Recensione: Grave Human Genuine
Nati nel 1997 a Leipzig, Germania, i Dark Suns sono un gruppo che ha sempre
avuto un occhio di riguardo per l’evoluzione del proprio sound, partendo con le
influenze progressive/death metal degli esordi che caratterizzano lo stile
proposto con l’ottimo Swanlike, fino ad arrivare al concepimento
del fantastico
Existence; album fondato essenzialmente su atmosfere malinconiche e
depressive che si rifanno al sound proposto da gruppi del calibro di Anathema
e simili. Dopo il successo riscosso anche al di fuori dei confini della
madrepatria con conseguente tour insieme ai Pain Of Salvation, i quattro tedeschi
reclutano Kristoffer Gildenlöw per il ruolo di bassista ed entrano in
studio per registrare il terzo full-length, Grave Human Genuine.
L’evoluzione continua: se nei dischi precedenti il combo tedesco ha più
volte dichiarato una sorta di vera e propria devozione verso la band capitanata
da Daniel Gildenlöw, con questa nuova uscita ha deciso di strafare e
di osare di più; il nuovo capitolo targato
Dark Suns suona decisamente più estremo rispetto al
lavoro precedente, cercando di spingersi oltre quelli che sono i confini di un
genere già sperimentale come il progressive. Le otto tracce messe a
disposizione suonano ancora più incredibilmente oscure e malinconiche rispetto a
quanto si era già visto nelle release precedenti, con in più l’amalgamarsi di generi musicali diversi l’uno dall’altro.
L’inizio del disco è affidato all’intro Stampede che fa da
preludio per Flies In Amber,
brano che si alterna egregiamente fra momenti più leggeri e sognanti e
parti più violente caratterizzate dai riff rabbiosi delle chitarre e dal
ritorno del cantato in growl, quest’ultimo segno distintivo del primo Swanlike. La rabbia iniziale
comincia a svanire già quando arriva il turno della bellissima Thornchild;
traccia che continua a mantenersi su ritmi più sostenuti ma senza tralasciare le
atmosfere oscure che caratterizzano il sound del quartetto Leipzig. Atmosfere
malinconiche che si fanno ancora più ossessive in Rapid Eyes Moment, in questo
caso il tutto viene guidato da leggeri e delicati arpeggi ad opera delle
chitarre.
Se nella prima parte del disco ci troviamo con dei brani che riescono ad
amalgamarsi perfettamente l’uno con l’altro, è con l’arrivo di Amphibian Halo
che i Dark Suns decidono di osare e lasciarsi andare a sperimentazioni
decisamente ambient con l’aggiunta di pregevoli inserti di elettronica. La strumentale The Chameleon Defect
continua a muoversi su territori più sperimentali iniziando con delicati arpeggi di
chitarra per poi sfociare in una serie di riff violenti con tanto di ritmi di
batteria in blast-beat. Il finale viene riservato a Free Of You e Papillon;
brani che
rimangono fissi su sentieri oscuri e malinconici muovendosi su un tappeto sonoro
lento e delicato ricreato perfettamente dai tocchi di chitarra
acustica e dalle sinfonie orchestrali capaci di mettersi in bella
mostra sopratutto nella seconda traccia.
Risulta essere un po’ spiazzante trovarsi di fronte ad una band tecnicamente
molto valida e con ottime idee in fase di composizione, ma che non riesce a dare
la giusta definizione a un disco che alla fine dei conti risulta essere ben poco
omogeneo e difficile da digerire anche dopo numerosi ascolti. I Dark Suns
hanno deciso di abbandonare una proposta musicale più sicura, seppur decisamente
scontata, per virare verso un sound più personale fatto di un amalgama di generi
differenti l’uno dall’altro ma che, ahimè, non riesce a dare alla luce il
risultato sperato. Le basi per continuare a fare del bene ci sono tutte, vedremo
cosa riusciranno a riservarci per il prossimo futuro.
Angelo ‘KK’ D’Acunto
Tracklist:
01 Stampede
02 Flies In Amber
03 Thornchild
04 Rapid Eyes Moment
05 Amphibian Halo
06 The Chameleon Defect
07 Free Of You
08 Papillon