Recensione: Graveyard Classics 2
Datemi un solo motivo per cui dovrei consigliare l’acquisto di questo disco:
che significato può avere ascoltare per intero Back in Black,
l’album, disco storico per tutto l’hard rock nella sua accezione più ampia,
risuonato dai Six Feet Under?
Ora, uno può avere apertura mentale finchè vuole, può considerare carina
l’idea, ma sentire dei riffs immortali riprodotti in maniera assolutamente
identica, ma con la voce di Chris Barnes (attenzione, quella del 2004,
non quella di Tomb of the Mutilated) risulta solo parodistico,
buono per una risatina ed una festa tra amici, nulla più. Certo, se voi
prendete questo album dimenticando il monicker del gruppo che lo ha registrato,
lo mettete in auto e lo sentite per puro divertimento chiaramente potrete
trovarci qualcosa di positivo, ma francamente sono abituato ad analizzare dischi
metal, e nello specifico death metal, che rifuggono dall’ottica
“divertimento/veloce consumo” e vanno almeno un po’ oltre, con idee,
sostanza, sound personale, arrangiamenti. Di tutto questo in Graveyard
Classics 2 non c’è traccia, semplicemente perchè quello che vi
troverete è stato composto dai fratelli Young, non da Barnes, Swanson
& soci.
Difficile anche solo trovare le parole per una recensione di questo tipo,
come difficile è trovare i motivi per spendere un paio di decine di euro per
l’acquisto di questo disco: dove la (fondamentale) parte chitarristica viene
oltretutto svilita (sentitevi lo stacco centrale di Shoot to Thrill, o You
Shook Me All Night Long, con Barnes che arranca dietro alla
strofa…). Divertente, sì, anche ora che lo riascolto è spontaneo farsi
prendere dal ritmo e dalla particolarità dell’abbinamento col growling: ma la
cosa poteva andare bene, anzi benissimo con una TNT già rifatta dai
floridiani nel primo album di cover; al massimo si poteva adattare ad un
CD-bonus da inserire per i fans all’interno di un DVD (e ricordo che i Six
Feet Under ne hanno pubblicati ben 2) o di un album di inediti. Sicuramente
non lo posso accettare come acquisto singolo, anzi lo trovo un’enorme mancanza
di rispetto nei confronti dei fans: come dire, il tempo di registrare e
pubblicare e siamo a posto per un altro anno.
Suoni che rispettano sostanzialmente le scelte sonore di sempre della band
americana, anche su pezzi del tutto diversi (ma forse non poi tantissimo); una
batteria statica, ma non è certo quello il punto forte degli AC/DC, e quindi
nemmeno di questo disco. Su tutto una voce ormai sfiatata, ed un tappeto
chitarristico banalmente fotocopiato, ma senza il tocco di Angus…
I giudizi morali non si possono scindere dal parere complessivo su questa
uscita: i Six Feet Under ormai mostrano la corda, e per quanto dal vivo
si dimostrino una macchina da guerra evidenziano una povertà di idee che
rasenta la nullità, cosa che anche gli inediti dell’ultimo Bringer of Blood
hanno ben dimostrato. Non vedo per loro un futuro roseo, su questa
strada.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
Tracklist (identica a Back in Black, AC/DC)
1. Hell’s Bells
2. Shoot To Thrill
3. What Do You Do For Money Honey?
4. Givin’ The Dog A Bone
5. Let Me Put My Love Into You
6. Back In Black
7. You Shook Me All Night Long
8. Have A Drink On Me
9. Shake A Leg
10. Rock ‘N’ Roll Ain’t Noise Pollution