Recensione: Gods of Steel [Reissue]

Nella recente intervista a Bobby Franklin (qui il link), cantante storico degli americani Medieval Steel nonché unico membro rimasto della formazione originale del 1982, alla domanda
Dammi una tua definizione di Gods of Steel
Ha risposto:
è il disco che ha fatto sapere al mondo che eravamo tornati
Originariamente uscito nel febbraio del 2022 in regime di autoproduzione (!) è poi stato prontamente e saggiamente ristampato nel giugno del 2024 da parte dell’etichetta portoghese Lost Realm Records sia in Cd che in vinile a 33 giri, con diverse colorazioni.
La recensione fa riferimento all’uscita su dischetto ottico, che si accompagna a un libretto di otto pagine con tutti i testi e curiosamente nessuna foto della band. La copertina è opera di Mario Lòpez.
La storia del complesso di Memphis è sempre stata travagliata, segnata da continui tira e molla che ne hanno minato prepotentemente la continuità artistica. Dopo i fasti del leggendario Medieval Steel EP del 1984, per vicissitudini varie e una formazione perennemente altalenante non seppero mettere a frutto quanto di buono fatto e da lì in poi la loro traiettoria si trascinò fra una reunion e uno scioglimento successivo.
Dark Castle del 2013 segnò il loro primo full length e il ritorno sulle scene, in qualche modo permise ai Medieval Steel di tornare a esistere tanto che nove anni dopo fu la volta di Gods of Steel, con una formazione che, accanto all’inossidabile Franklin schierava Jeff Miller alla chitarra, Chris Pietrangelo al basso e Chris Cook alla batteria.
Annunciato dal singolo “Gods of Steel”, uscito l’anno prima, il disco prometteva non bene, ma benissimo! Il brano, dalla produzione possente e con la chitarra di Miller che pareva una mannaia, sfoderava tutto quello che ci si poteva attendere da una band in piena forma: ritmo, violenza ed epica alla stelle supportata da un Bobby Franklin totalmente credibile.
Quando uscì, però, Gods of Steel non ottenne l’eco mediatico che si sarebbe meritato per via della sua pubblicazione in modalità indipendente, un’autentica follia di questi tempi se associata a una band di culto e stimata a livello mondiale come i Medieval Steel.
Quello slancio, sebbene postumo e dagli indubbi riscontri minori, lo ottenne solamente in occasione della ristampa Lost Realm Records. Della serie: meglio tardi che mai!
Gods of Steel è album solido, che riesce dentro i suoi tre quarti d’ora scarsi di musica declinati lungo dieci canzoni a confermare il gruppo del Tennessee quale portatore sano di US Metal allo stato purissimo, venato di eroica. I fasti espressi dalla title track permangono tali, però, nessun altro pezzo riesce ad avvicinarvisi. Tutto il resto si assesta su buoni livelli senza però far sobbalzare dalla sedia. Autentica mattatrice è l’ascia di Miller, affilata come un rasoio e ben coadiuvata da Franklin, il tutto supportato da una sezione ritmica efficace ma nulla più. Da segnalare l’ariosa “Soldier of Fortune”, il lento “Memories” e e la sinistra “Satanic Garden”, posta in chiusura del lavoro. Quanto rimane si incanala nella media.
Stefano “Steven Rich” Ricetti