stordiscono e assordano, e da cui fuoriescono, come lapilli arroventati, una serie di tracce dotate di grande impeto ed energia.
Grandi highlights del disco, sono indubbiamente brani dalla grande speditezza ed urgenza, come le scardinanti “Switchblades & Urethane”, “Come On”, “Do Or Die” e “The Real Deal”, costruite sulle abrasive vocals di Vallely e fondate essenzialmente sul rock n’roll più grezzo e corrotto.
Punto di forza dell’album, è comunque anche il versante maggiormente oscuro e tenebroso, sublimato in episodi dalla forte carica immaginifica al limite della psichedelia, quali “Burning From The Inside”, “The Accuser” e “Who I Am”, composizioni dal sapore acido ed impregnate di atmosfere profondamente settantiane.
Anni settanta ancora chiaro riferimento anche in “Hole In The Sky” e “Roll Tonight”, martellanti brani di evidente pesantezza, innalzati su massicce chitarre down tuned di manifesta ispirazione stoner.
Su tutto, la voce di Valley, ruvida e schizzata, talora spinta al limite della paranoia, si erge al di sopra del cumulo di note eruttate dal resto del gruppo, dando prova di notevole intensità espressiva e di interessante spessore.
Validissimo infine il lavoro svolto in sede di produzione, a cura di Mudrock e Andy Johns (Rolling Stones, Led Zeppellin), con un suono “grasso”, potente e ben definito, in grado di far risaltare al meglio le notevoli qualità esecutive della band.
I Revolution Mother non inventano granché in fondo, ma la loro convinzione e l’energia profusa sono aspetti che davvero non passano inosservati.
”Glory Bound” (titolo filosofico e rappresentativo di uno stile di vita), debut album di questa interessantissima band a stelle e strisce, può davvero valere un attento ascolto da parte di una fascia di appassionati decisamente vasta, e, pur non rivoluzionando l’universo musicale, mette in luce un gruppo dotato di personalità e talento che potrebbe rivelarsi alquanto vincente in un prossimo futuro.
Tracklist :
01. Come On
02. Above The Crawl
03. Switchblades & Uretane
04. Bullet
05. Burning From The Inside
06. Do Or Die
07. The Real Deal
08. The Accuser
09. Hole In The Sky
10. Who I Am
11. Roll Tonight
Line Up:
Mike Vallely – Voce
Jason Hampton – Chitarre
Colin Buis – Basso
Brendan Murphy – Batteria