Recensione: Goldfish Motel

Di Marco Donè - 7 Dicembre 2016 - 0:00
Goldfish Motel
Band: Motorfingers
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2016
Nazione:
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75

A quattro anni di distanza dal debut album Black Mirror, tornano in pista con un disco tutto nuovo i modenesi Motorfingers. Lo fanno con una formazione rivoluzionata per due quinti. Troviamo infatti gli innesti di Faust al basso e Abba, noto per la sua attività con i Nightglow, alla voce. Per chi non conoscesse il quintetto di Modena, i Nostri sono autori di un hard rock che guarda oltreoceano, a quelle sonorità prettamente USA che mescolano nuovo e vecchio, il cui risultato viene spesso definito con il prefisso modern. Termine tanto caro a molti, odiato da altri, ritenuto superfluo da coloro che vanno alla ricerca di Musica con l’iniziale maiuscola, capace di emozionare e trasmettere sensazioni forti.

 

Come dicevamo, i Motorfingers debuttarono quattro anni fa con il discreto Black Mirror, album che aveva permesso al quintetto di poter effettuare un’intensa attività live, culminata con la parteciapzione al prestigioso Master of Rock in Repubblica Ceca. Un importante riconoscimento, che attirò molte attenzioni sulla formazione emiliana, interesse ulteriormente aumentato dopo i nuovi innesti in formazione. Gente con esperienza, sicuramente capace di portare nuovi stimoli in seno alla band. È quindi con molta curiosità che ci apprestriamo all’ascolto di Goldfish Motel, questo il titolo della seconda prova sulla lunga distanza dei Motorfingers.

 

Inserito il disco nel lettore e premuto il tasto play, veniamo immediatamente travolti da una botta di suono, frutto di una produzione curata al dettaglio che valorizza ogni singolo strumento. Una produzione al passo con i tempi, capace di risultare calda e non fredda e compressa come capita ad alcune formazioni ben più blasonate. Entrando nel dettaglio di Goldfish Motel, la prima cosa a balzare all’orecchio è la maturità compositiva che i Motorfingers hanno raggiunto, probabilmente dettata da una maggiore esperienza, ottenuta grazie all’attività live effettuata negli anni che hanno seguito il debutto. Canzoni ispirate e ben strutturate compongono un disco che risulta essere un netto passo in avanti rispetto al precedente Black Mirror. Trame chitarristiche avvincenti e sempre efficaci, assoli curati ed eleganti, sezione ritmica incalzante e mai banale, che dona un’ottima dinamica a ogni singola traccia. Senza dimenticare la melodia, vero tassello portante attorno a cui si ergono le composizioni di Goldfish Motel. Su questo interessante tappeto sonoro si staglia la voce di Abba, potente e graffiante, perfettamente a suo agio nella dimensione Motorfingers. Ed è proprio il singer emiliano a fare la differenza, a far decollare ogni canzone. In alcuni frangenti le sue linee vocali sembrano trarre ispirazione dal passato, combinandosi in modo vincente con un approccio più moderno, risultando fresche. In altri guardano invece alla scena americana di cui parlavamo prima. Il risultato però non cambia, regalano melodie che sanno fare presa dal primo ascolto e quando arrivano i ritornelli… beh, le canzoni esplodono letteralmente, stampandosi in testa. Risulta così impossibile resistere a capitoli come Disaster, Day of Dawn o l’opener Walk on Your Face. Citiamo anche Obscene, nel cui finale compare un passaggio di chitarra che non può che riportare alla mente Still of the Night dei Whitesnake, ovviamente in chiave di lettura 2016.

 

Trovandoci al cospetto di una band dotata di grandissime potenzialità e in crescita esponenziale, siamo ovviamente portati a diventare pretenziosi e cercare quindi il classico pelo nell’uovo, con l’ambiziosa idea di provare a spingere i Motorfingers a migliorare ulteriormente. Dopo ripetuti ascolti, infatti, notiamo che la parte centrale di Goldfish Motel, sebbene possa annoverare l’ottima ballad Nothing but a Man, in cui incontriamo come ospite Lucio Stefani al violino, risulta meno convincente. Qualche soluzione appare meno ispirata, non riuscendo a lasciare un segno indelebile come altre track sanno fare, salvo poi risollevarsi nel finale, recuperando quello spirito strappaorecchi incontrato all’inizio. Un finale in cui, oltre alla già citata Disaster, incontriamo la splendida Tonight. Proprio per l’ambizioso intento che ci siamo prefissati qualche riga sopra, un paio di canzoni in meno, optando così per un disco di nove tracce come fatto all’esordio, avrebbero sicuramente giovato.

 

Ciò non toglie, però, che con Goldfish Motel i Motorfingers si rivelino come una delle realtà più interessanti uscite dal territorio nazionale in questi ultimi anni, dimostrando, inoltre, di avere ulteriori margini di miglioramento che, in previsione futura, possono portare più di qualche soddisfazioni al quintetto di Modena. Inutile dilungarsi ulteriormente: se siete amanti della melodia, del hard rock che sa essere moderno senza dimenticare il passato, di band quali gli ultimi Disturbed, Alter Bridge e compagnia bella, Goldfish Motel è il disco che fa per voi. Non vi deluderà.

 

Marco Donè

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