Recensione: Goddess Shiva
A breve distanza dalla pubblicazione del nuovo capitolo con la band madre, Matt Sinner ritorna sul mercato con un nuovo side project, ultimo di una lunga serie, omaggiando le proprie origini ed influenze principali, insospettabilmente da sempre radicate nel rock-blues più diretto, scarno e di derivazione settantiana.
La storia dei Goddess Shiva è in realtà molto più antica di quanto possa apparire.
L’idea di base esiste infatti da ben trent’anni, da quando, nel lontano 1977, una coppia di giovani musicisti tedeschi, Sinner ed Armin Sabol, decidono di fondare un gruppo adatto alla loro visione musicale, creando così una band chiamata semplicemente Shiva.
Dopo numerosi tentativi andati a vuoto tuttavia, la formazione si scioglie ad inizio anni ottanta mandando in soffitta il progetto, naufragato ancora prima di vedere gli sforzi profusi concretizzati su disco.
Ma come è consuetudine affermare in questi casi, “mai dire mai”, ed ecco che l’idea torna a prendere vita nelle voglie e nei desideri dei due compari che così, reclutato Martin Schmidt (ex degli Atrocity) alla batteria e finalmente supportati da un contratto discografico, trovano nel 2007 la possibilità di portare a termine quanto solo abbozzato molti anni prima.
Questa è la biografia per sommi capi… ma il risultato? Beh, questa è tutta un’altra storia…
Parliamoci chiaro, non deve essere stato troppo difficile per un nome altisonante della scena metal europea come Matt Sinner l’ottenere un deal con una etichetta indipendente, ma in tutta onestà viene da chiedersi in quanti avrebbero potuto mostrare interesse per un prodotto di questo tipo se proveniente da un gruppo di musicisti privi di notorietà o alle prime armi.
Ciò che ci viene offerto in questo primo ed omonimo album della band tedesca infatti, è hard rock, nelle intenzioni devoto a Thin Lizzy e Jimi Hendrix, che purtroppo risulta del tutto privo di mordente, ripetitivo, noioso ed incredibilmente fiacco.
Non un ritornello ben assestato, non una melodia vincente, non un episodio con un minimo di dinamismo e vigore.
Davvero ben poco da salvare nella scaletta composta da 11 brani (più intro ed outro): forse solo il fumoso blues di ’Barefoot And Naked’ sfugge alla mancanza di idee e la piattezza di pezzi che fanno sciaguratamente pensare ad un tentativo, da parte del buon Sinner, di saldare con sollecitudine un antico patto stipulato con un amico, tralasciando del tutto ogni velleità artistico-compositiva.
Un disco quindi per nulla attraente e persino tedioso: il german power solo imbastito di qualche traccia non è sufficiente a sollevare le sorti di un platter che si perde in un oceano di mediocrità e passa senza sortire alcun effetto al di là di qualche sbadiglio.
Qualcuno potrà affermare che ‘Goddess Shiva’ è affascinante nella propria essenzialità, ma da un nome come Matt Sinner è davvero lecito aspettarsi molto (moltissimo!) di più: attendere trent’anni per produrre un album cotanto inutile è sinceramente tempo buttato alle ortiche.
Pollice verso ed invito al risparmio!
Tracklist:
01. Heritage Of Shiva (Intro)
02. Walking On Thorns
03. Mind Of A Killer
04. This Ain’t Love
05. Gone With The Dough
06. Barefoot And Naked
07. Down On Luck
08. Heat Of The Night
09. Ali Baba
10. Same Old City
11. Hold On
12. Red
13. Heritage Of Shiva (Outro)
Line Up:
Matt Sinner – Voce / Basso
Armin Sabol – Chitarra / Voce
Martin Schmidt – Batteria