Recensione: Gnosis Kardias
L’inferno in terra, un chaos primordiale e tu sei perso in un mondo parallelo costellato di demoni, figure ancestrali e patemi di ogni tipo. Questo nel bene o nel male è l’immaginario classico se si pensa al concetto di Inferno, una delle parole più utilizzate e deturpate nel mondo metal. Oggi ci trasferiamo in Repubblica ceca, dove gli Inferno, hanno eseguito la svolta definitiva, “Gnosis Kardias” è il disco che tutti stavano aspettando, ma che in pochi magari volevano ascoltare. Di acqua sotto i ponti ne è passata dal lontano 1996, anno di fondazione del gruppo, ben 21 anni e oggi purtroppo la band si è tolta la corazza, divinizzando la corrente del religious black metal, che suonato da loro sa di vero tanto quanto il Parmigiano Reggiano veduto in Taiwan. Ricordo ancora quando all’uscita presi tra le mani “Nikdy nepokřtěni” e scoprii il loro mondo, che insieme all’intera scena Ceca, era tra i più crudi e violenti a livello Europeo; un senso di ribellione e primitiva brutalità accompagnata da una produzione grezza a tal punto da avere i brividi. Qualche anno dopo arrivò il turno di quello che ancora oggi potremmo identificare come il loro capolavoro, quel “Black Devotion” che incute timore al sol pensarci; quattro anni di silenzio per avere successivamente tra le mani “Omniabsence Filled by His Greatness” con la sua cover esoterica e molto distante dal passato della band. Cosa era accaduto in seno agli Inferno? Lo sviluppo di una idea, di una visione interiore sarebbe la strada da seguire andando di logica, ma se ci si discosta così tanto dal proprio essere e dal proprio passato, vuole dire che la scelta è avvenuta a tavolino, non spontaneamente come tradizione vuole. Nel 2013 dunque arrivò il primo teorico ingresso nella grande bolgia dell’esoteric/religious black metal, oggi la mutazione è definitiva ma qualcosa non funziona.
“Gnosis Kardias” alla base ha due soli difetti ma di grande importanza: nessuna delle canzoni proposte ha una identità bene precisa, tutto è informe e senza un vero fine ultimo ed in secondo luogo poggia le sue basi su di un mondo che non è il suo. Analizzare canzone per canzone non porterebbe ad alcun risultato visto che la band stessa, desidera vedere il disco come un unico e gigantesco rituale. Lungo l’ascolto, minuto dopo minuto, la sensazione di avere di fronte il primo vero esperimento da parte del gruppo, dove cerca di mischiare le carte in tavola attraverso synths dai suoni orribili, una prestazione vocale non all’altezza e sette canzoni che ad oggi sono tutto tranne che puro black di matrice ceca è lapalissiana. Gli Inferno hanno gettato le proprie radici culturali, il proprio passato e questa nuova prospettiva proprio non gli si addice, ‘Ω > 1 (Oscillation in Timelessness)’ così come la lunga ‘Gate-Eye Of Fractal Spiral‘ sono concepimenti a metà strada tra la furia cieca di un tempo e l’atmosfera occulta che in alcuni tratti oggi pervade gli ultimi Mayhem, pur non avendo lo stesso carismi dei padrini. Anche le altre canzoni oscillano precipitosamente tra la voglia di emanare atmosfere prettamente oscure e la violenza del passato, andando a formare un “qualcosa” che non ha ne un inizio ne una fine: ‘Abysmal Cacophony‘ e ‘Upheval of Silence‘ sono ben congegnate ed in alcuni momenti la tecnica è dalla loro ma non funzionano pienamente; l’idea che non si sapesse bene come strutturare e finalizzare dei passaggi è prepotente. Probabilmente la botta che negli ultimi anni ha portato i Deathspell Omega ad essere uno dei nomi di punta del genere ha fatto scuola, ma non tutti sono francesi e ancora meno persone sanno suonare come loro.
“Gnosis Kardias” perde molto, pur essendo il diretto opposto, con gli album storici del gruppo, proponendo una minestra riscaldata che oggi non sorprende più nessuno, anzi. Se si supera razionalmente la botta inziale che ti esalta come raramente accade, ascolto dopo ascolto si comprende come di sostanza ve ne sia poca, molto poca e a fine corsa un senso di desolazione sogghigna beffardo. Gli Inferno erano un grande gruppo e oggi hanno solo due strade possibili per il prossimo futuro: andare avanti e cercare di portare questo loro lato più esoterico al livello successivo e molto più studiato, oppure, con le tecniche apprese negli anni ritornare al brutale grezzume di una volta. Questo stallo, questa scelta intermedia nuoce solamente alla salute, l’idea che abbiano seguito la moda è forte, snaturando il proprio essere per effimere finalità. Come dice il detto: “chi lascia la strada vecchia per quella nuova sa quel che lascia ma non sa quel che trova”.