Recensione: Gold

La parola supergruppo, nel metal, difficilmente è portatrice di lavori memorabili, o comunque di ensemble in grado di andare oltre il puro e semplice divertissement. Gli Scour sono qui per dimostrarci il contrario, servendo quello che è, di fatto, il promo botto di un 2025 finora parco di grandi emozioni estreme. Le persone coinvolte nel progetto sono nomi piuttosto noti nella scena: parliamo di Derek Engemann (Philip H. Anselmo & The Illegals, ex Cattle Decapitation), John Jarvis (Nest, Agoraphobic Nosebleed), Mark Kloeppel (Misery Index) e Adam Jarvis (Misery Index, Pig Destroyer, Lock Up). Al microfono c’è un certo Philip H. Anselmo, che dovrebbe essere leggermente conosciuto. A nome Scour, finora, sono stati pubblicati tre ep dedicati a tre colori: Grey, Red e Black. Il primo full length, ovviamente, è incentrato sull’oro e ci troviamo proprio in mano materiale aureo, che difficilmente scontenterà gli amanti delle emozioni forti in musica.
«Libidine, doppia libidine, libidine coi fiocchi!» Ci pensa Jerry Calà a descrivere in maniera adeguata quello che si sprigiona dalle casse: l’inferno in tutti i suoi nove gironi. Gold è una badilata sui denti di una ferocia inaudita e in grado di lasciare senza fiato chiunque. Il genere proposto ha caratteristiche sia del black metal che del grind, e ricorda molto il modus operandi di gente come Napalm Death, Anaal Nathrakh e il mood di un Panzer Division Marduk a caso. La parola d’ordine quindi è blast beat con una sezione ritmica in grado di far venire un colpo apoplettico a qualsiasi metronomo. Le chitarre hanno sempre una base in power chord ma, all’occorrenza, tirano sempre fuori dal cilindro il fraseggio adeguato anche per quel che riguarda le parti soliste, andando ad arricchire una proposta già corposa e molto solida.
E il buon Phil? Come se la cava? Provate a far ascoltare il disco a qualcuno e a chiedergli chi canta. Mettete quindi da parte le timbriche usate dai Pantera e iniziate a pensare al diversamente crinito frontman come una fucina di scream e growl sciorinante una furia d’altri tempi. Si percepiscono linee vocali più anselmiane in un paio di momenti parlati, ma è pochissima roba. Il disco offre 37 minuti di massacro con tre piccoli intermezzi strumentali inseriti in punti strategici e ben funzionali al creare ulteriore tensione, stop. Non c’è bisogno di altro e non servono ulteriori commenti; alla fine della tracklist si preme il tasto play ancora, poi ancora, poi ancora e via dicendo.
Gold è quindi un grandissimo lavoro a cui ogni amante di certe sonorità dovrebbe dare un ascolto. E’ un disco estremo onesto, suonato benissimo, che pesta come un ossesso ed è anche sorprendentemente longevo. Sicuramente avrà il posto fisso in molte classifiche di fine anno. Eccellente.