Recensione: Guerra Triste
Strana Officina, Guerra Triste: recensione vecchia maniera per uscita vecchia maniera, quando anche i cronisti specializzati dovevano sbattersi per recuperare quanto necessario per poter redigere un qualcosa di pubblicabile.
Così, in estrema sintesi, si potrebbero racchiudere i sentimenti che albergano nel cuore dello scrivente e, molto probabilmente, potrebbero essere in piena sintonia con quelli di Antonio Keller che, non a caso, in cima alla sua Jolly Roger Records ha da sempre piazzato una svolazzante bandiera dei pirati. Già, perché il mastermind dell’etichetta modenese man mano che il tempo inesorabilmente scorre, in balia delle mode che cambiano, al mancato ricambio generazionale in ambito heavy metal e a una giungla come quella del web ove pressoché tutto è permesso rimanendo impuniti, incarna sempre di più la figura dell’ultimo, o fra gli ultimi, bucanieri legati alla tradizione. Va ricordato, infatti, per i più distratti, che il soggetto summenzionato negli anni s’è sbattuto non poco per conferire dignità alle uscite di marca tricolore, puntando sulla qualità applicando criteri di distinzione stringenti. Un po’ come accadeva un tempo: al vinile non ci arrivavano tutti i cudeghìn sulla piazza, esisteva una selezione naturale. Impietosa finché si vuole ma efficace. Keller non è il solo che opera secondo quest’etica, sul suolo nazionale, sia ben chiaro. Altri, invero pochi, sebbene con sfumature diverse, portano parimenti avanti la loro politica musicale, dando fiducia a prodotti made in Italy.
Tornando alla Strana, Guerra Triste consta di cinque pezzi, nella sua versione Cd digipak a due ante di affascinante, robusto cartonato. Nel momento in cui la puntina, ops, il laser, incoccia con le note della title track, ci si immerge in una dimensione antica, quando poche, pochissime band, “osavano” interpretare in lingua italiana dei pezzi heavy metal. Oggi tutto è sdoganato, il Metallo s’è imbastardito oltremisura ma solamente alcuni vecchi caproni nostalgici sembrano farci caso. Ma un tempo, quando l’HM iniziò a prender piede anche attraverso le nostre lande, l’inglese era imperativo, a partire dai nomi delle band, dei loro componenti e dei tanti strafalcioni messi nero su bianco sulle retrocopertine degli ellepì e nei testi dei brani. La Strana Officina di Livorno debuttò con un Ep interamente nella lingua di Dante, nel 1984, di fatto aprendo una “nuova via” all’hard di casa nostra.
“Guerra Triste”, la canzone, prelevata dal recente full length Law Of The Jungle, rispolvera la magia di allora, grazie ad un’interpretazione magistrale da parte del cantante Daniele Ancillotti, detto “Bud”, come si scriveva una volta “Il gigante buono” dell’heavy metal italiano. A seguire altre due chicche: “Vai Vai” e “Sole Mare Cuore“, entrambe in versioni inedite, tratte dal promo 2006 presente nell’archivio personale del drummer Rolando Cappanera. Niente suoni polverosi e produzioni imbarazzanti, quindi, ma due belle mazzate in mezzo ai denti griffate Officina, con quel retrogusto blues che il combo toscano sa declinare in maniera sublime. In chiusura un’ulteriore duplice testimonianza del tempo che fu, procurata da Marco Gulino, un fan del gruppo che ha gentilmente fornito del materiale in suo possesso alla Jolly Roger Records. Trattasi di “Officina”, introdotta da un lungo assolo di chitarra dell’indimenticato Fabio Cappanera, catturata a un concerto del 1984 tenuto a Livorno e “Non c’è più Mondo”, dello stesso anno, a Prato. Entrambe schegge di Storia dell’hard italiano, con la “S” maiuscola, che sanno andare oltre la resa sonora, dignitosa, ma fisiologicamente deficitaria rispetto al resto del lotto.
Guerra Triste rappresenta una perla del passato cesellata da parte di una band ancorata saldamente al presente che, insieme con la propria etichetta di riferimento, non dà segni di voler ammainare bandiera, nonostante tutto quanto accada là fuori…
Stefano “Steven Rich” Ricetti