Recensione: Hail The New Cross (reissue 2022)
Gli Shatter Messiah sono la band che Curran Murphy, estroso chitarrista che ha suonato dal vivo con i Nevermore nei primi anni 2000 e che ha fatto parte degli Annihilator nel 2003 (entrando subito dopo le registrazioni di ‘Waking the Fury’ e comparendo sul successivo ‘Double Live Annihilation’), ha formato nel 2005 con il batterista Robert Falzano, anche lui collaboratore dei Nevermore ed Ex Annihilator (dal 2004 al 2007, senza però partecipare ad alcun album).
‘Hail the New Cross’ è il loro terzo Full-Length, uscito originariamente nel 2013 ma che, per qualche motivo presumibilmente legato alla label di allora, è stato poco distribuito e promosso.
Per rimediare, oggi la MDD lo rispolvera, proponendolo rimasterizzato.
Lo stile degli Shatter Messiah è un insieme di ferocia e toni epici, un Thrash – Power, in poche parole, guerrafondaio e robusto, ammantato da un velo nero che lo rende impenetrabile ed oscuro.
La produzione compressa fa si che il lavoro proceda con la stessa furia inesorabile di un carro armato, dando al basso il compito di massacrare il cervello ed alle chitarre quello di frustrare l’aria fino ad arroventarla.
A proposito di queste, come ogni chitarrista degli Annihilator che si rispetti, a Curran piace far sapere che sa suonare, infarcendo un bel po’ di tracce con quelle ‘svise’ tipiche da ‘Guitar Hero’ (come chiamavano, tanto tempo fa, prima che venisse pubblicato il noto videogioco, i chitarristi virtuosi che volevano essere meglio di Ritchie Blackmore,) che, a mio parere, a volte sono difficili da comprendere.
Le capacità del chitarrista sono fuori discussione, ma in questo album, dall’andatura disturbante e travolgente, questo particolate tipo di assoli in certi momenti si stacca dalla canzone, assumendo più i tratti di un esercizio. Molto più calde e legate al pezzo, invece, le sezioni tradizionali.
Elemento distintivo è la voce di Greg Wagner, cantante dall’anima inquieta che evoca la forza della battaglia, ma ne evidenzia anche la tragicità attraverso l’altalenarsi di strofe furenti e refrain orecchiabili ed epici.
La scaletta è abbastanza varia, privilegiando la velocità (l’opener ‘Disconnecting’, la roboante ‘How Deep the Scar’, la furente ‘Loyal Betrayer’, la pestata ‘Gods of Divinity’ e la muscolare ‘Mercenary Machine’) senza però trascurare tempi più controllati e marziali (la fastidiosa ‘Future Fails’ e l’intensa ‘Memory Flames’), dando spazio ad un finale aperto ed un po’ per tutti che lascia un minimo di serenità (‘This Addiction’).
Difetti? Diciamo che questo incedere a tutto vapore a volte rende un po’ ostica la scorrevolezza del disco: dare un po’ di respiro qua e là in mezzo a tanta lotta sarebbe stato meglio … ma se la vena artistica era quella …
Però, tutto sommato, la scelta di MDD non è sbagliata: è senz’altro meglio rimettere in circolazione questo ‘Hail The New Cross’ che non lasciarlo nel dimenticatoio, dove, comunque, non merita di stare.
Anzi, speriamo che faccia da apripista al nuovo lavoro degli Shatter Messiah, il cui ultimo album risale al 2016 (‘Orphans of Chaos’). Noi siamo pronti ad ascoltarlo.