Recensione: Halfana
Terzo album per i giapponesi Illusion Force e primo su Frontiers, questo Halfana ribadisce il verbo dell’adrenalinico power metal proposto dalla band a base nipponica (ma con un membro coreano e uno statunitense), evidente debitrice dei Dragonforce e, in parte, dei Rhapsody of Fire.
Eppure l’opener Kaleidoscopic proprio power metal non è, ma, piuttosto, raffinato hard rock, soprattutto in virtù di un chorus che mi ha ricordato addirittura gli Harem Scarem. Che secondo il vostro scribacchino questo sia l’episodio migliore di Halfana dice molto sull’opinione che si sia fatto del resto del disco. Pezzi come la title track, o Miracle Superior, infatti, sono delle veloci cavalcate tipicamente power, fatte di supermelodie pompatissime supportate da una base ritmica nervosa al limite del fastidioso. In vero, pare di stare ad ascoltare più la colonna sonora dell’ennesimo videogioco giapponese che non un disco heavy metal.
I Rhapsody of Fire saltano alla mente in Captan #5, seppur velocizzati al limite del parossismo. The Serene Valley è un ballatone piuttosto riuscito, grazie alla bella prova vocale di Jinn Jeon, che sa dare profondità a un pezzo che richiama i Mechanical Poet.
Protector Of The Stars è un bel 6/8 dalle atmosfere cangianti e forte di una epicità canonica, ma coinvolgente all’altezza del ritornello, a dimostrazione che quando gli Illusion Force rallentano un poco la loro folle corsa riescono a produrre delle canzoni di qualità. Certo, purtroppo proprio nel mezzo di Protector Of The Stars i giapponesi non resistono alla tentazione di inserire un assolo posticcio e, infine, sbracano del tutto velocizzando il ritornello, rovinando quanto di buono messo in cantiere.
Hibari è una suite molto “rapsodiana” in 4 parti: A Lost Cantata torna sul modello più canonico degli Illusion Force, Whisper Of The Eternity ha una bella dinamica, Möbius arriva pesante e cadenzata per poi scadere nella consueta stucchevole velocizzazione, infine per Luminescent Galaxies vale quanto detto per A Lost Cantata.
Bittersweet ’53 è un buon lento che, tanto per cambiare, verso la conclusione si trasforma in un ridicolo videogioco. Serendipitous è l’ennesima variazione sul tema, mentre Illusion Parade, pur non scostandosi dal canovaccio, è un modo simpatico di concludere il disco grazie a una bella melodia da festa paesana.
Insomma, Halfana non si farà ricordare negli anni, o, almeno, lo spero, perché se questo fosse quel che dovesse rimanere del metal del 2024 saremmo messi male. Gli Illusion Force rappresentano una certa tendenza a trasformare l’heavy metal in una parodia di sé stesso: e a chi è cresciuto grazie a questa musica la cosa non piace. Per niente.