Recensione: Harbringer of Metal
L’ottimo responso riscosso dall’acclamato “In the Rectory of the Bizarre Reverend” ha portato i doomsters finlandesi Reverend Bizarre a vedersi ristampato, nella prima metà di quest’anno, il loro debutto (prima edito dalla Sinister Figure) e poi pubblicato, nel novembre del 2003, nientemeno che il loro secondo disco.
Una tale dinamicità non può che impressionarci piacevolmente e rallegrare chi in questo lasso di tempo ha seguito con entusiasmo questo promettente Bizarro Reverendo di Turku.
È quindi con innegabile piacere, curiosità ed una certa dose di esigenti aspettative che diamo il benvenuto a questo “Messaggero del Metallo”. Giusto per la cronaca, la copertina che trovate qua sopra non è stata scannerizata da un cieco; ci sono almeno un paio di motivi per cui in questa pagina ho messo l’immagine in quel modo. La prima motivazione la riuscirete a cogliere solo se aprirete il booklet di questo compact disc.
La seconda invece, meno fantasiosa ma più importante, è che dando una semplice occhiata è subito chiaro l’elemento-cardine di questo disco: no, non parlo del caprone “rampante” (richiamo, non unico, al debutto), ma mi sto riferendo in vero all’adesivo applicato sull’angolo in alto a destra ed al suo esplicito messaggio. “True Doom Metal”!!
Agli inizi, difficile negare, questo disco esercita una pressione quasi disarmante. La band ha infatti mantenuto fede a quanto promesso negli scorsi mesi: questo è un album pesantissimo nonché molto più oscuro e stravagante rispetto a quanto precedentemente proposto. Senza tradire la purezza del Doom Metal più ortodosso, i RB si evolvono nell’approccio e nello stile verso una dimensione sonora molto più ostica e onirica.
Complice un abbassamento mirato dei toni, una produzione più incisiva ed i non meno importanti miglioramenti delle prestazioni vocali di Magister Albert, “Harbringer of Metal” proietta in avanti di molto la maturità e la personalità di questi inossidabili doomsters. Un disco chiaramente più pestato ed oscuro di “In the Rectory..” (emblematica la cover di Burzum in chiusura) che merita numerosi ed attenti ascolti, che devono comunque essere supportati imprescindibilmente da qualche conoscenza di base riguardante almeno i gruppi storici del Doom old school.
Onestamente stiamo parlando di un insieme di canzoni abbastanza impegnative per quanto riguarda la comprensione generale e l’assimilazione delle varie sfumature che -nella musica autentica in genere, specialmente con le sonorità doom però- hanno il pregio di colorarsi progressivamente di tinte sempre più complesse ed uniche.
Tecnicamente i componenti della Unholy Parish of Doom non ci fanno vedere nulla di “shockante”, ma meglio così: ogni sforzo è finalizzato a creare brani magici, ad evocare atmosfere estatiche ed emozionanti. Discorso inverso per quanto riguarda l’abilità compositiva del gruppo, veramente non indifferente e capace di unire fantasia, personalità e raffinatezza strutturando brani forti di idee notevoli e molto solide.
La stessa composizione della tracklist (3 strumentali “brevi”, 2 brani che vanno oltre i tredici minuti, 1 che supera i venti e la già citata cover) mostra una determinazione nel confezionare un disco tutt’altro che prevedibile, ma che trova comunque nella parte musicale il suo lato più rappresentativo.
Giusto per chiacchierare un po’, se la cosa può interessare, sottolineiamo al volo alcune significative “piccolezze” di questo disco, diretta conseguenza del debutto.
Infatti per apprezzare veramente bene “Harbringer of Metal”, direi proprio che bisogna studiarsi il suo predecessore con cura, conoscendolo ed amandolo. Solo così noterete quelle simpatiche analogie che si inseriscono più o meno distrattamente nell’intricata maglia sonora dei vari brani e che ben si sposa con il dissacrante sarcasmo di alcune lyrics e delle due pagine centrali dell’artwork (no comment!). Oltre all’immagine di copertina, comparate anche l’attacco iniziale di entrambi gli album: questa sì che è classe.
Personalmente non credo affatto a quella dotta massima secondo cui “un gruppo dimostra il suo valore al terzo album”; a parte che fin troppe variabili determinano di volta in volta la qualità di un singolo disco e, quasi parimenti, del gruppo stesso, per quanto mi riguarda riconfermo (come se ce ne fosse bisogno) il non comune valore di questa formazione e la grande personalità delle loro rispettive releases. Un terzo (quarto, quinto e via dicendo) disco non attesterà nulla. Non ho una sfera di cristallo per dire che il prossimo disco, poggiando su questi presupposti, sarà un capolavoro o meno. Può capitare di tutto.
Posso solo ripetere che questo trio ha stoffa ed ha assestato colpi magistrali per adesso. Portare così repentinamente i RB in trionfo mi sembra ancora prematuro ed irriverente nei confronti di bands che hanno già scritto pagine straordinarie del Doom Metal.
Tuttavia, se i loro dischi usciranno con questa frequenza e continueranno a stupirci e convincerci sempre più come il meraviglioso “Harbringer of Metal” ha fatto, non ci rimanere che essere un po’ pazienti. DOOM ON!!!
Leopoldo “LeatherKnight” Puzielli
1) Harbringer
2) Strange Horizon
3) The Ambassador
4) From the Void
5) The Wandering Jew
6) Into the Realms of Magickal Entertainment
7) Dunkelheit