Recensione: Grand Met Bondye
Robusti, torridi e “polverosi” questi Gran Met Bondye, band che a dispetto di un suono smaccatamente americano, figlio degli orizzonti lontani di Texas e Georgia, giunge dalla ridente Pinerolo, splendida cittadina ai piedi delle nostre amate Alpi.
Infatuati da una tradizione musicale di evidente stampo Southern Rock, il gruppo piemontese, attivo dal 2008, realizza il proprio omonimo debut album autoprodotto nella primavera del 2011 – esattamente un anno fa – rivelando sin dalle prime battute alcuni risvolti stilistici sicuramente positivi, sui quali poter fare affidamento per ulteriori e più produttive uscite discografiche.
Molto ben confezionato nella forma – ottimamente studiato l’artwork, che nei colori e nelle immagini di alcuni vecchi pick-up americani, definisce sin di primo acchito le atmosfere contenute nell’album – il disco offre due elementi base che fungono da cardine essenziale nel formulare prospettive ottimistiche. Grandi quantità di energia ed una buona preparazione strumentale, frutto di un bagaglio di precedenti esperienze consolidato e di buon valore.
In qualche misura meno brillante appare invece il vero e proprio songwriting con il quale sono stati costruiti i brani di questo esordio. Allo stato attuale (o piuttosto, al momento della realizzazione del cd), il profilo compositivo risulta, in effetti, ancora piuttosto acerbo e fossilizzato sull’elaborazione di coordinate un po’ monolitiche ed impersonali, utilizzate forse più per prendere confidenza in modo concreto con l’identità southern che non per proporre qualcosa di realmente “nuovo” e davvero riconoscibile.
È pur vero che un genere come il rock sudista non contempla nei propri codici la necessità di trovate particolarmente originali o di guizzi estrosi e fuori da canoni ben definiti. Pur tuttavia, in questo caso la sensazione è che i pezzi viaggino lungo trame sin troppo semplici e scontate, lasciando alla sola potenza delle ottime chitarre di Manuele Bert ed Enrico Maritano il compito di garantire emozioni ad un gruppo di tracce molto bene eseguite ma per ora non ancora ricche di particolari sussulti.
“Good Time”, “Drink And Drive” e “Unsociability” sono, ad ogni modo, pezzi piuttosto apprezzabili nella loro linearità: sventagliate di duro hard rock che lasciano impressioni positive e permettono di apprezzare il buon lavoro svolto in sede di produzione, realizzato presso il One Voice Studio di Chivasso.
Le influenze sudiste, così come di certo hard rock blueseggiante e del groove metal alla Black Label Society, sono piuttosto nette e palesi, c’è ottima capacità di maneggiare gli strumenti e l’energia scorre copiosa. Manca però un po’ di personalità e la voglia di osare qualcosina in più per andare oltre un profilo altrimenti discreto, ma non tale da poter ambire a palcoscenici di maggior prestigio.
Sarà compito dei Grand Met Bondye quindi decidere se tentare la scalata e progredire, o accontentarsi di un semplice ruolo all’interno degli angusti confini dell’underground nazionale. In fondo, c’è a chi piace anche così!
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Tracklist:
01. The Captain
02. Good Time
03. Nobel Factory
04. Drink And Drive
05. Go Get It
06. Unsociability
07. Madame Tranquillity
08. Grand Met Bondye
Line Up:
Manuele “Meme” Bert – Chitarra
Paolo “Tom” Varrone – Batteria
Enrico Maritano – Voce / Chitarra
Andrea Pagliarino – Basso