Recensione: Hands of Time

Di Andrea Loi - 13 Dicembre 2006 - 0:00
Hands of  Time
Band: Kingdom Come
Etichetta:
Genere:
Anno: 1991
Nazione:
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75

Bistrattato, ripudiato, deriso, sbeffeggiato.
Tutti aggettivi che hanno fatto parte del background artistico di Lenny Wolf da quando nel lontano 1988, col disco omonimo targato Kingdom Come, fece così rumore nel mercato discografico, quando cioè il factotum e leader della band “osò” rievocare il fantasma del Dirigibile in un metaforico “assalto alla diligenza”, probabilmente a causa del quale, nello stesso anno, la band aprì al Monsters of Rock nella data statunitense rimediando sul palco qualsiasi cosa potesse essere lanciata.
La proposta, in ogni caso, risultò qualitativamente impeccabile, e ciò non fece che accrescere il partito dei sostenitori del gruppo, che portò Lenny oltre il disco di platino (1.300.000 copie nei soli USA) e ad una notorietà di livello internazionale.
Nonostante, gli Zeppelin, per chi scrive, rappresentino una delle massime espressioni sonore mai concepite, i riferimenti di cui sopra si fanno appena più sfumati, virando verso un hard di lusso, più melodico, che strizza l’occhio all’AOR più patinato, senza dimenticare gli insegnamenti dei Seventies. Tuttavia l’interpretazione di Lenny soffre di palesi riferimenti all’ugola di Robert Plant, sopratutto nei momenti in cui il singer di origine tedesca si esibisce in falsetto (che è comunque una delle caratteristiche primarie del suo cantato) e song pur pregevoli e appassionate come “Both of Us”, “Stay” e “Do I Belong”, o la stessa titletrack, risentono inevitabilmente di marcati riferimenti al Dirigibile.
Ma come dice Shakespeare “fingi una virtù se non ce l’ hai”, perché anche saper copiare bene è un’arte.
Al di là di riferimenti letterali ci troviamo di fronte a undici tracce ben confezionate, per quello che molti considerano il miglior lavoro della band.

Ricco di momenti melodici e brillanti come l’ariosa “Blood on the land”, o l’ opener “I’ve Been Trying”, che vive di un’interpreatazione nervosa di Lenny, o di situazioni più pacate e impregnate d’atmosfera, come la sofferta “Shot Down”, l’acustica e avvincente, “You’re not the only… I know”, la sognante “You’ll Never Know”… Tutti momenti che evidenziano l’aspetto fondamentalmente romantico di un disco che ,con accorgimenti promozionali più mirati, avrebbe potuto ottenere qualcosa in più.
Amato ed odiato come pochi, Lenny Wolf ha evitato sicuramente almeno una cosa: l’ indifferenza.

Tracklist:

1. I’ve been trying
2. Should I
3. You’ll never know
4. Both of us
5. Stay
6. Blood on the land
7. Shot down
8. You’re not the only…I know
9. Do I belong
10. Can’t deny
11. Hands of time

Produced by Lenny Wolf
Polydor/New York 1991

Line-up:

Vocals:Lenny Wolf
Lead Guitar: Bert Meulendijk, Marco Moir, Blues Saraceno, Lenny Wolf
Guitar: Lenny Wolf
Bass: Lenny Wolf
Drums:Steve Burke, Jimmy Bralower
Keyboards:Koen van Baal

Discografia

• Kingdom Come (1988)
• In Your Face (1989)
• Hands Of Time (1991)
• Bad Image (1993)
• Twilight Cruiser (1995)
• Master Seven (1997)
• Too (2000)
• Independent (2002)
• Perpetual (2004)
• Ain’t Crying For The Moon (2006)

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