Recensione: Harbouring Hate
La Norvegia, abituale madre di bands che del black e del viking fanno la loro ragione di vita e che ne hanno fatto la relativa Storia, si permette il lusso di creare act di prima fattura anche in altri generi. È il caso dei Forgery, nati durante la seconda ondata del thrash della fine degli anni ottanta, quando spuntarono Machine Head et similia a proseguire, evolvendolo, lo stile partorito da Exodus e Metallica. Nonostante una presenza ventennale sulla scena, solo adesso i Nostri riescono a dare alle stampe, dopo ben quattro demo, il loro primo lavoro completo: “Harbouring Hate”.
Si tratta di thrash della miglior fattura ora presente in giro, lontano anni luce dal cosiddetto «thrash ignorante»: sound moderno e adeguato alla prima decade del terzo millennio, ma non per questo dimentico della tradizione statunitense. Gli stilemi di base, quelli cioè facenti parte dell’ortodossia da manuale, ci sono tutti, nessuno mancante: chitarre dal suono compresso e dagli accordi stoppati, taglienti come rasoi in occasione dei soli; batteria rutilante, cadenzata, arricchita dall’impeccabile uso della doppia cassa, rapidi quattro/quarti che non sconfinano nella follia dei blast beast; basso rotondo e fiero compagno del guitarwork; voce stentorea appena venata da uno screaming leggero, che consente d’interpretare le varie parti che compongono una canzone con varietà e gusto. La peculiarità dei Forgery si manifesta mediante una classe non comune che da luogo allo stile della band stessa: nonostante la pedissequa fedeltà ai caratteri distintivi dello stile, il sound non è specificamente rimandabile a qualche band del passato e del presente. In alcuni momenti Anders Moen si avvicina pericolosamente a James Hetfield, senza cadere nella trappola di emularne – e basta – lo stile. Anche la coppia d’ascia composta dallo stesso Moen e da Ronny Hansen fabbrica senza soluzione di continuità una miriade di riffs tradizionali ma originali nella scrittura e nell’esecuzione. Rocciosa come una parete di granito la coppia Morten Steen e Jan Roger Halvorsen, dura e compatta come il genere esige, precisa come un metronomo. Come risultato finale, il groove raggiunge l’agognata personalità e quindi si dimostra riuscito.
“Equilibrium”, l’opener, e la title track “Harbouring Hate” sono dei mortali mid tempos – il secondo più rapido –, incessanti nel loro incedere cadenzato che schiaccia la carne con la pesantezza di un metallo ad alto peso specifico. Il mood, costante lungo tutto l’arco della durata del platter, è leggermente orientato verso un aspetto tinto da colori scuri; presumibilmente pennellati per escludere la speranza per un Mondo migliore di quello attuale, lacerato da odio, violenza e discriminazione. “Stained” alza la tensione e l’ansia ritmando più velocemente le parti strumentali, sempre ben coordinate dalle linee vocali di Moen. Il tiro cresce ancora con “Subdued Wrath”: riffs lenti e cadenzati, marmorei ma profondi e opprimenti. “Black The Sky” rabbuia l’umore in coincidenza di un’improvvisa sfuriata della sezione ritmica, supportata dai tipici cori anthemici del genere. Sullo stesso piano “Raw By War”, ove però è sciorinato un riffing da antologia intervallato da varie digressioni in doppia cassa. L’impatto del brano è durissimo, una vera bastonata nello stomaco. Un incipit al fulmicotone apre “Sever”, che alterna mid tempos ipnotici a velocità da vertigine. Un’altra mazzata fra capo e collo arriva con “Dormant”: un rullo compressore che schiaccia tutto e tutti. Appare un accenno di melodia, comunque rara nel disco. “In Pain” conclude in modo degno il CD, allineandosi alle canzoni precedenti per phatos e densità.
Il paradosso di “Harbouring Hate” è quello di non aver proposto nulla d’innovativo, ma di aver modernizzato uno stile spesso e volentieri ancorato definitivamente agli abissi del lontano passato.
Con ciò, i Forgery dimostrano che anche un genere inflazionato e sempre in bilico fra passato e presente può, se supportato da idee forti, songwriting di classe, esecuzione e produzione di alto livello, dare ancora tanto agli appassionati. L’album è infine tosto e consistente: non presenta alcun momento di calo nemmeno nei segmenti meno ipercinetici. Da avere in bella mostra nella discografia, sezione thrash. Assolutamente.
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Track-list:
1. Equilibrium 3:27
2. Harbouring Hate 3:34
3. Stained 6:41
4. Subdued Wrath 5:53
5. Black The Sky 5:28
6. Raw By War 6:35
7. Sever 6:59
8. Turns To Dirt 3:58
9. Dormant 5:01
10. In Pain 4:54
Line-up:
Anders Moen – Vocals/Guitars
Ronny Hansen – Guitars
Morten Steen – Bass
Jan Roger Halvorsen – Drums