Recensione: Hallowmass
I Thrashers Green Death di Deis Moines, Iowa, nascono nel 2012 attirando rapidamente l’attenzione del pubblico metallico con l’album di debutto ‘The Deathing’, del 2013, seguito due anni dopo da ‘Manufacturing Evil’.
Nel 2017 pubblicano l’EP ‘Pure Torture’ e nel 2018 il nuovo album ‘Hallowmass’, messo in commercio il 19 ottobre 2018 via Combat Records.
Nel nuovo lavoro l’apertura mentale del gruppo si dimostra sufficientemente ampia, non soffermandosi sulle strutture veloci e furiose tipiche del Thrash, che rimangono comunque l’elemento principale del loro sound, incorporando in esso linee melodiche più tipiche del Death Metal e del Doom, non tralasciando di legare il tutto con la base del più classico Heavy Metal.
Niente di nuovo quindi, trattandosi di esperimenti già fatti in passato, con l’apice del risultato ottenuto dai Nevermore, ma anche ai Green Death l’approccio a questo ibrido modo di suonare direi che riesce piuttosto bene.
Complice principale è l’utilizzo di una voce, quella di Sol Bales, che aggredisce non tanto furiosamente ma attraverso la diffusione di sensazioni malinconiche e rassegnate, questo al di là di quanta potenza esca dagli strumenti, elemento che, in varia misura, lega tutte le tracce.
Il risultato è un lavoro eclettico e dinamico, molto vario ed a tratti sorprendente, la maggior parte delle volte in senso positivo, alcune volte, purtroppo, in negativo.
Ci si trova così ad ascoltare brani come ‘Bullet of Silver’, un Thrash non velocissimo ma esplosivo con un buon assolo ed ‘I Am Eternal’, una scheggia determinata, influenzata dal sound vecchia scuola, che si divide tra furia e melodia per arrivare a ‘Curse the Heavens’: cupa e cadenzata con un assolo enfatico sostenuto da una ritmica ridondante.
La successiva ‘The Betrayed’ esplora le strade del Death, ma in modo un po’ superficiale, mischiandolo un po’ troppo con i vari altri generi che i Green Death hanno in corpo; il risultato non è positivo ed il pezzo lascia un po’ il tempo che trova.
L’album si risolleva con ‘Bad Omens’, dall’inizio acustico e lento che si trasforma in una forte cadenza dalle strofe strazianti. L’interludio è greve e buio, pur mantenendo la solita potenza di fondo, e porta ad un rallentamento finale che riprende la melodia di fondo.
Le tracce di cui sopra descrivono quello che è l’album nel suo insieme, non essendoci un brano che si eleva sugli altri, od un altro che tristemente affonda. Ci sono più che altro, momenti positivi che vengono interrotti da altri negativi; questi sono essenzialmente le parti dove il combo si tuffa nel Death (la già citata ‘The Betrayed’ e la lunga ‘Sickle & Scythe’), genere in cui, a parere del sottoscritto, non nuota ancora benissimo.
E’ buona, invece, l’idea di frammentare l’album con dei brevi intermezzi acustici (‘Lament’ e ‘Messis Diaboli’) che lasciano un po’ respirare.
I Green Death cercano, quindi, con ‘Hallowmass’, di uscire dalle convenzioni e di stupire. In parte ci riescono, questo grazie anche alla loro perizia tecnica e ad un voce che, pur uscendo dalle consuetudini del Thrash, ne è comunque una buona rappresentante. Per il resto, devono maturare ancora un po’, soprattutto se intendono proseguire lungo la strada dei generi ibridi, piena di buche e trappole improvvise.
Il lavoro va comunque oltre la sufficienza e merita di essere ascoltato.