Recensione: Hangman’s Hymn: Musikalische Exequien

Di Riccardo Angelini - 17 Gennaio 2008 - 0:00
Hangman’s Hymn: Musikalische Exequien
Band: Sigh
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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82

Ecco, l’ha fatto di nuovo. Per l’ennesima volta Mirai Kawashima ha stravolto il sound dei suoi Sigh, illustri condottieri dell’avanguardia estrema orienale, la cui invasione dell’Occidente è stata fino a oggi frenata anche (per non dire soprattutto) dal passaporto giapponese. Chiusa la parentesi pseudo-progressive di “Gallows Gallery”, lo stravagante tastierista del Sol Levante lancia la sua creatura in una nuova dimensione, dimostrando che dopo diciassette anni di carriera l’inventiva è ancora ben lungi dall’esaurirsi.

 

“Hangman’s Hymn” vuole essere qualcosa di radicalmente diverso da quanto proposto dai Sigh fino a oggi. Le visioni allucinate di “Scenario IV: Dread Dreams” e “Imaginary Sonicscape” appartengono ormai al passato. La base da cui si riparte è fornità dal black-thrash di matrice teutonica e, soprattutto, dal seminale proto-black dei primissimi Bathory. Il cantato è il primo a risentirne: i vocalizzi ibridi della precedente release cedono il passo al caratteristico screaming di Kawashima, subdolo e rabbioso. Sotto la guida del maestro Quorthon, può così avere inizio la fusione di due tradizioni distanti anni luce l’una dall’altra e apparentemente inconciliabili – quella thrash metal, appunto, e quella sinfonica – in un requiem magniloquente e a dir poco ambizioso. L’insolito connubio potrebbe far storcere il naso a qualche purista, ma di certo i Sigh non hanno mai voluto essere pane per denti conservatori.

 

L’album si apre con una programmatica “Introitus/Kyrie”, che senza troppi complimenti inaugura la stridente convergenza di elementi per molti versi contraddittori. Sontuose orchestrazioni sorgono dal nulla alle spalle del riffing scarno, grezzo e violento (ma maledettamente preciso) di Shinichi Ishikawa, grande protagonista della giornata. Non pago della solita prestazione da manuale, l’axeman nipponico si scatena sulle sei corde e regala nel corso della tracklist alcuni dei suoi soli più ispirati di sempre. Una volta tanto la produzione (tutt’altro che perfetta, ma già in netta crescita rispetto all’ultima uscita della band) lo sostiene, richiamando alla mente il sound sporco e ruvido delle registrazioni degli anni ’80. Intanto Junichi Harashima, confermato dopo la buona prova su “Gallows Gallery”, accantona i pattern schizofrenici riservati ai suoi Gonin-Ish e e massacra le pelli con un drumming rabbioso e forsennato che domina le feroci “Inked In Blood” e “Me-Devil”, con le quali si completa il primo, brutale atto dell’opera.

 

Cori severi e minacciosi aprono il secondo atto, liberando le funeste sinfonie di “Dies Irae/The Master Malice”. Le ritmiche calano per un momento di intensità, ma nessuno speri che sia giunto il momento di rifiatare. In un attimo l’atmosfera si fa sulfurea: diabolici intrecci di voci preparano la via a una nuova accelerazione, incorniciata dai soli dell’incontenibile Ishikawa e dell’invitato speciale Rob Urbinati (non sarà l’unico). Il riffing si fa sempre più velenoso e tagliente, lo spirito di Bathory vicino: “The Memories As A Sinner” rappresenta uno dei passaggi più crudi e malati dell’opera, sull’onda di una sezione ritmica semplicemente indemoniata. L’elemento sinfonico pare per un attimo cedere il passo alla violenza del thrash, limitandosi in questa fase a interventi mirati e precisi, del resto più che sufficienti per conferire a “Death With Dishonour” il suo singolare tono epico e grandioso. Si cambia decisamente registro con “In Devil’s Arms”. Finalmente le chitarre sembrano concedere qualche apertura alla melodia; cori grotteschi e sgraziati accompagnano il refrain, mentre il finale riprende il motivo principale del “Dies Irae”.

 

Una breve introduzione orchestrale annuncia l’avvento dell’atto finale. Simile a una tempesta oscura e terrificante il riffing di Ishikawa si staglia contro la nuova ondata di sinfonie oscure che incombe dall’alto, mentre la campana del giudizio segna l’inizio dell’ultima apocalittica triade di brani. “Overture/Rex Tremendae/I Saw The World’s End”, “Salvation In Flame/Confutatis” e “Finale: Hangman’s Hymn/In Paradisum/Das Ende” si susseguono senza requie, con la violenza delle chitarre e la potenza delle sinfonie a intrecciarsi l’una sull’altra in un crescendo inarrestabile. Infine tocca alla nobile sobrietà delle orchestrazioni porre fine alle danze, calando lentamente il sipario sulla rappresentazione mentre nelle orecchie risuona ancora la risalta grottesca e beffarda dell’istrione Kawashima.

 

Ancora una volta i Sigh riescono a sorprendere, con un’opera unica ed elitaria, che pochi avrebbero osato concepire e che loro per primi hanno osato tentare. Reazionario e progressista a un tempo, “Hangman’s Hymn” tende la mano alla tradizione mentre con l’altra si prepara a violentarla e plasmarla in nuove forme. Un disco del genere non è certo per tutti, lo si è detto ed è bene ribadirlo, ma proprio in questo la sua forza. Eventi musicali come questo pongono infallibilmente l’ascoltatore di fronte a un aut-aut di amore o odio, e non c’è da stupirsi se molti decideranno di snobbarlo con sufficienza. Del resto, da diciassette anni la band di Kawashima è avvezza all’indifferenza del grande pubblico, e la nicchia in cui tutt’ora dimorano dimostra la sua ferma volontà a non scendere a compromessi con nessuno, per nessuna ragione. Questi sono i Sigh: prendere o lasciare.

 

Riccardo Angelini

 

Line up:

Mirai Kawashima: Vocals, Orchestrations, Piano
Shinichi Ishikawa: Guitars
Satoshi Fujinami: Bass
Junichi Harashima: Drums

 

Guests:

Rob Urbinati (Sacrifice) – Guitar Solo on “Dies Irae / The Master Malice”

Mike “Gunface” McKenzie (The Red Chord) – Guitar Solo on “In Devil’s Arms”

Chuck Keller (Ares Kingdom) – Guitar Solo on “The Memories as a Sinner”

Aurielle Gregory (Giant Squid) – Female Vocal on “Dies Irae / The Master Malice”

Tim Conroy – Trumpet on “Introitus / Kyrie”, “Dies Irae / The Master Malice”, “Finale: Hangman’s Hymn / In Paradisum / Das Ende”

Steven Sagala (Enforsaken) – Requiem Choir

Void (Samas) – Requiem Choir

Glendalis Gonzalez – Requiem Choir

Claire Joseph – Requiem Choir

Zack Bissell (Radius) – Requiem Choir

Grant Taylor – Requiem Choir

 

Tracklist:

(Act I)

01. Introitus/Kyrie

02. Inked in Blood

03. Me-Devil

(Act II)

04. Dies Irae/The Master Malice

05. The Memories as a Sinner

06. Death with Dishonor

07. In Devil’s Arms

(Act III)

08. Overture/Rex Tremendae/I saw the World’s End

09. Salvation in Flame/Confutatis

10. Finale: Hangman’s Hymn/In Paradisum/Das Ende

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